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Quando scenderà il costo del denaro non sarà un bel segnale per l’equity

Storicamente se Fed e Bce avviano una politica espansiva le Borse vanno sotto pressione

di Andrea Gennai

(REUTERS)

3' di lettura

Una delle strette monetarie più rapide e ripide della storia sta interrogando e non poco gli investitori. La domanda è quando si faranno sentire gli effetti sull’azionario. In realtà se guardiamo la storia quello che sta accadendo fino a oggi rientra nelle dinamiche ordinarie. Durante una fase di rialzo dei tassi, che solitamente coincide con una fase espansiva dell’economia, l’azionario sale e gli effetti maggiori in negativo si scaricano sull’obbligazionario.

Nell’ultimo decennio con le politiche monetarie ultraespansive e i Qe, molte regole sono saltate. La stretta in corso ha la sua genesi principale nell’inflazione fuori controllo, ma soprattutto dal lato statunitense l’economia mostra ancora una buona crescita con una disoccupazione ai minimi.

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ANDAMENTO DELL'INDICE AZIONARIO S&P 500 CON I TASSI DI RIFERIMENTO DELLA FED
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ANDAMENTO DELL'INDICE AZIONARIO FTSE 100 CON I TASSI DI RIFERIMENTO BOE
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ANDAMENTO DELL'INDICE AZIONARIO EUROSTOXX 50 CON I TASSI DI RIFERIMENTO BCE
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ANDAMENTO DELL'INDICE AZIONARIO NIKKEI CON I TASSI DI RIFERIMENTO BOJ
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I casi 2001 e 2007

Gli investitori dovrebbero preoccuparsi maggiormente quando le banche centrali decideranno invece di tagliare i tassi. Statisticamente sul mercato azionario, e segnatamente sull’S&P 500, dal punto di arrivo massimo del costo del denaro passano alcuni mesi prima che l’indice registri un minimo. I bottom dei mercati orso tendono a verificarsi quando la Fed si trova a circa il 70% di un ciclo di allentamento e quando i tassi d’interesse sono stati sufficientemente ridotti da far rientrare la curva dei rendimenti del Tesoro.

Questo è accaduto ad esempio durante la fase di taglio dei tassi nel 2001 e nel 2007 negli States e ovviamente la dinamica vale anche per l’Europa. A complicare il tutto c’è anche l’inversione della curva dei rendimenti tra scadenza decennale e biennale. Quando la curva è così nettamente invertita, le prospettive per l’equity appaiono ancora più incerte.

LUNGHE SCADENZE IN FRENATA
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La situazione a Wall Street

Il clima di fondo sembra ancora favorevole all’equity e la Fed ha ripetuto che, alla luce delle dinamiche economiche, passerà del tempo prima che si parli di taglio tassi. «In termini percentuali - commenta Pietro Aldo Arriciati, analista finanziario - dei titoli componenti l’indice S&P500 che negoziano al di sopra delle rispettive medie mobili dinamiche a 50 sedute, abbiamo quasi raggiunto la soglia del 90% la scorsa settimana e ciò ha tipicamente coinciso con una performance estremamente positiva nei mesi a venire.

Statisticamente, l’indice ha registrato un ritorno medio del 15% nell’arco dei successivi 12 mesi e rendimenti positivi dopo quasi ogni singolo caso di rottura al rialzo di soglia 85 per cento». Fino a pochi giorni fa il mercato scommetteva su una Bce più restrittiva rispetto alla Fed, ma oggi il sentiment sta cambiando, come dimostra anche la flessione dell’euro dollaro dai recenti massimi.

Distanza Usa-Europa

«Nelle ultime settimane - continua Arriciati - stiamo assistendo a una sorta di disallineamento tra quadro macro negli Stati Uniti e in Europa. Negli States la crescita economica continua a essere robusta, anche se alcuni indicatori stanno decelerando, e soprattutto le più grandi società quotate non stanno riscontrando problemi sul lato dei finanziamenti, pur con tassi così alti. Questo ha contribuito ad allontanare la recessione. Fino a quando i titoli a grande capitalizzazione avranno buone prospettive sugli utili e sosterranno il mercato nel suo complesso, il quadro dovrebbe mantenersi ancora positivo. Una volta raggiunto il picco, il taglio dei tassi Usa con tutta probabilità non sarà immediato. In Europa invece il rialzo dei tassi sta già facendo sentire i propri effetti, con una più evidente frenata della Germania e con il rallentamento dell’Italia. Nel vecchio continente l’erogazione dei prestiti alle imprese attualmente viaggia intorno ai minimi e tutto questo prima o poi si rifletterà anche sull'azionario, oltre che sull’economia reale».

Ciò detto, attualmente il mercato azionario statunitense non scambia di certo su valutazioni a buon mercato e un consolidamento è da mettere in conto. Il p/e prospettico dell’S&P è tornato sopra 19, dopo esser sceso a 15 in ottobre; il precedente picco aveva toccato quota 21, in concomitanza degli ultimi massimi dell’azionario. Dopo la flessione dell’ultimo trimestre, gli utili societari sono attesi di nuovo in crescita da qua a fine anno, ma quanto potrà essere sostenibile se il quadro macro si deteriora?

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