Falchi & Colombe

Quarantena finanziaria, idea per l’Afghanistan

di Donato Masciandaro

(UFFICIO IMAGOECONOMICA)

3' di lettura

La comunità internazionale ha a disposizione una arma di deterrenza nei confronti di un nuovo governo afgano che non rispettasse i diritti civili e politici della popolazione: la quarantena finanziaria. Ma nessuno ne parla. Perché?

La quasi totalità della comunità internazionale si è dichiarata preoccupata per possibili atti del nuovo governo afgano che possano violare i diritti della popolazione. Occorre uno strumento pacifico di deterrenza. L’analisi economica ce ne indica uno: la quarantena finanziaria. Partiamo da cosa è l’Afghanistan dal punto di vista macroeconomico. L’ultimo rapporto Paese del Fondo Monetario Internazionale - dicembre 2019 - sottolinea tre aspetti peculiari. Primo, l’Afghanistan è una nazione debole, con una crescita sistematicamente inferiore al 3%, che è la soglia ritenuta minima per un Paese che vuol uscire dal sotto sviluppo, nonché con un saldo degli scambi esteri strutturalmente negativo ed una valuta in continua svalutazione. Quasi il 55% della popolazione risulta essere sotto la soglia di povertà. Purtuttavia, dal 2001, il reddito pro capite è quadruplicato e l’aspettativa di vita è salita da 56 a 64 anni.

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Secondo, l’Afghanistan è fortemente dipendente dagli aiuti internazionali, pari al 40% del prodotto interno lordo. Inoltre l’Afghanistan è un Paese dollarizzato, cioè negli scambi la valuta americana è preferita a quella nazionale. Infine, tale flusso di risorse dall’estero, sia in termini sia di ammontare che di regolarità, viene giudicato nel rapporto del Fondo la condizione necessaria, ancorchè non sufficiente, per consentire al Paese di crescere e di sostenere il suo debito.

Terzo, l’attività criminale ha un ruolo importante. Da un lato, vi è il mercato delle droghe, che il Fondo stima valere intorno al 10% del prodotto nazionale.

Un racconto di cosa rappresenti il narco-traffico per l’economia afgana è
stato offerto da Roberto Saviano (Corriere della Sera,
18 agosto). Da un altro lato, risulta prioritaria la lotta
alla corruzione.

Infine, la gran parte degli scambi finanziari interni sfugge alla vigilanza, visto che il
sistema finanziario informale risulta pari al 90% del totale.
Droga, corruzione e riciclaggio sono una tossina micidiale per lo sviluppo sano e regolare di qualunque comunità, come ben sappiamo anche in Italia.

Dunque l’Afghanistan è un Paese con una economia fragile
ed inquinata dal crimine, ma fortemente dipendente dalle
risorse finanziarie estere.

Se allora la comunità internazionale vuole avere uno strumento di deterrenza, i flussi finanziari devono essere messi sotto i riflettori. Mercoledì scorso il Fondo ha dichiarato che, in assenza di un chiaro riconoscimento internazionale del nuovo governo, il Paese non potrà accedere ai suoi prestiti. Lo stesso giorno la Fed ha comunicato il congelamento delle riserve ufficiali afgane negli
Stati Uniti. La strada è quella di toccare gli interessi finanziari.
È la strategia della carota e del bastone: solo se sei conforme alle regole internazionali ti consento l’accesso ai fondi. È la stessa strategia su cui si basa uno strumento diffuso nella deterrenza contro i Paesi devianti: le liste nere.

È una strategia efficace? Se viene applicato come nel caso delle liste nere, la risposta è no. Lo strumento deve essere applicato in modo sistematico e credibile. L’esempio più radicale è quello della quarantena finanziaria: al Paese deviante viene precluso qualsiasi accesso ai circuiti bancari e finanziari internazionali. È un provvedimento tecnicamente realizzabile sui sistemi legali. Certo rimarebbero fuori i circuiti informali, da quelli tradizionali alle criptovalute. Ma questo non spiega perché la comunità internazionale abbia negli ultimi quarantanni promosso
embarghi di ogni tipo – anche discutibili, come quelli sui
medicinali – ma mai un embargo finanziario. Perché pecunia,
anche se frutto di narcotraffico, non olet?

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