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Qatar 2022, Argentina campione del mondo ai rigori dopo la «finale del secolo»

Francia battuta 7-5 ai rigori dopo che i supplementari si erano conclusi 3-3. Duello del destino tra Messi e Mbappé. Il dilemma sul futuro del calcio

di Dario Ceccarelli

Argentina campione del mondo, Francia battuta ai rigori

5' di lettura

Ecco il mistero del calcio. La sua innocente bellezza che, con una bacchetta magica, ci fa tornare bambini anche quando il mondo intorno ci sembra orribile e insalvabile. Che ci fa ridere, piangere, commuovere, indignare, palpitare e soffrire fino all’ultimo rigore. Un tempesta perfetta di passioni che, improvvisamente, ci ha ricordato la madre di tutte le emozioni, quell’Italia-Germania 4-3, dove più si soffriva più ci si riscattava; dove più si sprofondava e più si risaliva fino a una cima a noi ignota.

La rimonta francese

Così, più di 52 anni dopo, in questo nuovo millennio, in questo pazzesco Luna park del Mondiale del Qatar, la finale tra Argentina e Francia (7-5 dopo i rigori) ci ha tramortiti tutti allo stesso modo. Troppe emozioni, troppi colpi di scena, troppi rigori, troppe duelli, troppi corsi e ricorsi storici. Una sfida tra due pugili che dal primo round non la smettono di suonarsele. E quando cadono subito si rimettono in piedi. Come la Francia di Mbappè (autore di una tripletta immensa) che a una decina di minuti dal termine, si è improvvisamente svegliata dal suo strano torpore (il virus?) riportando in 93 secondi la partita sul 2-2. Due fiammate di Kylian e opplà, tutte le magie della Pulce e di Di Maria si sono dissolte come miraggi nel deserto. Zittiti i fan argentini che coi loro cori già pregustavano il trionfo, risorti dagli abissi i supporter francesi fino a quell’attimo sprofondati nel buio. Con il premier Macron che in tribuna salta come un giovinastro della banlieu.

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La riscossa francese

Ecco, signori, la partita perfetta, la finale delle finali, il vil metallo che diventa oro, la routine che si trasforma in sogno. Perchè, dopo il due a due, quando tutti, ma proprio tutti, stavano pensando che l’Argentina, nei supplementari, sarebbe stata travolta e fatta a pezzettini dai francesi scatenati, ecco invece prender forma un altro miracolo. Lentamente gli albiceleste riprendono coraggio e campo. E infatti nel secondo tempo supplementare ancora Messi, stanco di sentirsi ripetere che lui è la «Pulce», e che non diventerà mai l’immenso Diego Armando Maradona, prova a riprendersi il suo Mondiale. Così serve Lautaro, imperdonabile sciupone, che si fa respingere la conclusione dal portiere Lioris. Ma Leo ci rimette una pezza insaccando in rete: 3-2. È fatta? È finita? Ci si può rilassare? Far la pipì? Bere una birra? Tutto sembra andare in questa direzione.

Il 3-3 di fine tempi supplementari

Vibra di nuovo il pueblo argentino, s’afflosciano Les Enfants de la Patrie, ma un altro gancio al mento manda al tappeto l’Argentina. Fa ancora tutto Mbappè. Da un suo tiro, ribattuto con un braccio, si procura un altro penalty che trasforma tirando sempre alla destra del portiere Martinez, le cui dita solo sfiorano il bolide del bomber francese. Sul 3-3 sembra ormai finita, ma prima del gran finale dei rigori, dove i francesi sbagliano due volte, e gli argentini mai (splendido nella sua inesorabile lentezza quello di Messi), c’è ancora tempo per un altro colpo di teatro: sempre Martinez, il portiere argentino, salva con un piede la sua porta da un affondo di Kolo Muani completamente libero davanti alla porta. È l’ultimo avamposto che resiste. La Stalingrado dell’Argentina. Il segnale che la giostra è finita. Che la Francia si è giocato il suo ultimo jolly. Che Mbappè è il miglior cannoniere del torneo (8 gol), ma deve accontentarsi.

Il futuro di Mbappé e quello di Messi

Aspettare il prossimo giro. È giovane. A soli 24 anni, ha già collezionato un primo e un secondo posto al Mondiale. Ha insomma ancora tanti colpi in canna, mentre Leo Messi a 35 anni esaurita questa ultima pratica, può anche prendere la decisione di chiudere con la «Seleccion». Sarebbe uno splendido addio, davanti al suo popolo festante, alla mamma Celia Maria, ai figli, all’Emiro Al Thani che per la premiazione gli offre anche una specie di imbarazzante vestaglietta (che sia un altro segno della qatarizzazione del calcio?)

Difficile dire cosa farà in futuro Leo Messi. E, in fondo, nella gioia importa ben poco. Comunque, oltre a regalare la Coppa al suo popolo, come fece Maradona nel 1986, Leo in quattro edizioni ha realizzato ben 13 gol (più di Pelè) con 26 presenze al mondiale. Se poi aggiungiamo sette Palloni d’oro e quattro Champions League, finalmente anche il frusto paragone con Maradona può essere archiviato. La Pulce non è più Pulce.

Una finale spettacolare

Ormai si è emancipata dai clichès. E anche da Maradona, che pure lui aveva qualche difetto. E può finalmente godersi questo sfavillante tramonto di carriera. Di solito le finali di un Mondiale non sono belle da vedere. Spesso prevale la tensione, la tattica, la paura di perdere su quella di vincere. Il tatticismo sterile. Mai come in questo caso, invece, tutte le previsioni più mortifere sono state azzerate della realtà. Il Mondiale più chiacchierato e più criticato della storia è riuscito a sfornare una delle finali più appassionati che si ricordino. Anche il duello tra i due campioni, Messi e Mbappè, è stato quasi epico. Splendido

Il dilemma sul futuro del calcio

Una sorta di sfida infinita tra due leader coraggiosi e mai domi. Una volta ci sarebbero venuti in soccorso Ettore e Achille, ma nel nuovo millennio calcistico, tra Emiri e giochi di luce sfavillanti, anche gli eroi omerici si sarebbe sentiti un po’ a disagio tra i cammelli, con quel presidente della Fifa, Infantino, che sembra il gran mercante di un caravanserraglio. Mente si spengono le ultime luci del mondiale e vedremo cosa rimarrà degli stadi qatarini, bisogna che anche noi occidentali si decida che cosa fare in futuro. Messi e Mbappè, per esempio, continueranno a giocare assieme nel Paris Saint Germain, di proprietà degli Emiri. Tra poco Inter e Milan si contenderanno la Supercoppa in Arabia Saudita, che non è certo un esempio di democrazia. Bisogna decidersi, insomma.

Se stare dentro o stare fuori. Se trovare un compromesso o chiudere ogni rapporto con il grande business che ti ricopre d’oro e di lusinghe.Il peggio è indignarsi a intermittenza. Il calco è un gioco. Ma, come tutti i giochi, è troppo importante per non essere preso sul serio.

Ps: chiudiamo con un «voto etico», come non usa più. Emiliano Martinez, tra i migliori dell’Argentina, è stato premiato con il Guanto d'oro, come migliore portiere del torneo. Bravissimo, vero. La sua squadra gli deve molto. Ma dopo aver ricevuto il guanto, lo ha usato nel mondo più volgare per attaccare i tifosi avversari che lo avevano fischiato. Un gestaccio da osteria, visto in tutto il mondo. Non solo: Martinez prima di ogni rigore, per confondere il malcapitato che tirava dal dischetto, faceva il fenomeno con gesti, sberleffi e parole. Un bel 4 in condotta ci sta. Anche se è campione del Mondo.

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