Putin mostra i muscoli nucleari
Il presidente russo ha presieduto a esercitazioni senza precedenti di tutte le forze armate russe, come per dimostrare alla Nato la potenza dell’esercito che si troverebbe di fronte in caso di confronto diretto
di Antonella Scott
4' di lettura
«Missili pronti al lancio, allerta combattimento», scandiscono gli ufficiali sotto gli occhi impenetrabili di Vladimir Putin, seduto con in mano un piccolo telecomando accanto al presidente bielorusso, Aleksandr Lukashenko, in quello che il Cremlino ha definito Centro operativo della presidenza.
Fuori dal bunker, il mondo si chiede se ci sarà un confine a separare queste esercitazioni militari da una guerra vera: è l’ultima sfida del presidente russo, irritato dal rifiuto dell’Alleanza Atlantica di chiudere le porte all’Ucraina e ora determinato ad alzare la posta in gioco al punto da mettere in mostra gli arsenali nucleari nel momento in cui molti - a partire dal presidente americano Joe Biden - lo considerano ormai pronto a lanciare un ordine di attacco.
Dagli schermi che circondano Putin e Lukashenko, il ministero della Difesa rilancia i video dei lanci effettuati: da terra, dal cielo, dal mare. Le forze strategiche russe hanno testato un missile da crociera ipersonico, il “Kinzhal”, e “Zirkon”. Dal Nord della Russia un missile balistico intercontinentale “Yars” è stato lanciato sulla Kamchatka, mentre un “Iskander” è partito dalle steppe intorno ad Astrakhan, nel Sud del Paese.
«Questo tipo di lanci sono naturalmente impossibili senza il capo dello Stato - aveva tenuto a precisare il portavoce Dmitrij Peskov -. Conoscete la famosa valigetta nera e il bottone rosso». Tutti gli obiettivi, è stato confermato successivamente, sono stati centrati.
In posizione di combattimento
«Non credo che Putin stia pensando di usare armi nucleari, nemmeno lontanamente», ha chiarito Biden aggiungendo però che ormai il presidente russo ha preso una decisione riguardo a un attacco all’Ucraina. Le esercitazioni militari condotte con la Bielorussia di Lukashenko dovrebbero concludersi domenica 20 febbraio, ma attorno ai confini dell’Ucraina le forze russe schierate contano ormai 190.000 uomini, secondo i calcoli dell’intelligence americana. Il 40%, affermava il Pentagono venerdì, è in posizione di combattimento.
Si allunga la lista delle compagnie aeree che, come Lufthansa, per precauzione cancellano i voli su Kiev. Mentre al fronte, lungo la linea di controllo tra le regioni ucraine di Donetsk e Luhansk in mano ai separatisti filorussi e le zone rimaste alle forze governative, si è riacceso lo scambio di accuse reciproche.
Secondo gli osservatori internazionali dell’OSCE, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa incaricata di monitorare il rispetto del cessate il fuoco invocato dagli Accordi di Minsk, il brusco rialzo delle violazioni riguarda entrambi i fronti: malgrado le mappe dei leader separatisti indichino scontri a fuoco provenienti unicamente dalle forze ucraine. «Pure menzogne», ha protestato sabato il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj dalla Conferenza sulla Sicurezza a Monaco di Baviera, ripetendo che l’Ucraina non sta rispondendo alle provocazioni.
«I russi ci guardano»
Al suo arrivo, Zelenskyj è stato accolto da un lunghissimo applauso. «Quelli che hanno mostrato ieri nei territori provvisoriamente occupati - ha detto riferendosi alle esplosioni attribuite alle forze di Kiev dai leader separatisti di Donetsk e Luhansk, che venerdì hanno ordinato l’evacuazione in Russia di donne, anziani e bambini -, come ordigni che sarebbero arrivati dalla nostra parte, alcuni per arrivare fino a Rostov, sono pure falsità. Si fanno esplodere le cose da sé». Ai leader occidentali presenti alla Conferenza Zelenskyj ha chiesto di non aspettare l’inizio dell’invasione per imporre sanzioni alla Russia.
Il presidente ucraino, di professione attore comico, ha scatenato l’ilarità generale quando, intervistato da Christiane Amanpour, ha attribuito a un cyberattacco russo il malfunzionamento delle cuffie per la traduzione: «I russi non sono qui, ma sono qui!». Ma poi è tornato a invitare Vladimir Putin per cercare una soluzione della crisi: «Non so cosa voglia, perciò gli propongo di incontrarci».
Molto probabilmente, l’offerta cadrà nel vuoto: Mosca non si ritiene direttamente coinvolta nel conflitto, e sostiene che gli ucraini devono parlare con i leader separatisti, che a suo dire si limita ad appoggiare dall’esterno.
«Date voce a chi soffre»
Un appoggio che in queste ore si esprime nell’accoglienza alle famiglie che - a eccezione degli uomini tra i 18 e i 55 anni coinvolti nella mobilitazione generale - stanno arrivando in treno e autobus da Donetsk e Luhansk nella regione di Rostov. Diverse altre regioni russe si stanno offrendo di accoglierli, ma anche qui è scattata la macchina della propaganda. Se i canali informativi russi parlano di alloggi e pasti caldi ormai pronti, altri raccolgono la testimonianza di mamme sfinite, anziani in carrozzina stipati negli autobus ai lati della strada: «Ci hanno detto che sarebbe andato tutto bene, ma i bambini hanno fame. Ci stanno prendendo in giro. Ma come si può manipolare così donne e anziani?». «Voglio tornare a casa», piange un bimbo.
In questa guerra, invitava nei giorni scorsi la giornalista ucraina Anastasija Stanko, intervistata dal Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ), «andate a vedere le persone che vivono da una parte e dall’altra del fronte. Molti di loro sono vecchi, senza soldi, senza elettricità, senza un posto dove andare. Hanno vissuto in queste condizioni per otto anni, dovrebbero essere l’argomento principale dei nostri racconti. Dategli una voce».
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