Quelle liste di evasori fiscali arrivate in Italia in gran segreto
di Angelo Mincuzzi
4' di lettura
Lontane dal clamore dei giornali, alcune liste con i nomi di migliaia di presunti evasori fiscali italiani sarebbero finite nelle mani dell'Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza. Gli elenchi riguardano contribuenti che hanno nascosto soldi in banche svizzere - soprattutto Ubs e Credit Suisse - per almeno 22,4 miliardi di euro. I nomi - come ha ricostruito Il Sole 24 Ore - sono arrivati in Italia negli ultimi anni provenienti dalla Germania, e precisamente dal Nord Reno-Westfalia, e fanno parte dei Cd-Rom acquistati su ordine dell'ex ministro delle Finanze del Land tedesco, Norbert Walter-Borjans, da ex dipendenti di istituti di credito della Confederazione.
Nel 2016 Walter-Borjans aveva scritto una lettera ai ministri delle Finanze di 27 paesi europei per avvisarli che i dati sugli evasori fiscali ottenuti dal governo del Nord Reno-Westfalia erano a disposizione dei governi interessati presso il Bundeszentralamt für Steuern (BZSt), l'Ufficio centrale federale delle tasse a Berlino. Secondo i calcoli delle autorità tedesche, i file contenevano informazioni su depositi bancari per un totale di 93 miliardi di euro alla data del 1° luglio 2006 e di 75,3 miliardi al 30 novembre 2008. Per quanto riguarda l'Italia l'ammontare dei depositi scoperti era rispettivamente di 32,7 miliardi di franchi svizzeri nel 2006 (28,6 miliardi di euro al cambio attuale) e di 25,6 miliardi di franchi nel 2008 (22,4 miliardi di euro).
Il governo italiano ha mai chiesto quelle informazioni? Il ministero delle Finanze del Nord Reno-Westfalia ha rivelato al Sole 24 Ore che già nel 2015 il land aveva trasmesso dati sugli evasori fiscali a Italia, Francia e Grecia e che sia i file inviati nel 2015 sia quelli messi a disposizione nel 2016 contenevano informazioni su nomi italiani. L’Ufficio centrale federale delle tasse di Berlino, invece, rifiuta di fornire informazioni e invita a rivolgersi alle autorità italiane per avere spiegazioni sulla vicenda.
A precisa domanda del Sole 24 Ore, fonti del ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef) spiegano che «non c'è stato bisogno di chiedere l'accesso ai dati inviati all'Ufficio centrale delle tasse tedesco dal ministro delle Finanze del Nord Reno-Westfalia nel 2016». E questo «perché l'Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza avevano già a disposizione quelle liste in virtù della Convenzione tra Italia e Germania contro la doppia imposizione e della direttiva europea sullo scambio di informazioni». Quei nomi erano dunque già in Italia e Gdf ed Entrate stavano già indagando da tempo.
Le norme sulla cooperazione internazionale hanno dunque funzionato e l'Italia - stando alle dichiarazioni del Mef - le ha utilizzate senza attendere la lettera dell'ex ministro delle Finanze del Nord Reno-Westfalia.
Mistero sui nomi presenti nelle liste
Quali nomi compaiano in quelle liste non è possibile saperlo. Sulle questioni fiscali vige il massimo riserbo da parte del ministero e degli investigatori.
Ma l’Italia non ha soltanto attinto informazioni dall’estero. C’è un caso, infatti, in cui i nomi dei presunti evasori fiscali hanno seguito il percorso inverso: dal nostro paese verso gli altri. È il caso del Credit Suisse Ag e dell’inchiesta avviata nel 2014 dalla procura di Milano, un’indagine partita da un'ispezione fiscale del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano e sviluppata con l’aiuto del Nucleo della Banca d'Italia a supporto della procura.
L'inchiesta riguardava una serie di operazioni effettuate tra il Liechtenstein e le isole Bermuda in relazione a polizze assicurative che, secondo i magistrati, erano un escamotage studiato da funzionari della banca per consentire ai clienti italiani di portare denaro oltre il confine e nasconderlo al Fisco. Erano coinvolti 13mila nominativi per un totale di 14 miliardi di euro di depositi. A ottobre del 2016 il Credit Suisse Ag ha staccato un assegno di 109,5 milioni di euro per chiudere il contenzioso con il Fisco italiano e con la Procura di Milano.
Nel corso delle perquisizioni gli investigatori hanno scoperto nel cloud della banca un file all’apparenza vuoto ma che conteneva migliaia di nominativi di clienti di tutti i paesi del Credit Suisse Ag. Le liste sono state spacchettate per nazionalità e consegnate alle autorità dei paesi di residenza dei clienti.
Ma a sollevare qualche interrogativo sulla provenienza dei nomi era stato il fatto che già qualche giorno dopo una perquisizione della sede milanese del Credit Suisse - avvenuta nel dicembre 2014 e nel corso della quale sarebbero spuntati i nomi degli evasori - alcuni clienti dell'istituto elvetico avevano ricevuto un accertamento dell'Agenzia delle Entrate. Il provvedimento, per di più, aveva raggiunto contribuenti italiani che avevano aperto un conto non in Italia ma direttamente a Zurigo. E dunque, perché il loro nome era stato trovato in una perquisizione a Milano?
Alla fine di agosto in un procedimento penale aperto a Lugano contro la banca, il responsabile della divisione informatica del Credit Suisse Ag ha testimoniato davanti ai giudici e ha affermato di aver individuato tre episodi che possono spiegare la presenza a Milano dei nomi dei clienti del Credit Suisse Ag di Zurigo.
Innanzitutto - ha sostenuto il dirigente della banca - si è scoperto che un funzionario del Credit Suisse Life & Pension possedeva le credenziali per accedere a tutti i dati che sono stati trovati in Italia. Il secondo episodio è legato ad alcune email inviate da dipendenti di Zurigo ai loro colleghi del Credit Suisse in Italia: i nomi erano contenuti in alcuni allegati. Il terzo episodio è avvenuto nel 2012, quando un funzionario di Zurigo che aveva lavorato anche a Milano aveva utilizzato la sua smart card e un pc in Italia per scaricare i dati. Fin qui la testimonianza del dipendente del Credit Suisse.
Ma per quanto riguarda la caccia ai presunti evasori fiscali clienti del Credit Suisse non è finita qui. Perché la Guardia di Finanza ha chiesto lo scorso luglio alle autorità fiscali della Svizzera di conoscere i beneficiari italiani titolari di 9.953 posizioni finanziare accese proprio presso il gruppo bancario. Si tratta di conti per un importo complessivo di oltre 6,6 miliardi di euro, le cui informazioni potrebbero presto arrivare in Italia già sulla base degli accordi vigenti sullo scambio di informazioni su richiesta. L’avvio degli automatismi nel 2018 farà il resto.
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