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Sversamento di acque radioattive di Fukushima: pochissimo pesce giapponese arriva in Italia

E da anni l’80% del tonno rosso made in Italy finisce nei migliori ristoranti di Tokyo

di Micaela Cappellini

3' di lettura

Tra i banchi dei mercati all’ingrosso italiani non si trova neanche un grammo di pesce proveniente dal Giappone. «I ristoranti giapponesi in Italia? Si approvvigionano sui mercati italiani», fanno sapere dall’Osservatorio di Italmercati, che riunisce tutti i principali mercati all’ingrosso del nostro Paese. Spulciando nella banca dati dell’associazione, non risulta alcuna importazione di pesce dal Giappone. Chi dunque compra pesce fresco può dormire sonni tranquilli: in Italia non troverà prodotto proveniente dalle aree dell’Oceano Pacifico dove proprio in questi giorni le autorità giapponesi hanno dato il via allo sversamento delle acque radioattive della centrale di Fukushima, dopo l’incidente nucleare del 2011.

Nel nostro Paese, però, solo il 40% di tutto il consumo di pesce nazionale passa dai banchi dei mercati all’ingrosso. Soprattutto, solo il 20% di quello consumato è pescato nel nostro Paese. Il restante 80% proviene dall’estero: nel 2021, stando ai dati dell’Osservatorio europeo del mercato dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, l’Italia ha importato quasi 1,2 milioni di tonnellate di pesce, per un controvalore di 6,2 miliardi di euro. Le principali specie importate? Il salmone (15% del totale), la trota (8%) e il tonnetto iridato (7%), seguono gamberi, gamberoni e mazzancolle. Il nostro Paese acquista pesce soprattutto dalla Spagna (24% delle forniture), dai Paesi Bassi (7%), dalla Svezia (6%) e dalla Danimarca (6%).

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Pochissimo il pesce importato dal Giappone

Dal Giappone, dunque, a quanto pare ne compriamo pochissimo. Secondo i dati elaborati dalla Coldiretti sulla base dei dati Istat 2022, nell’ultimo anno dal Sol Levante sono arrivati solo 123mila chili di pesce, pari a meno dello 0,02% del totale dei prodotti ittici importati da tutto il mondo, per un valore totale di 2,5 milioni di euro. Di questi, però, circa i due terzi, ovvero 86mila chili, sono filetti di tonno congelati, e non possiamo escludere che siano stati destinati proprio alla preparazione di sushi nei ristoranti giapponesi d’Italia. Trovarli è come cercare un ago in un pagliaio. Diciamo però che il Giappone non è certo la prima fonte di importazione non solo del tonno che entra in Italia, ma nemmeno di quello che bussa alle porte della Ue: secondo i dati dell’Aipce (l’associazione europea che riunisce le imprese del commercio e della trasformazione del pesce), in Europa arriva fondamentalmente tonno proveniente dall’Ecuador (23%), da Papua Nuova Guinea (9%) e dalla Cina (8%).

Fukushima, acque centrale sversate in Oceano Pacifico

L'Italia esporta in Giappone il tonno rosso

Semmai, è l’Italia ad assicurare il suo prelibato tonno rosso sulle tavole dei consumatori giapponesi. Ricorda Fedagripesca-Confcooperative, infatti, che oltre l’80% di questo pescato italiano di qualità prende la strada del Sol Levante: «La scelta del Giappone di riversare nell'oceano le acque radioattive della centrale nucleare di Fukushima potrebbe far aumentare le quotazioni del tonno rosso mediterraneo del 20%», prevedono dall’associazione. Da anni ormai, appena inizia l’autunno, nelle zone del Sud Italia dove ancora ci sono gli armatori che catturano il tonno rosso, arrivano le navi direttamente dal Giappone: congelano il pesce a bordo, e se lo portano in patria, destinato alle preparazioni più pregiate e alle tavole più ricche del Paese.

In ogni caso, avverte Fedagripesca, chi non vuole correre il rischio di acquistare pesce proveniente dalle zone interessate dal disastro nucleare un modo per difendersi ce l’ha: basta guardare l’etichetta che obbligatoriamente deve indicare la provenienza del pescato. Le zone da tenere d'occhio sono due: la Fao 61, che indica l’Oceano Pacifico nord-occidentale, e la Fao 71, che individua l’Oceano Pacifico centro-occidentale dove potrebbero spingersi i pesci migratori potenzialmente contaminati.

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