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Qatar 2022, l’emiro parla delle diversità (tra qualche fischio). Qatar-Ecuador 0-2

Cerimonia inaugurale firmata dall’italiano Marco Balich, poi il discorso dell’emiro. Nel match di apertura padroni di casa subito sotto

di Dario Ceccarelli

Aggiornato alle 20 di domenica 20 novembre 2022

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6' di lettura

Parte con la cerimonia di inaugurazione «Made in Italy», progettata da Marco Balich, il mondiale di calcio di Qatar 2022. Si sono spente le luci nel grande stadio di Al Khor, a 50 chilomentri da Doha, l’Al Beyt, a forma di tenda beduina. I danzatori sono entrati in scena dopo un lungo applauso al padre dello sceicco Al Thani, arrivato in tribuna dove già era presente il figlio. Le tribune sono quasi piene. L’emiro ha detto: «Abbiamo lavorato duramente per costruire un torneo di successo. Finalmente è arrivato il giorno dell’inaugurazione. Per i prossimi 28 giorni serviremo il calcio con umana e civile comunicazione. Bello che i popoli celebrino le proprie diversità e ciò che li unisce». Qualcuno, tra il pubblico, fischia. La partita inaugurale contrapponeva il Qatar padrone di casa all’Ecuador: i sudamericani hanno vinto per 0-2, con reti di Valencia al 16’ su rigore e al 30’.

Pronti via: ci siamo. Sembrava così lontano, nella sua remota assurdità, questo Mondiale di calcio in Qatar e invece eccolo qua già ai blocchi di partenza con il suo allegato di applausi e fischi. La Rai, che ha la totale esclusiva (200 milioni), ci invita a seguirlo giorno dopo giorno con spot e promozioni. Fiorello, sempre per la Rai, ci invita invece a boicottarlo. Per la serie, tante idee, ma confuse. Che sia questo il bello della democrazia? Non è la prima volta che succede. Basti pensare ai Mondiali in Argentina del 1978, dove si giocò in quei macabri stadi dovere erano stati arrestati gli oppositori dei generali. O all’ultima edizione in Russia, non certo un faro della democrazia.

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Come sempre in Italia, quando un grande evento sportivo si svolge in un paese dispotico, polemiche e contestazioni dividono un’opinione pubblica che scopre all’improvviso la scarsa liberalità del regime degli Emiri. E non solo sui diritti civili, ma anche su quelli del buon senso. Se poi aggiungiamo che la nazionale italiana salta la Coppa per la seconda volta consecutiva, e il nostro campionato si deve fermare per due mesi proprio sul più bello, vien da sé che l’umore generale non sia proprio dei migliori. Detto questo, che ci piaccia o no, ormai la frittata è fatta. Dovevamo pensarci prima. E quindi, nonostante un sole arabo che picchia a martello (30 gradi e 60% di umidità), questa domenica 20 novembre al Bayt Stadium di Al Khor avrà inizio (alle 17) la partita inaugurale del Torneo tra Qatar ed Equador.

Le favorite: Francia, Brasile e Argentina

Un torneo che per la prima volta nella storia della Coppa si disputerà in inverno tra novembre e dicembre. Che durerà quasi un mese e si concluderà il 18 dicembre al Luisail Stadium con la finale per il primo e il secondo posto. Grande favorite, oltre alla Francia detentrice del titolo, sono Argentina e Brasile, in un super annunciato derby sudamericano che dovrebbe ridare dopo 20 anni la Coppa del Mondo a un paese extraeuropeo. Risale infatti al 2002 l’ultima volta in cui il Brasile di Ronaldo e Ronaldinho conquistò il Mondiale. Era l’edizione organizzata da Giappone e Corea del Sud. Vent’anni che sono quasi un secolo. Era un altro mondo e non solo calcistico. Però questa volta, almeno nella sfera magica degli opinionisti, tutto inclina dalla parte di Messi e Neymar, quasi nemici come leader dell’Argentina e del Brasile, ma quasi amici avendo giocato assieme prima nel Barcellona e poi oggi tra i migranti nababbi del Paris Saint Germain.

Prima di addentrarci in previsioni calcistiche, quasi sempre fallaci, è bene capire una cosa: che in questi Mondiali di folclore ce n’è poco. Palme e dromedari fanno solo da esotico contorno. La polpa sono i soldi. Soldi e ancora soldi. Tutto infatti gira attorno agli affari, al business, e alle ricadute in termini di investimenti e pubblicità che questo Stato di circa 2 milioni e mezzo di abitanti riceverà dai Mondiali. Ecco perchè, per converso, quasi 5,5 miliardi e mezzo di dollari sono finiti nelle capienti tasche della Fifa. Ed Ecco perchè Messi, Neymar, Mbappè e Lewandowski nel mese di Babbo Natale si affronteranno in stadi spuntati come funghi con impianti di raffreddamento che garantiscono temperature non superiori ai 27 gradi. Gli organizzatori dicono che grazie alla tecnologia solare tutto sarà ad emissioni zero. C’è da dubitarne fortemente anche se altrettanto improbabili sono gli allarmi apocalittici degli ambientalisti.

La lezione di Usa ’94 e Italia ’90

In tutti i casi, giocare a pallone nel deserto è una idea che poteva venire in mente solo a persone disturbate, affette da bipolarismo meteorologico però ben attente al portafoglio. La cosa giustamente scandalizza, anche se per il clima non è la prima volta che si fanno pazzie. Nel 1994, in Usa, per garantire a orari accettabili in Europa le dirette televisive, le partite furono fatte cominciare a mezzogiorno. Non c’erano i dromedari ma eravamo in luglio con 40 gradi all’ombra. Quasi nessuno però si oppose. Money is money in qualsiasi emisfero.

L’altra metà dell’evento

Per far dimenticare le accuse di corruzione e pilotaggio per l’assegnazione, e i tanti operai morti durante la costruzione degli stadi (sei su otto sono completamente nuovi) gli emiri non hanno badato a spese. Grazie al lavoro di migliaia di immigrati, provenienti da India, Pakistan e Bangladesh, sono state costruite tutte le infrastrutture necessarie. Una nuova rete metropolitana di 320 chilometri, oltre a quella autostradale, permetterà di raggiungere quasi tutti gli impianti. Impianti che, a parte quello dell’inaugurazione, sono a breve distanza da Doha. Giustamente ci indigniamo, sia per gli operai caduti, sia per la costruzione di stadi che sicuramente diventeranno «cattedrali nel deserto». Però noi italiani, se pensiamo a Italia ’90 o altri eventi sportivi che hanno partorito impianti faraonici poi lasciati andare in disuso, non siamo i più titolati per dare lezioni a nessuno.

I mondiali del «lo famo strano»

A Doha intanto, in attesa del calcio d’inizio, c’è ancora una relativa calma. A parte le gigantografie sui grattacieli di Messi e e Neymar, i lunghi viali a sei corsie della città sono con poco traffico. Pochi tifosi, pochi i gadget, scarse le bandiere. Anche quelle rosse del Qatar. Cosa che non sorprende visto che da questi parti sono quasi tutti immigrati che non amano particolarmente il calcio. Tornando ai mondiali giocati, essendo così atipici, sono pochi a sbilanciarsi. Si teme che anche in campo ci possano essere delle sorprese. Un «lo famo strano» anche calcistico. Argentina e Brasile, l’abbiamo già detto, sono le favorite, certo. La squadra di Messi, alla sua ultima occasione per vincere un Mondiale, viene infatti da una striscia di 35 gare positive. Ha un ottimo gruppo come anche il Brasile che vuole cancellare l’onta dell’eliminazione subita dal Belgio quattro anni fa in Russia.

Francia e Portogallo

La Francia, detentrice del titolo, parte come la squadra da battere. Pur avendo un potenziale offensivo enorme (Mbappè, Dembele), è penalizzata da alcune assenze pesanti a centrocampo (Pogba tra tutti). Bisognerà poi vedere se i pregiati rincalzi riusciranno a trovare un assemblaggio soddisfacente. Al momento non sembra, però la Francia carbura sempre lentamente. Un diesel che arriva lontano. Tra le formazioni in pole position c’è naturalmente il Portogallo, anche se il suo attaccante simbolo, Ronaldo, viene da una bruttissima stagione al Manchester. Conoscendolo, mediterà sicuramente vendetta. Non dimenticando che, oltre a Ronaldo, ci sono tanti giocatori baciati dal talento. E proprio a partire dall’attacco (Leao, Felix, Silva).

Altre europee e le africane

C’è la Germania, con il suo mix di vecchi e giovani, che quasi mai delude. È però in una fase di rifondazione e con attacco meno temibile del passato. Quanto alla Spagna, non è la vecchia Spagna che ha dominato per più di un decennio, però con tutta quella banda di giovani emergenti può arrivare lontano. Anche l’Inghilterra, bruciata dall’Italia nella finale dell’Europeo, cerca il riscatto. Non vince un Mondiale dal 1966, quello in cui, come canta Antonello Venditti, «la regina d’Inghilterra era Pelé». Grande tradizione, grande squadra quella dei Leoni inglesi, ma avvelenata da polemiche interne. Non ultima quella contro l’allenatore Southgate che ha deciso di fare affidamento solo sui giocatori proveniente dalla Premier League. Da non sottovalutare il Belgio di De Bruyne e Lukaku, finora bloccato dai suoi acciacchi. Un occhio attento va riservato alle squadre africane (Camerun, Senegal, Ghana, Tunisia, Marocco ) che in un clima così «bollente» potrebbero trovare un ambiente adatto per farsi finalmente valere. È la loro occasione, sicuramente ci proveranno.

I campionati che danno più giocatori al torneo

Altre curiosità che danno un’idea dei valori in campo. Il campionato che presta più giocatori (133) al Mondiale è la Premier League. Segue il campionato spagnolo (83 elementi), la Bundesliga (77) e la nostra serie A con 67. Come club sul podio va il Bayern Monaco con 17 giocatori al Mondiale. La Juventus con 11 elementi, il Milan e l’Inter con 7, sono molto più indietro. Un ultimo pensiero per la nazionale di Mancini: mentre le altre big vanno ai Mondiali, l’Italia campione d’Europa, si consola con l’Albania e l’Austria. Senza offesa per nessuno ma è come se, potendo uscire a cena con Scarlet Johansson, si presentasse al suo posto la badessa di un convento. La prima cosa che verrebbe in mente è: ma quei due maledetti rigori, Jorginho, doveva proprio sbagliarli?


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