Sponsorizzazioni

Quando il campione è un cattivo brand, Nike scarica Neymar per un’accusa di violenza sessuale

Nello star system sportivo sono sempre più frequenti i casi di rotture tra sponsor e i loro ambassador per comportamenti illeciti o sopra le righe

di Marco Bellinazzo

(Corbis via Getty Images)

3' di lettura

Nike ha interrotto l’accordo di sponsorizzazione con Neymar per le conseguenze negative di un’accusa di violenza sessuale sollevata nei confronti della stella brasiliana. La casa di abbigliamento sportivo americana ha reso noti i motivi che, nell’estate 2020, l’hanno spinta a separarsi in anticipo dall’attaccante del Paris Saint-Germain: nel 2011, le parti siglarono un accordo con scadenza nel 2022, dal valore complessivo di 105 milioni di dollari (oltre 86 milioni di euro). Un annuncio che, all’epoca, colse tutto il mondo sportivo di sorpresa.

Era dai tempi di Zico che l’uomo immagine della nazionale brasiliana di calcio è legato all’azienda dell’Oregon: Romario, Ronaldo, Rivaldo e Ronaldinho, prima di Neymar, sono tutti stati testimonial Nike. I brand globali sono sempre a caccia di icone a cui legare il proprio marchio.

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Sono disposti a ricoprirli di soldi, ma di contro ogni minimo sgarro alle politiche societarie o evento che possa inficiare il binomio comporta la rescissione degli accordi e cause di risarcimento milionare. Dei rischi che non sempre limitano le “intemperanze” dei campioni dello sport.

Il caso Neymar

Il “baffo” è dal 1996 sulle divise da gioco verdeoro, un binomio che a livello mediatico ha aperto una strada mai calcata prima. L’immagine dei calciatori è radicalmente cambiata con le prime pubblicità della Nike a ritmo di samba, con protagonisti Ronaldo, Roberto Carlos e altre stelle brasiliane. Neymar ha seguito una vera e propria tradizione, fino allo scorso anno, quando è passato a Puma.

Nike, attraverso un comunicato, spiega ora i motivi del divorzio, dichiarandosi «profondamente turbata dalle accuse di violenza sessuale mosse da una delle nostre dipendenti contro Neymar Jr». L’episodio risale al 2016 ed è stato ufficialmente riportato all’azienda nel 2018 dalla stessa persona che ha accusato il calciatore, in un forum creato da Nike «per offrire un ambiente sicuro in cui i dipendenti attuali e passati possano condividere confidenzialmente le loro esperienze e preoccupazioni».

Nel 2019, quando è stata espressa la volontà di portare avanti la questione, Nike ha «commissionato un’indagine indipendente e assunto un consulente legale per la dipendente, a sua scelta e a spese dell’azienda». L’indagine, come ammesso dalla stessa Nike, «è stata inconcludente», in quanto «non è emersa una singola serie di fatti che consentisse di intervenire in modo sostanziale sulla questione». Nonostante ciò, «Nike ha interrotto il suo rapporto con l’atleta perché si è rifiutato di collaborare a un’indagine in buona fede su accuse credibili».

Da Armstrong

Non è la prima volta che Nike prende posizione di fronte a scandali (veri o presunti) nel mondo dello sport. Il caso più noto riguarda l’ex ciclista Lance Armstrong, a seguito dell’accertamento sull’utilizzo di pratiche dopanti che hanno portato all’annullamento del suo palmares (sette Tour de France e un bronzo a Sydney 2000, tutte vittorie revocate dall’Uci e dal Cio).

Oltre a Nike, che ha smesso pure di patrocinare la fondazione Livestrong, hanno abbandonato Armstrong altri sponsor: Trek, Easton-Bell Sports, 24-Hour Fitness, Anheuser-Busch, RadioShack, Oakley, Honey Stinger e FRS, per un totale di 150 milioni di dollari.

Nike, inoltre, ha interrotto i rapporti con Oscar Pistorius dopo l’omicidio della fidanzata Reeva Steenkamp da parte dell’atleta paralimpico, che aveva un contratto da circa 2 milioni di dollari con l’azienda americana.

Altri casi legati a Nike hanno visto la rottura anticipata degli accordi col pugile Manny Pacquiao (per commenti omofobi) e, solo temporaneamente, con la tennista Maria Sharapova (per doping), facendo dietrofront in quest’ultima situazione. Nike, inoltre, è rimasta al fianco del golfista Tiger Woods al centro di uno scandalo sessuale che lo ha portato a perdere 22 milioni di dollari (quasi 20 milioni di euro) di sponsorizzazioni.

I casi Rooney e Ronaldinho

Nel mondo del calcio, prima di Neymar, era toccato all’inglese Wayne Rooney fare i conti con la perdita di sponsor. Nel suo caso, però, le accuse erano di tradimento nei confronti della moglie, risalenti al 2010.

Una vicenda che costò circa 600 mila sterline (circa 700 mila euro), ovvero quanto previsto dall’intesa con Coca Cola, che inizialmente tolse la stella del Manchester United dalle proprie pubblicità (pur mantenendo il rapporto contrattuale), dopodiché lo scaricò a seguito di comportamenti poco sportivi in campo, in riferimento ad una squalifica di due giornate rimediata dopo una tripletta nel derby col Manchester City, festeggiata in maniera giudicata fin troppo volgare dalla FA.

Sempre Coca Cola, inoltre, nel 2012 chiuse totalmente i rapporti con Ronaldinho, testimonial da 600 mila euro annui: durante la presentazione all’Atletico Mineiro, sul suo tavolo erano presenti due lattine di Pepsi, sponsor del suo nuovo club. Tanto bastò per tagliare i ponti col brasiliano.

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