ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùDiritto di famiglia

Quando per i genitori scatta la responsabilità per illeciti dei figli minori

Madre e padre devono provare al giudice di aver fatto il possibile per evitare che i comportamenti dei figli provocassero danni a terze persone

di Selene Pascasi

6' di lettura

Ho un figlio adolescente molto irrequieto che, in un anno, con delle pallonate ha già rotto due volte i vetri delle finestre dei vicini. Li ho rimborsati dei danni, ma temo seriamente che combinerà altri guai e vorrei sapere quali sono le mie responsabilità.

I danni causati dal minorenne possono essere addebitati ai genitori che abitino con lui, se non riescano a provare di non averli potuti impedire. In sostanza, avendo madre e padre il dovere di educare il figlio minore e anche di sorvegliarlo se di tenera età e non in grado di comprendere le conseguenze delle proprie azioni, risponderanno - in via alternativa - come genitori o come soggetti tenuti alla vigilanza dell'incapace, rispettivamente ai sensi degli articoli 2048 e 2047 del Codice civile. Nel suo caso, essendo il ragazzo adolescente, lo si considera nella prassi come un “grande” minore perché dotato di discernimento per cui le toccherà rispondere degli danni che provocherà.
Ciò che si contesta direttamente al genitore, in pratica, è di non aver impartito al figlio un’educazione completa e rigorosa, tale da prevenire future condotte illecite (Cassazione 4303/2023). In altre parole, rientrando tra i compiti dei genitori quello di educare la prole, se - viste le circostanze - si ritenga che il ragazzo non abbia ricevuto degli insegnamenti adeguati ad evitare fatti spiacevoli nella vita sociale, nelle relazioni sportive o ricreative, li condannerà a ristorare i danneggiati.

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La legge, inoltre, ricollega la responsabilità dei genitori al requisito della coabitazione con i figli considerato che solamente vivendo sotto lo stesso tetto, sarà possibile monitorarne i movimenti. È evidente che per coabitazione si intenderà la convivenza stabile, ossia la residenza, che non verrà meno neanche nei periodi in cui uno dei genitori o il minore soggiornino fuori casa, per motivi di lavoro, di svago o di studio. Tuttavia, per danni provocati durante gite scolastiche o i campus estivi da bambini ancora piccoli, a risponderne saranno le figure deputate a tenerli a vista d’occhio e controllarne le azioni, come i maestri o le guide. Un’altra questione da chiarire riguarda i figli di coppie divise. In tale evenienza, la sorte della richiesta di risarcimento potrebbe variare.

Il non collocatario, per esempio, potrebbe sfuggire ai danni causati dal figlio che si sia messo alla guida senza patente scontrandosi con un’auto, non avendo avuto i mezzi per fermarlo (Cassazione 11198/2019) ma, d’altro canto, non basterà la semplice separazione per restare indenne da ogni responsabilità. A prescindere dal regime di affido o dalla collocazione del minore – spettando comunque a padre e madre, anche in costanza di un regime di tipo esclusivo, l’insieme dei poteri e doveri sulla prole, educazione inclusa – saranno sufficienti i reati perpetrati dal giovane a provarne le lacune educative e imputare ai genitori i danni chiesti dalla vittima che si costituisca parte civile nel processo penale. Purtroppo, si moltiplicano i casi di minorenni autori di pestaggi, violenze, procurati allarmi, lancio di bombe carta, diffamazione sui social network.

Se, invece, i minori abbiano fatto delle bravate rilevanti solo civilmente, come firmare dei contratti o assumere debiti lasciando acconti nei negozi presi da shopping compulsivo, i genitori avranno cinque anni di tempo per attivarsi ed ottenere l’annullamento di ogni accordo. Insomma, i risvolti sono molteplici e complessi e ogni vicenda avrà la sua soluzione. Di certo, la sola maniera per non essere obbligati a risarcire i danni causati dai figli minorenni sarà quella di fornire al giudice la dimostrazione di aver loro impartito un’educazione impeccabile. Una prova, in realtà, diabolica e quasi impossibile. Ragion per cui, non resterà che intepretare l’espressione “non aver potuto impedire il fatto” in maniera più elastica così da adeguarla alle circostanze concrete.

Via al risarcimento danni se i ragazzi sono arroganti

Mio figlio quattordicenne, andando a lezione di calcio ha sbadatamente colpito un anziano con il borsone ma, invece di scusarsi, ha inveito contro di lui e gli ha dato una spinta facendolo cadere a terra. Non mi spiego come sia potuto accadere e, le chiedo: noi genitori ne siamo responsabili?

Credo proprio di sì. In linea di massima, il nostro ordinamento non prevede una responsabilità oggettiva dei genitori per i comportamenti illeciti commessi dalla prole minore. Il motivo per cui si imputano a loro, nella gran parte dei casi, le conseguenze delle azioni dannose perpetrate dai figli è che si presume una carenza o inadeguatezza dell’educazione ricevuta. Ciò, a meno che i genitori non riescano a provare, ma è un’operazione molto complessa, di aver impartito ai figli tutti gli insegnamenti più opportuni e che, quindi, non è colpa loro se si siano comportati in modo scorretto. Nel valutarlo, allora, il giudice dovrà tener conto delle specifiche modalità della condotta, delle ripercussioni del gesto nel contesto sociale, dell’atteggiamento mostrato dal ragazzo nella sfera scolastica, sportiva o familiare. In estrema sintesi, quanto più grave sarà l’accaduto, soprattutto se di rilevanza penale, quanto più lo si riterrà indicativo di importanti carenze educative da parte dei suoi genitori. Di qui, la possibile condanna al risarcimento dei danni lamentati dal malcapitato di turno.

Per le liti al campus estivo colpe a doppio binario

Mia figlia di sei anni, durante la prima vacanza al mare con la classe e la maestra, ha ferito al volto una sua amichetta, forse nell’intento di giocare. Come madre rischio ugualmente di dover risarcire la bambina, anche se non ero presente al momento dei fatti?

Considerata l’età di sua figlia, teoricamente non rischia nulla. Vanno, infatti, distinti due casi. Se il minorenne che causa un danno a terzi è incapace di intendere e di volere, in quanto ancora piccolo, si applica l’articolo 2047 del Codice civile che individua la responsabilità nel soggetto che in quel momento doveva badarlo, per esempio la maestra. Ciò, salvo che provi di non aver potuto materialmente impedire l’evento dannoso poiché imprevedibile, repentino o comunque improvviso (Tribunale di Sulmona n. 20/2023) e di avere adottato, in via preventiva, tutte le precauzioni disciplinati o organizzative idonee ad evitare il crearsi di situazioni pericolose. Se, invece, il minore è più grande e ha già un’età tale da sapersi autodeterminare e orientare le proprie azioni, allora la responsabiltà della sua condotta ricadrà, per l’articolo 2048 del Codice civile, sui genitori “colpevoli” di non averlo educato al rispetto degli altri.

Coppie divise: età e condotta orientano il magistrato

Sono il padre, divorziato, di un ragazzo di tredici anni che, il mese scorso, ha schiaffeggiato un compagno di nuoto. La reazione è riprovevole ma non ritengo di doverne rispondere visto che è affidato in via condivisa a me e a sua madre, ma convive con lei e lo vedo di rado. È così?

No, salvo prova contraria, la responsabilità per l’accaduto è anche la sua perché vostro figlio non è più un bambino e, se si è comportato in quel modo così aggressivo, probabilmente non ha ricevuto da lei e dalla sua ex un’irreprensibile educazione. Peraltro, l’affidamento è condiviso e, a prescindere dalla collocazione fisica del ragazzo, spetta ad entrambi i genitori il complesso di poteri e doveri su di lui così come entrambi sono responsabili per non averlo dotato di una buona formazione comportamentale. Sarebbe diverso se vostro figlio fosse ancora piccolo e avrebbe semplicemente rotto un vaso prezioso in un negozio. In quell’ipotesi, dei danni causati risponderebbe solo il genitore che in quel momento era con lui e doveva sorvegliarlo con tutta l’attenzione necessaria. Ma la reazione violenta, di solito, deriva da lacune educative pregresse e va imputata ad entrambi i genitori.

Annullabili (entro cinque anni) gli acquisti folli contestati

Sono madre di due gemelli che, per spirito di ribellione, sono entrati nel negozio sotto casa e hanno acquistato dei capi firmati lasciando un piccolo acconto e assicurando i proprietari, che conosco, che sarei passata io a saldare. Non intendo farlo, però, sia per dare loro una lezione morale e sia perché non posso permettermi di spendere quella cifra. Esiste una scappatoia?

Si. I contratti, quindi anche i debiti come l’aver lasciato un acconto in negozio con promessa di saldare il dovuto, stipulati dai minorenni sono annullabili entro cinque anni perché conclusi da un soggetto incapace di assumere vincoli giuridici. Nella vicenda che mi espone, i gemelli non hanno capacità di agire perché non ancora maggiorenni quindi potrà senz’altro accordarsi con il commerciante, ovviamente restituirgli la merce e riavere l’acconto versato. Magari, perché sia loro di lezione, una buona tattica sarebbe quella di sospendere la paghetta se è sua abitudine corrisponderla, così da responsabilizzarli per il futuro.

Ristorare la vittima del reato spetta a mamma e papà

Mio figlio minore ha lasciato una bomba carta all’ingresso della biblioteca e ne ha acceso la miccia. L’ordigno è esploso, poco dopo, nelle mani di un ragazzino che è rimasto invalido. Ora i suoi genitori pretendono da me e da mia moglie un risarcimento. Se la responsabilità penale è strettamente personale, perché dobbiamo pagare noi?

La responsabilità penale è personale, ha ragione, e i genitori non possono scontarne la pena. La vittima di un reato, tuttavia, come accaduto nella sua vicenda, può costituirsi parte civile nel processo penale - trattandosi di un minore, tramite i genitori - e chiedere un risarcimento dei danni provocati dal gesto criminale. Si tratta di una responsabilità che trova fondamento nella circostanza che l’autore del reato, violando gravemente il Codice penale, peraltro danneggiando una terza persona, si sia dimostrato del tutto ineducato al rispetto della legge.

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