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Poche industrie sono così legate alla terra come quella della ceramica, perché lavora, rimodella e cuoce l’argilla, uno dei materiali più abbondanti in natura, uno dei più usati da sempre dall’uomo. Per fare questo ha bisogno anche di tanta energia per portare le piastrelle oltre 1000 gradi, renderle belle e, allo stesso tempo, di lunga durata. Il consumo di energia origina emissioni che impattano sull’ambiente esterno e, prima ancora, sulla gente che lavora nelle fabbriche, per questo la questione è affrontata da sempre con grande attenzione. È il gas naturale che oggi dà questa energia, ma una volta si usavano altri combustibili, anticamente la legna, poi olio combustibile, derivato dal petrolio, poi è arrivato il metano, il gas, che ha migliorato drasticamente l’impatto ambientale. Il metano è il combustibile meno inquinante, perché è fatto di un atomo di carbonio circondato da quattro atomi di idrogeno, l’elemento più pulito e abbondante in atmosfera. Forzando un po’ il concetto, il metano già consente oggi di usare molto idrogeno, quello che, nelle ambizioni della politica, un giorno dovrebbe sostituire i fossili, quello verde, però, prodotto dall’elettrolisi dell’acqua con elettricità ottenuta da vento o sole.
L’idrogeno, infatti, quando brucia, quando si combina con l’ossigeno, non emette CO2, a differenza dei combustibili fossili, ma solo acqua, H2O, in forma di vapore acqueo. Sarebbe bello se tutti i processi di combustione, dalle auto alle grandi industrie energivore come le ceramiche potessero da subito usare l’idrogeno puro, ma questo in natura non esiste e va sempre prodotto, separato da quegli elementi con cui si unisce in composti come il metano, il CH4, o l’acqua, l’H2O. Il primo passaggio a gas dell’industria della ceramica effettuato nei primi anni ‘80 ha permesso di tagliare le emissioni dai camini e di ridurre l’impatto sul territorio, nel rispetto di limiti europei sempre più stringenti sugli inquinanti macro, come particolato e anidride solforosa. Negli anni ‘90, i prezzi alti dell’energia elettrica, un problema presente già allora, resero conveniente investire su un’altra tecnologia, la cogenerazione, con l’effetto di ridurre ulteriormente le emissioni, non tanto quelle di macro inquinanti, quanto quelle di CO2, diventato nel frattempo il principale obiettivo delle politiche ambientali a causa dell’aggravarsi del problema del cambiamento climatico.
La cogenerazione è la produzione contemporanea di calore, che serve per la cottura dell’argilla, e di elettricità, che serve per tutti i processi di lavorazione dello stabilimento, a volte anche per la cottura. Così lo stabilimento della ceramica evita di ritirare energia elettrica dalla rete spesso prodotta in impianti meno efficienti, con combustibili meno puliti del gas e soprattutto senza il recupero di calore, che viene quasi sempre disperso nell’ambiente. Nel 2022, lo shock energetico rende ancora più pressante trovare nuove soluzioni per risparmiare energia e, di conseguenza, per emettere meno CO2, tuttavia si tratta spesso di tecnologie che arriveranno nei prossimi anni, non il prossimo inverno, né quello successivo. Certo, conviene investire su pannelli fotovoltaici, da fare sui capannoni, o sui parcheggi, magari per fare idrogeno verde con l’elettricità, ma occorre essere chiari che sono impianti che danno piccole quantità di energia, non oltre il 10% dei consumi complessivi di una ceramica.
Nell’immediato, serve coraggio anche andando a prendere il gas dove c’è, vicino a noi, sotto la Pianura Padana o nel vicino Adriatico, sotto la nostra terra. L’impatto ambientale anche qui è importante, perché permette di risparmiare le emissioni da trasporto del gas da grandi distanze, come dagli Stati Uniti o dal Nord Africa. Sarebbe una sorta di gas a chilometro zero che accresce la sicurezza e dà una mano all’ambiente. Occorre tanto visione del futuro, per idrogeno verde e fotovoltaico, ma anche realismo nell’immediato, non ultimo per tornare alla terra, da dove tutto è partito.
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