ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùManifattura Pecci 1884

Quattro casi di aziende danneggiate

di Sara Deganello

6' di lettura

Manifattura Pecci 1884

«Mai vista una catastrofe simile: produzione ferma, mesi per ripartire»

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«Nella mia famiglia si ricordava l’alluvione del 1991, ma in questi giorni ho capito che si trattava di poca cosa. Ora nel vecchio lanificio Pecci, stabilimento da 50mila mq, l’acqua è salita fino a 120-130 cm. Una cosa così credo non si sia mai vista, ed esistiamo dal 1884. Neanche con le bombe della seconda guerra mondiale, quando si nascosero i telai». A parlare è Roberta Pecci, amministratrice delegata di Pecci Filati e Filati naturali, aziende tessili storiche di Campi Bisenzio (Firenze), una trentina di milioni di fatturato, fino al 70% realizzato all’estero.

Con il Bisenzio e il torrente Marinella, suo affluente, esondati, sono finiti sott’acqua macchinari, materie prime, magazzini con ordini già pronti, sistema informatico, uffici, cabine elettriche. «Abbiamo un grande impianto fotovoltaico, con le relative cabine di trasformazione. Siamo senza energia e lo saremo per vari giorni», racconta Pecci. Per la conta dei danni è ancora presto: «Sono ingentissimi». Ora l’acqua è scesa, lasciando il fango. Al momento anche i dipendenti sono impegnati a spalarlo. «Le macchine finite sott’acqua si recupereranno? Non lo sappiamo. Tra una settimana, una volta pulito tutto, toglieremo la scheda elettronica, la manderemo a riparare, vedremo. La produzione è ferma: ripartirà, ma tra mesi. Ora i problemi sono organizzativi: fango da spalare, acqua per lavare, roba da buttare, assicurazioni lente».

Roberta Pecci ha partecipato all’incontro a Prato con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, le istituzioni e altre aziende danneggiate: «È stato molto pratico, il ministero era già allenato dopo quanto successo in Romagna. Speriamo che gli aiuti promessi arrivino rapidamente e che ne arrivino anche altri. Ne hanno bisogno non solo gli esportatori. Come Confindustria Toscana Nord abbiamo chiesto anche sgravi fiscali, moratorie sui finanziamenti, nuovi finanziamenti a tassi bassi o zero. Vogliamo ripartire prima possibile». La priorità sarà parlare ai clienti: «Al momento non siamo in grado di farlo. Cercheremo di capire se c’è qualcosa di salvabile», conclude Pecci.

Gruppo Grassi

«Distrutti macchinari pronti per la spedizione del valore di 2,5 milioni»

Erano le 22 di giovedì scorso quando Matteo Grassi, allarmato dalla violenza della tempesta Ciaran nella zona di Montemurlo dove si trovano i quattro stabilimenti dell’azienda di famiglia, è riuscito a recarsi sul posto per verificare la situazione. «L’argine dell’Agna si era rotto all’altezza di via Croce Rossa, proprio davanti al portone del nostro capannone e l’interno era allagato», racconta. Solo qui – dove si trovavano già diversi macchinari pronti per la spedizione – Grassi stima un danno di almeno 2,5 milioni di euro: tale è il valore dei prodotti finiti, rovinati dall’acqua e da buttare. «Senza contare i danni alle linee produttive e alle apparecchiature», aggiunge l’imprenditore, socio assieme ai genitori dell’azienda meccanica pratese che produce macchinari e realizza 18 milioni circa di fatturato, per il 70% all’estero, con 94 dipendenti. Tutti in salvo, fortunatamente, e in gran parte all’opera per cercare di ripulire i capannoni. Altri danni, tra gli 800mila euro e il milione, riguardano lo stabilimento di via Boito, colpito invece dallo straripamento del Bisenzio, mentre i due capannoni del quartiere Oste si sono salvati. Il problema più grave, ora, è che da giovedì scorso la fabbrica di via Croce Rossa continua ad avere l’acqua sia in ingresso, sia in uscita: «I macchinari – dice Grassi – sono a bagno da quattro giorni: quello che si sarebbe potuto salvare, rischia di andare definitivamente distrutto. Giustamente gli aiuti della Protezione civile e dei volontari sono stati rivolti alla popolazione. Ma nessuno, a oggi, si è mosso per mettere in sicurezza le aziende e consentirci di togliere l’acqua. Le macchine e gli uomini del Genio Civile sono sul posto, ma non possono intervenire, perché devono aspettare gli ispettori che verifichino le responsabilità». E potrebbero volerci ancora giorni. Nel frattempo la produzione è bloccata, per la Grassi come per decine di altre aziende della zona, nelle stesse condizioni. Con l’aggravante che molti dei macchinari da consegnare rientrano nel Piano Industria 4.0 e, per beneficiare degli incentivi, i clienti devono riceverli entro l’anno. «Ci attendiamo disdette degli ordini e questo, in un anno già difficile, non ci voleva davvero», conclude con amarezza Matteo Grassi.

Casa del Filato

«Pronti a riprendere, ma preoccupa l’impattosu tutto il distretto»

«Quando è stata portata via l’acqua dalle idrovore della Protezione civile e, già il giorno dopo l’alluvione, siamo potuti entrare in fabbrica, mi sono sentito l’uomo più fortunato del mondo». Leonardo Mannelli, responsabile commerciale della Casa del Filato di Seano, incarna l’ottimismo della volontà che in questo momento accomuna tanti imprenditori del Pratese: venerdì mattina, due dei tre capannoni della piccola azienda di filati di famiglia (13 milioni di euro di fatturato e circa 25 dipendenti) erano sommersi da 60 centimetri di acqua, a causa dell’esondazione del Furba, un affluente del fiume Ombrone. La sede, peraltro, era stata appena rinnovata, lo scorso settembre, e restavano ancora da completare gli ultimi 20 metri dell’ingresso. «Eppure, sentendo tanti colleghi della zona, so che poteva andare anche molto peggio – racconta –. Ora siamo tutti qui, dipendenti, familiari e amici, a mettere a posto e ripulire quello che si può salvare». Fortunatamente, lo stabilimento produttivo è stato risparmiato dalle alluvioni e dunque la produzione sta proseguendo. A essere colpiti sono stati invece i due stabilimenti che ospitano uffici, laboratorio, magazzini e logistica, dove vengono stoccati materie prime e prodotti finiti, pronti per la consegna. «Noi lavoriamo molto a magazzino, in modo da avere sempre pronta la merce per i nostri clienti – spiega Mannelli – quindi il danno è sicuramente grave, ma non siamo ancora in grado di quantificarlo perché stiamo ancora facendo le verifiche». Il personale amministrativo è già al lavoro negli uffici, che si trovano al piano superiore e sono quindi all’asciutto, mentre la parte logistica rimarrà ferma tutta la settimana: «Ci prendiamo questi giorni per pulire e sistemare al meglio gli spazi – spiega Mannelli –. Ci vorrà tempo per tornare a una situazione di normalità, ma la cosa importante ora è ripristinare il servizio per i clienti». Anche se molti degli stessi clienti sono fermi, in questo momento, dato che si tratta di aziende a loro volta colpite dall’alluvione. «Purtroppo, al di là del danno diretto per la nostra azienda, è stata colpita tutta la filiera, anche nei Comuni vicini, e questo mi preoccupa visto che già il momento non è dei più facili per il distretto», aggiunge l’imprenditore.

Sirius

«Prorogare Industria 4.0:ulteriore smacco perdere i finanziamenti»

«La conta dei danni non è iniziata benché i periti siamo stati allertati e abbiano fatto una prima ispezione. Siamo stati colpiti sia dall’esondazione del Bisenzio, che corre parallelo alla fabbrica, sia dallo smottamento della montagna in direzione del paese: da una parte è entrata l’acqua, fino a 120-130 cm, e dall’altra i detriti. Il portone è stato sfondato». Così Giancarlo Guidi, direttore generale della Sirius, racconta la situazione dell’azienda di Vaiano (Prato) attiva nel finitura dei tessuti per conto terzi, con un fatturato di 5-6 milioni annui e 50 dipendenti più 20/30 persone che lavorano per i clienti.

«Rappresentiamo l’ultimo passaggio della filiera: applichiamo valore aggiunto a merci che non sono di nostra proprietà, alle pezze che arrivano dalle tessiture. Noi facciamo lavaggio, tintura, follatura, cimatura, garzatura: rendiamo il tessuto lavorabile per le confezioni. Per questo abbiamo subito danni notevoli anche su beni di terzi», racconta Guidi. «Al momento grazie alla solidarietà da parte di moltissimi volontari, siamo riusciti a liberare l’80-90% dell’azienda, che si sviluppa su 10mila mq, da tutti i detriti. Non abbiamo elettricità perché le due cabine sono state allagate. Rimane il fango nei macchinari, nelle stanze, nei magazzini. Ma almeno ora i mezzi possono passare. Non siamo in grado di ipotizzare quali e quanti macchinari potranno essere rimessi in funzione. Non sappiamo quando potremo ripartire: vorremmo farlo il più presto possibile ma dopo aver pulito dobbiamo controllare tutti i quadri e tutti i motori elettrici, che nei nostri macchinari sono prevalentemente a terra e sono andati sott’acqua», continua Guidi.

Le assicurazioni ci sono, tuttavia l’auspicio è che arrivino aiuti «in tempi brevi» e che soprattutto siano a supporto dell’intera filiera, non solo degli esportatori: «Noi facciamo il nostro fatturato nella provincia, ma poi i nostri prodotti vengono venduti all’estero», sottolinea l’imprenditore: «Importante è anche che ci siano proroghe per gli adempimenti al 30 novembre, per esempio la presentazione delle perizie per Industria 4.0. Noi abbiamo comprato macchinari nuovi lo scorso anno, dovevamo fare la perizia questa settimana ma non possiamo: perdere i finanziamenti sarebbe uno smacco ulteriore».

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