scarto temporale

Quando arriverà il Rilancio? Decreti legge tra norme “fantasma” e approvazioni “salvo intese”

Via libera con formule interlocutorie e intervallo eccessivo tra adozione in Cdm e pubblicazione in “Gazzetta” sono diventati una criticità che caratterizza molti provvedimenti urgenti

di Vittorio Nuti

Fase2, quando Dpcm e decreti si scontrano con le ordinanze regionali

4' di lettura

Iniziato a metà marzo, quindi nella prima fase dell'epidemia, il “tira e molla” tra Governo e maggioranza per mettere a punto l'attesissimo decreto legge 34/2020 “Rilancio” è durato due lunghissimi mesi. Al punto da rendere necessarie tre diverse “etichette”: decreto Aprile, poi decreto Maggio, e infine decreto Rilancio. La tanto sospirata approvazione delle “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”, risale al Consiglio dei ministri del 13 maggio, con la famigerata formula “salvo intese”.

Trattative dietro le quinte

In pratica, furono varate solo le linee guida dei 266 articoli da 55 miliardi di euro del provvedimento. E si è aperta una ulteriore trattativa dietro le quinte tra i partiti di Governo su dettagli e coperture. Questa fase, al di là dei proclami della maggioranza, sì è chiusa quasi una settimana dopo, con la pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale” il 19 maggio. Sei giorni di ritardo che hanno fatto infuriare cittadini e imprese, in attesa del testo definitivo dopo la fiera delle bozze anticipate dai giornali. Sei giorni di vuoto che sono però tutt'altro che una novità. Anzi: si può dire che è andata bene: diverse volte in passato il gap ha superato i dieci giorni, arrivando anche a un mese pieno. Con buona pace dell'articolo 77 della nostra Costituzione. Che recita: “Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere”, previa trasmissione alla Presidenza della Repubblica per la controfirma e la pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale”.

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Doppia approvazione

Negli ultimi anni, i picchi di ritardo che sempre più frequenti tra approvazione dei decreti legge in Consiglio dei ministri e la loro effettiva pubblicazione sulla “GU” hanno fatto parlare di “decreti fantasma”, evidenziando un fenomeno che riflette il progressivo imbarbarimento della nostra prassi legislativa. Prendiamo ad esempio la XVIII legislatura, iniziata il 23 marzo 2018. A detenere il record dello scarto temporale tra via libera del Cdm e pubblicazione in ufficiale va al Dl 16/2020 “Olimpiadi”, con 30 giorni (13 febbraio-13 marzo). A ruota segue il controverso Dl 32/2019 “Sblocca cantieri”: 28 giorni, quanti ne passano tra il 20 marzo e il 18 aprile. Oltre a vantare questo primato, lo “Sbloccacantieri” rientra anche nel ristretto club dei decreti legge approdati in “Gazzetta” dopo una doppia approvazione in Cdm (altra anomalia giuridica) per la difficoltà a trovare la quadra politica sui contenuti. Nel caso specifico, primo via libera “salvo intese” il 20 marzo e secondo ok “definitivo” il 18 aprile.

Sopra i 20 giorni di scarto temporale troviamo poi il Dl 101/2020 “Crisi aziendali” (27 giorni, 6 agosto-3 settembre); il Dl 34/2019 “Crescita” (26 giorni, 4-30 aprile, con formula “salvo intese” e doppia approvazione); il Dl 27/2019 “Rilancio settori agricoli in crisi” (22 giorni, 7-29 marzo e doppia approvazione); e il Dl 126/2019 “Assunzioni scuola” (20 giorni, 10-30 ottobre).

Ritardi generalizzati

Tra i 10 e i 20 giorni l'elenco dei decreti dalla gestazione super difficile comprende il Dl 3/2020 “Cuneo fiscale” (17 giorni, 23 gennaio-5 febbraio); il Dl 109/2018 “Genova” (15 giorni, 13-28 settembre, altra approvazione “salvo intese”); il Dl 35/2019 “Sanità” (12 giorni, 18 aprile -2 maggio); il Dl 87/2018 “Dignità” (12 giorni, 2-13 luglio e “salvo intese”); il Dl 124/2019 “Decreto fiscale 2020” (11 giorni, 15-26 ottobre, approvato “salvo intese” così come il ddl sulla legge di bilancio 2020 varata nello stesso Cdm); il Dl 4/2019 “Reddito di cittadinanza” (11 giorni, 18-28 gennaio); Dl 86/2018 “Riordino ministeri” (11 giorni, 2-12 luglio).

Nel blocco dei “decreti fantasma” in stand by per 10 giorni troviamo invece il Dl 113/2018 “Immigrazione” e il Dl 162/2019 “Milleproroghe”. Infine, tralasciando gli altri ritardi “minori” - come appare nel quadro complessivo quello del decreto “Rilancio” - superano la settimana i Dl 119/2018 “Decreto fiscale 2019” (altro caso di emanazione differita: la prima il 15, la seconda il 20 ottobre per adottare disposizioni integrative in modo da evitare dubbi interpretativi) e 84/2108 “Navi alla Libia” (entrambi 9 giorni).

Oltre 6 giorni di ritardo medio

In tutti gli altri casi, lo scarto temporale è variabile, spesso tra 1 (15 casi) e 2 giorni (9 casi), più raramente si va tra 3 (3 casi) o 4 (1 caso). Rari i casi di ritardi di 6 giorni di gap (2 casi), 8 (2) e 5 (1), mentre sono relativamente una minoranza i Dl pubblicati con il ritardo di un giorno (15) o il giorno stesso dell'approvazione in Cdm (7). I 55 decreti legge emanati nel corso della legislatura (4 deliberati dal governo Gentiloni, 26 dal governo Conte I e 25 dal governo Conte II) hanno “conquistato” la Gazzetta ufficiale” con un ritardo medio di 6,12 giorni. E sotto questo profilo, il Dl “Rilancio” è perfettamente nella media.

Indizio di debolezza

Nonostante le molte criticità legate alla tempistica di adozione dei decreti legge (non ultima una compressione di fatto del vaglio del Quirinale) la stagione dei “decreti fantasma” non è certo destinata a finire. Perché riflette la debolezza del sistema politico nel suo complesso e la scarsa coesione della maggioranza, dove il “salvo intese” e le limature continue a 360 gradi sono all'ordine del giorno. E permette al premier di utilizzare mediaticamente le riunioni del Consiglio dei ministri, anche se raramente i decreti legge sono immediatamente applicabili.

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