Cassazione

Quando il gergo usato su Internet diventa diffamazione aggravata

Una sentenza della Suprema corte mette in guardia dall’utilizzo di epiteti sui social network

di Patrizia Maciocchi

(Bruno Bleu - stock.adobe.com)

2' di lettura

Scatta la diffamazione aggravata per chi su Facebook definisce qualcuno “bimbominkia”. L’uso dell’epiteto non può essere rivendicato in nome del diritto di critica, perché va oltre la continenza richiesta per ottenere questo tipo di scriminante.

Il termine secondo Wikipedia...

La parola è, infatti, una vera e propria offesa perché bolla la persona alla quale è rivolta come un soggetto mentalmente ipodotato. La Cassazione con la sentenza 12826 manda così definitivamente in soffitta la definizione “bimbominkia”, tanto usata sul web da essere presente su wikipedia come un termine usato nel gergo internet, anche abbreviato con le sigle Bmk e Bm, «con connotazione negativa che indica un utente, spesso adolescente, di scarsa cultura e capacità linguistica. Si esprime con un linguaggio basato su errori sintattici e grammaticali, colmo di anglicismi spiccioli, frasi abbreviate da acronimi e decorate da emoticon e altri simboli virtuali. Si è inoltre soliti identificare come bimbominkia - si legge su wikipedia - una persona dal carattere infantile, autoreferenziale, arrogante, eccessivamente attaccata alla tecnologia e abituata a pubblicare numerosi selfie sulle reti sociali. Altra caratteristica con cui si distingue è il suo modo di vestire, che si ispira ai musicisti emo e ai cantanti pop californiani. Secondo quanto riporta il blog Pizzi chi?, la parola venne inventata da un utente di Ngi noto come El Bandido Lord Phobos nei primi anni duemila e si diffuse nelle comunità online di videogiochi MMORPG come World of Warcraft».

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... e secondo la Cassazione

Fini qui la ricostruzione dell’enciclopedia online. Molto diversa la lettura della Cassazione secondo la quale il termine non si può usare, perchè definisce una persona con un quoziente intellettivo sotto la media. Chiaramente una diffamazione che diventa aggravata quando, come nel caso esaminato, l’epiteto viene usato su Facebook in un gruppo che conta 2297 iscritti.

Destinatario dell’”apprezzamento” Enrico Rizzi l’animalista trapanese, a sua volta condannato sempre dalla Cassazione, per i pesanti commenti pesanti postati su Facebook all'indomani della morte del presidente del consiglio regionale Diego Moltrer. Una condanna a pagare quasi 60 mila euro di danni morali per aver definito “vigliacco” e “infame” oltre che assassino, Moltrer per la sua passione per la caccia e per aver appoggiato la cattura dell’orsa Daniza, morta in seguito alla narcosi effettuata per bloccarla.

Ora ad insultare Rizzi definendolo “bimbominkia” è un’amica di Moltrer. E anche per lei scatta la condanna. Perchè l’affermazione delle proprie ragioni non può passare per gli insulti. E meno che mai sulla pubblica piazza del web.

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