Putin e la Nato, una guerra vista con la teoria dei giochi
di Leonardo Becchetti e Pompeo della Posta
4' di lettura
La teoria dei giochi è quella disciplina delle scienze economiche e sociali che si occupa di individuare equilibri e soluzioni nelle interazioni strategiche tra più soggetti (individui, imprese, stati) e può offrirci una metodologia e un modello di riferimento per comprendere quello che sta accadendo e così prendere decisioni in maniera più ponderata.
Per trovare tali equilibri è necessario definire prima i soggetti chiave di cui vogliamo studiare le mosse e le strategie a loro disposizione. Modelli troppo complessi non aiutano a capire e decidere; meglio averne di più semplici e “falsificabili” per avere un punto di riferimento che permetta di vedere cosa cambia modificando alcune ipotesi. Questa semplificazione individua due parti fondamentali nel conflitto, l’aggressore russo e una controparte come la Nato, le cui decisioni sono decisive per la sorte del belligerante ucraino. È necessario poi semplificare, individuando tra le tante strategie quelle che veramente sono decisive per le sorti del conflitto e dell’umanità. Da questo punto di vista la questione chiave è capire se la Russia continuerà il conflitto con armi convenzionali o utilizzerà armi nucleari e, dall’altra parte, se la Nato manterrà l’attuale livello d’ingaggio (fornitura di armi, intelligence agli ucraini) o deciderà una escalation con un coinvolgimento più diretto delle sue forze militari, a partire dalla creazione di una no-fly zone nei cieli ucraini.
Il grande matematico ed economista John Nash è diventato famoso identificando un concetto di equilibrio (equilibrio di Nash) che usiamo per la soluzione di questi modelli. L’equilibrio di Nash è uno stato di quiete nella quale nessuna delle due parti ha interesse a deviare dalla strategia scelta. Ovvero una situazione nella quale la strategia scelta della parte A è ottima data la strategia scelta dalla parte B e viceversa. Nel gioco sequenziale che abbiamo in mente, la Nato può decidere oggi di dare il via a una escalation oppure di mantenere l’attuale strategia e per decidere deve valutare quale sarebbe la mossa più probabile di Putin a fronte di questa scelta. Il problema si affronta usando il meccanismo di induzione a ritroso (backward induction). Per scegliere correttamente, la Nato deve valutare cosa accadrà a seconda della reazione della Russia alla sua decisione. Se la Nato sceglie l’escalation, la Russia ha due possibilità: mantenere l’attuale ingaggio con armi convenzionali oppure scegliere anche lei l’escalation. In questo caso potrebbe decidere, ad esempio, di usare armi nucleari tattiche aggravando di fatto drammaticamente la portata del conflitto. Se questo accade inizia una guerra di azione e reazione nucleare con livelli di distruzione elevatissimi per entrambi le parti, mettendo a rischio la sorte del pianeta. Se invece la Russia non reagisce all’escalation Nato l’Ucraina può vincere la guerra, riconquistare tutto il suo territorio e perfino sperare in un regime change in Russia con la caduta di Putin. In alternativa, se la Nato non sceglie l’escalation la situazione resta quella che stiamo vivendo e gli esiti (costi/benefici) per le due parti restano dunque invariati rispetto alla situazione attuale.
Se fossimo certi al 100% che i due attori si comporteranno razionalmente (scegliendo la via con minori perdite e maggiori benefici) la minaccia della Russia di usare armi nucleari in caso di escalation Nato non sarebbe credibile (nel linguaggio della teoria dei giochi si direbbe che quell’equilibrio “non è perfetto nei sottogiochi”). Infatti, se la Nato decidesse questa strategia, non sarebbe interesse della Russia reagire con una scelta che scatenerebbe una distruzione totale.
Ma le cose non sono così semplici, perché non possiamo essere certi che la controparte russa segua il nostro principio di razionalità (che, paradossalmente, ci avrebbe portato a scegliere l’escalation). Basta infatti una piccola probabilità (in teoria dei giochi si parla di trembling hand, mano tremolante) che Putin ragioni in modo diverso e per qualche motivo decida di accettare l’escalation (essendo, per disperazione o per motivi personali, pronto anche a scatenare una catastrofe) che la scelta di escalation della Nato non è più la migliore possibile. In altri termini il principio di precauzione stabilisce che, di fronte ad alternative catastrofiche, una pur minima probabilità di deviazione dal percorso razionale e più probabile di comportamento dei due attori, rende preferibile la scelta della prudenza.
Quest’impostazione alla luce della teoria dei giochi, ancorché semplice e non in grado di catturare tutti gli elementi di complessità del problema, spiega le strategie correnti delle due controparti. Resta la speranza che si sia vicini a un trattato di pace che può avere successo solo facendo riferimento a princìpi di giustizia e di non umiliazione di nessuna delle due parti, neppure di quella sconfitta (il trattato di pace della prima guerra mondiale e il peso enorme dei debiti di guerra sulla Germania che favorì la nascita del nazismo dovrebbe insegnarci qualcosa). Una neutralità disarmata dell’Ucraina (che non preclude l’ingresso nell’Unione europea) con garanzia di integrità territoriale fornita da un insieme di Paesi o dalle Nazioni Unite, ma con uno status di autonomia speciale per le regioni della Crimea e del Donbass, sarebbe probabilmente il punto di equilibrio e un compromesso che offrirebbe anche alla controparte responsabile del conflitto una via d’uscita accettabile.
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