Quibi, arriva l’anti-Netflix che scommette sui mini video
Al debutto Quibi, una app solo per smartphone che sforna a raffica “quick bites”, video tra sei e nove minuti ciascuno. Sfida a Netflix che intanto macina crescite a Wall Street
di Andrea Biondi
3' di lettura
«Sarò lì in un Quibi». Questa la disarmante (e divertita) risposta dell’autista di una banda di rapinatori che invece di correre a recuperare i suoi complici freschi di colpo in banca se ne sta nel furgone, distratto da un video sul suo smartphone. «Sarò lì fra 10 minuti, o meno».
Il claim è stato battezzato durante il Super Bowl. Il che vuol dire un passaggio pubblicitario nel corso del Sanremo all’ennesima potenza per la Tv americana. Tradotto in termini economici si parla di 5,6 milioni di dollari per 30 secondi di spot.
Così, dal più prestigioso dei palchi possibile, è stato presentato al grande pubblico americano Quibi: l’ultima nata (per il momento) fra le piattaforme di video on demand che ha fatto il suo debutto da lunedì 6 aprile.
In un’arena già superaffollata ecco quindi il nuovo (l’ennesimo) anti-Netflix che più delle altre piattaforme, esistenti o in arrivo, appare come una scommessa. Sulla quale c’è chi ha evidentemente creduto, considerando gli 1,8 miliardi di dollari raccolti prima del lancio.
Su questo versante c’è da considerare un aspetto senz’altro non trascurabile se non proprio decisivo: gli ideatori di questa piattaforma sono Jeffrey Katzenberg e Meg Whitman. Parliamo, rispettivamente, dell’ex capo ex capo degli studi Disney all'epoca del “Re Leone” e co-fondatore ed ex ceo della Dreamworks da una parte e della ex presidente e amministratore delegato di eBay e Hewlett Packard, dall’altra. Garanzie, insomma, che non si scherza e si vuole dar battaglia.
Personaggi così hanno avuto buon gioco nel racimolare risorse pre-lancio, ma anche nel portare a bordo il meglio di Hollywood: da Jennifer Lopez a Chance the Rapper, Idris Elba, Bill Murray, Sophie Turner, Steven
Spielberg e Chrissy Teigen, mentre per le “mininews” il
materiale sarà fornito da Nbc, Bbc, Espn e altri.
Quibi però – e questo è un aspetto chiave che ne fa una scommessa tutta da giocare – non è una piattaforma di video on demand qualunque. È stata pensata per video brevi, fra i sei e i nove minuti pensati e realizzati per gli smartphone. Una app pensata per fornire a raffica “quick bites”: bocconcini di qualche minuto fra prodotti scripted, reality show e notiziari. Il tutto con due profili d’offerta: 4,99 dollari al mese ma con pubblicità, oppure 7,99 dollari al mese nella versione adv-free. Il periodo di prova free – anche probabilmente a causa dell’emergenza coronavirus – è di tutto rispetto: 90 giorni.
«Sarà un enorme successo o un flop totale», ha detto al New York Times Michael Goodman, esperto di media a Strategy Analitycs. Di certo in queste ultime settimane, dopo aver capito che non ci sarebbe stato alcun rinvio nel lancio, non sono mancati i rilievi, perlopiù scettici, degli analisti del settore.
Perplessità legate al periodo. Quibi doveva essere il diversivo da consumare in fila da Starbucks, nel tragitto in subway o su una macchina Uber. È chiaro che il coronavirus ha cambiato il quadro. Per i “bocconcini” della nuova app i competitor sono quei giganti dai cataloghi smisurati come Netflix, Amazon e Disney+, fruibili su qualsiasi schermo, dallo smartphone all'iPad alla tv di casa. Non a caso il titolo Netflix sta macinando crescite su crescite. I massimi intorno a quota 390 sono superati quattro volte tra metà febbraio e inizio marzo, poi un crollo verticale (-35%) con un minimo di 290 toccato il 17 marzo, quindi una vertiginosa risalita (+32%) a quota 382, superata il 31 marzo. E i 374 e passa dollari durante la seduta del 6 aprile segnalano che da lì in poi per il momento si può solo crescere.
Tornando a Quibi, alle perplessità legate al periodo coronavirus va aggiunta una considerazione “storica”. Esperienze di video di qualità brevi sono state fatte ad esempio anche da Vivendi con Studio+. E sono state un flop.
Va detto che era il 2016. Forse i tempi non erano maturi? L’avanzata di Youtube e Tik Tok si è fatta più incalzante proprio negli ultimi tempi, sulla scia anche (ma non solo) della grande e crescente diffusione nel mondo di smartphone. È evidente però che trattandosi di una proposta a pagamento è con le piattaforme on demand classiche à al Netflix che Quibi dovrà confrontarsi.
A queste peraltro stanno per aggiungersene altre, sia a pagamento sia con modelli fondati sulla pubblicità. Due su tutte: HBO Max di AT&T e Peacock di Comcast. E se pensiamo solo a una realtà come l’Italia il parco è cpmposto da Netflix, Amazon Prime Video, Apple Tv Plus, Tim Vision, NowTv di Sky, RaiPlay, Infinity di Mediaset, Dazn, DPlay di Discovery Channel, Chili, Rakuten Tv.
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