Quel monello di Chaplin
«The kid» fu il film più autobiografico e amato del regista inglese. Grazie ad esso riuscì a superare il blocco di creatività, la morte del figlio e il divorzio
di David Robinson
5' di lettura
The Kid, Il monello occupa un posto speciale tra i film di Chaplin, poiché è la risposta più diretta e personale ai traumi della sua infanzia: la separazione dalla madre e l’affidamento alla custodia di autorità pubbliche costituzionalmente inumane. Egli non negò l’elemento autobiografico, e ammise anzi che il set della soffitta dove abitano il Vagabondo e il monello da lui adottato si basava sui ricordi degli abbaini della sua fanciullezza londinese.
Allo stesso tempo, però, sembra che sulla concezione del film abbiano influito i traumi che egli stava vivendo a Hollywood. Nel 1918 era finito in trappola da solo sposandosi con la diciassettenne Mildred Harris. Nel rapporto con la moglie-bambina subentrò presto la stanchezza, e Chaplin individuò proprio nel matrimonio la causa del grave e prolungato blocco creativo che lo condusse ad affannarsi per sei mesi per mettere insieme i tre rulli del modesto Sunnyside. Sembrò esserci un momento di speranza per la coppia quando Mildred rimase incinta, ma il 7 luglio 1919 ella diede alla luce un bambino malformato, Norman Spencer Chaplin, che morì tre giorni dopo. Mildred ha avuto ben poche parole buone nei confronti di Chaplin, ma ricordava che egli pianse quando Norman morì.
Paradossalmente, appena dieci giorni dopo questo colpo Chaplin, che sembrava aver ritrovato nuove energie, era già nello studio a fare provini a bebè per un nuovo film, provvisoriamente intitolato The Waif (Il trovatello). Scelse infine Silas Merric Hathaway Jr. che aveva diciotto settimane (nel 2019 ha celebrato il centesimo compleanno, ed è l’unico ancora vivente tra gli attori dei film muti di Chaplin). Quando le riprese iniziarono, il piccolo Hathaway aveva otto mesi: egli interpreta con vivacità il ruolo dell’eponimo monello da neonato, allorché viene abbandonato dalla madre non sposata (Edna Purviance) e poi trovato e adottato, con riluttanza, dal Vagabondo. Quando torna a casa con il nuovo membro della famiglia e le vicine gli chiedono il nome del piccolo, lui si ritira discretamente dietro la porta per ricomparire annunciando con sicurezza: «John!».
Quando il monello ha quattro anni, a interpretarlo è Jackie Coogan, che era nel quinto anno di vita quando Chaplin lo vide per la prima volta in un numero di danza eccentrica nello spettacolo di vaudeville dei suoi genitori: imitando suo padre, eseguiva un virtuosistico shimmy. Chaplin ne fu incantato, e il suo entusiasmo crebbe quando incontrò il bambino di persona e ne scoprì lo straordinario talento per la mimica: una capacità normale nel processo di apprendimento di un bambino, ma nel caso di Jackie incredibilmente sviluppata. Chaplin aveva trovato l’attore perfetto: uno che sapeva assimilare, incarnare e riprodurre esattamente la sua interpretazione della parte.
Il sodalizio tra i due, e un’ineguagliata performance infantile, raggiungono l’apice in quella che rimane una delle scene più memorabili e commoventi della storia del cinema. Il monello si ammala e il Vagabondo chiama un burbero medico, il quale decide che il bambino ha bisogno di assistenza e cure adeguate: cure e assistenza che si presentano nelle vesti di un pomposo e arrogante funzionario dell’orfanotrofio e del suo servile assistente. Nonostante una fiera resistenza, il monello viene prelevato con la forza e gettato nel cassone di un furgoncino come un cane randagio.
Inseguito da un poliziotto, il Vagabondo si avventura in una folle corsa a ostacoli sui tetti del misero quartiere, raggiunge la strada, salta giù intercettando il furgone, mette in fuga le autorità costituite e si riprende il monello, con uno dei baci più espressivi della storia del cinema. In questo momento il Vagabondo è elevato alla dimensione di un eroe epico. Mezzo secolo dopo Coogan rievocò la realizzazione di questa scena, raccontando come Chaplin lo avesse preparato, esponendogli in forma drammatica questa crisi nella vicenda del monello. Poi, per usare le parole del maturo Coogan, «se in una scena devi avere un comportamento isterico, devi essere isterico. Altrimenti tutto sembra falso come un biglietto da tre dollari».
Come tutti i film muti di Chaplin, The Kid era privo di sceneggiatura e fu filmato in continuità. L’unica sequenza che venne girata una seconda volta, per adeguarla meglio al senso della trama, è quella del dormitorio pubblico. La vicenda non è strutturata formalmente, ma appare semplicemente inevitabile nel suo muoversi tra i destini del Vagabondo, del suo pupillo, compagno e complice, e della donna che è giunta alla gloria come famosa cantante ma piange ancora il bambino che ha abbandonato.
Una singolare coda introduce al desiderato lieto fine. Dopo aver perduto il monello, il Vagabondo, sfinito per la ricerca, si addormenta sulla porta di casa e sogna il paradiso, in cui tutti i personaggi del film – il bullo, il poliziotto, i funzionari dell’orfanotrofio, il cane randagio – compaiono trasformati in angeli alati. Ma il peccato e la tentazione si introducono furtivi, nelle vesti di una civettuola seduttrice interpretata dalla dodicenne Lillita MacMurray, che quattro anni dopo, col nome di Lita Grey, sarebbe diventata la seconda e ancor più problematica moglie-bambina di Chaplin. La sequenza divise i critici dell’epoca: Sir James Barrie accusò Chaplin di stravaganza, mentre per Francis Hackett «era l’Altro Mondo visto da un uomo semplice, realizzato con quei pochi accessori di scena con cui un uomo semplice aveva probabilmente consuetudine».
Il film ha una sicurezza tale che non lascia trasparire quanto travagliata sia stata la lavorazione a causa di gravi problemi esterni. Mildred intentò una causa di divorzio che provocò difficoltà e pubblicità indesiderate (come la scazzottata fra Chaplin e Louis B. Mayer, cui Mildred era contrattualmente legata, al ristorante dell’Alexandria Hotel). La casa distributrice, la First National, voleva aggiudicarsi il primo lungometraggio di Chaplin al prezzo scontato di tre film da due rulli e cercò un’alleata in Mildred, incoraggiandola ad avanzare, nell’istanza di divorzio, pretese sul patrimonio del marito, incluso il negativo di The Kid. Questa minaccia indusse Chaplin e il suo operatore Roland Totheroh a fuggire nottetempo con il negativo a Salt Lake City, dove improvvisarono una sala di montaggio in una suite d’albergo. Il montaggio e il lavoro di laboratorio furono completati in segreto in uno studio libero del New Jersey.
L’accordo di divorzio fu raggiunto a condizione che gli avvocati di Mildred ritirassero l’ingiunzione che avrebbe impedito a Chaplin di vendere The Kid. La First National venne a più miti consigli e il film fu un trionfo in tutto il mondo; Jackie divenne un’adorata celebrità internazionale, raccolse gli omaggi dei leader mondiali e fu ricevuto persino dal Papa.
A Pordenone
Dal 5 al 12 ottobre
La 38a edizione della rassegna pordenonese si apre con «Il monello» (1921) di Chaplin accompagnato dall’orchestra. Orchestra anche in chiusura, sabto 12, per «The lodger» (1927) di Alfred Hitchcock, e mercoledì 9 per «Oblomok imperii» («Un frammento d’impero», 1929), capolavoro del regista sovietico Fridrikh Ermler
www.giornatedelcinema-muto.it
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