Quello che ancora manca al Codice della fiducia e del risultato
Il nuovo corpus di norme sugli appalti è migliorabile, ma ha il pregio di mirare al superamento del clima di sospetto che caratterizzava quello che lo ha preceduto
di Mariangela Di Giandomenico
3' di lettura
Da aprile si cambia, o si dovrebbe cambiare, visto che il Governo dovrà approvare nel prossimo Cdm il nuovo testo del Codice dei contratti pubblici che entrerà in vigore ad aprile, se si vogliono rispettare le cadenze del Pnrr, e avrà efficacia dal primo luglio per tutti gli appalti in corso, abrogandosi il “vecchio” Codice, il d.lgs. 50/2016, attualmente vigente.
Una riforma essenziale per il Paese che si inquadra tra quelle misure necessarie per il raggiungimento degli obiettivi imposti dal Pnrr, molto attesa perché già durante il Covid la normativa aveva subìto modifiche e interventi derogatori (si pensi ai decreti semplificazione) sull'idea diffusa (e in parte vera) che l'attuale disciplina “blocca” le opere, è troppo complessa, non favorisce gli investimenti, è fonte di contenzioso, generando paura dei funzionari nella firma degli atti.
Si supera anche il sistema delle linee guida Anac, vincolanti, che vengono incluse nel testo e negli allegati. Si tratta di un Codice che non richiede norme di attuazione ed è immediatamente applicabile.
In attuazione della Legge n. 78/2022 che ha stabilito i princìpi e criteri di delega, il Consiglio di Stato, su incarico del Governo, in tempi sostanzialmente record, ha definito uno schema di decreto legislativo che ha sistematizzato le regole nella materia, includendovi anche le ultime riforme, per adeguarla a quella del diritto europeo e ai princìpi espressi nel corso degli anni dalla giurisprudenza in materia di contratti pubblici.
Il testo è stato sottoposto al parere della Camera e del Senato, che hanno rilasciato pareri distinti con diverse osservazioni, attualmente all'esame del Governo che può recepirle o meno.
Ma quali sono le caratteristiche di questo nuovo corpus normativo? Volendo sintetizzare in una sola battuta, e in un'ottica positiva, possiamo “ribattezzarlo” come il Codice della fiducia e del risultato. Fiducia nelle stazioni appaltanti e nell'esercizio legittimo della discrezionalità amministrativa. Ma dovrebbe dirsi anche fiducia nelle imprese che devono essere messe in condizioni di poter operare e nei confronti delle quali è necessario superare il clima di sospetto del precedente Codice, ispirato alla logica dell'“anticorruzione”.
Ma su questo aspetto occorre ancora un po’ lavorare.
Il risultato è la realizzazione efficiente dell'opera pubblica, del servizio, della fornitura. Il principio del risultato diviene cardine del nuovo quadro regolatorio e rispetto al quale sono funzionali gli altri interessi pure tutelati, di concorrenza e trasparenza, al fine di raggiungere lo scopo principale della normativa, ossia consentire la rapida realizzazione delle opere, lo svolgimento dei servizi e forniture attraverso la selezione dei migliori contraenti per la PA.
Si inaugura (almeno nelle intenzioni) un nuovo rapporto pubblico privato, ispirato, come detto, alla fiducia, alla responsabilità, al maggior equilibrio, al dialogo. Maggiore apertura a forme di contrattazione flessibile, chiarimento delle norme sui settori speciali e sui Partenariati Pubblico Privati. Non si ha però quello shock normativo da più parti paventato.
Il testo, infatti, riprende l'articolato del Codice attualmente vigente e le normative derogatorie nel frattempo intervenute e, dunque, non possiamo dire di essere di fronte a una rivoluzione copernicana, salvo, come visto, che per l'impostazione. Gli obiettivi dichiarati sono quelli di accelerare, semplificare/ridurre il gold plating nell'affidamento dei contratti, introdurre misure a favore dei lavoratori e imprese.
Tutto positivo e attuabile? Non tutto.
Critica è la qualificazione delle stazioni appaltanti. Se si crede nella discrezionalità e nel risultato le amministrazioni devono essere preparate. Diversamente il rischio è creare situazione di abuso.
Critica la completa digitalizzazione del processo di affidamento e della interoperabilità delle banche dati con una piena operatività del fascicolo virtuale dell'operatore economico. Senza di questi elementi molte innovazioni perdono efficacia.
Critica è la revisione prezzi, che in tempi di inflazione e caro prezzi va migliorata per garantire effettivamente l'equilibrio contrattuale.
Critica è la previsione sull'illecito professionale. Seppure si amplia il self cleanig e si chiariscono alcun punti dubbi, resta sempre il tema che le imprese non possono subire conseguenze disastrose per effetto, ad esempio, di meri provvedimenti cautelari che talvolta vengono anche ribaltati.
In conclusione, se gli aspetti critici non mancano, gli aspetti positivi della riforma, sul piano dei princìpi e degli scopi non possono che spingere per una sua immediata attuazione, garantendo anche una efficace governance estesa anche agli appalti di servizi. Da ultimo, se di un codice della fiducia dobbiamo parlare allora è venuto il tempo di cambiare nome all'Autorità di vigilanza del settore, non potendo associare ai contratti pubblici l'anticorruzione.
Partner Head of Administrative & Public Law Italy - Orrick
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