Raccolto di olio toscano in calo del 10-20%, boom degli oliveti intensivi
Decollano gli oliveti intensivi e superintensivi: si stanno moltiplicando nella Maremma e in Valdichiana (servono terreni pianeggianti). Hanno già superato i mille ettari
di Silvia Pieraccini
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S’annuncia un raccolto contenuto per l’olio toscano, penalizzato dalle abbondanti piogge cadute durante la fioritura degli olivi che non hanno favorito l’allegagione (il passaggio da fiore a frutto). Le prime stime parlano di una flessione produttiva nell’ordine del 10-20% rispetto alla campagna olearia 2022 che si era chiusa con 138mila quintali di olio, di cui 30mila certificati Igp Toscano, campione di export.
Ma la novità del raccolto 2023 in Toscana è il decollo degli oliveti intensivi e superintensivi, che si stanno moltiplicando nella Maremma e in Valdichiana (servono terreni pianeggianti), e che hanno già superato i mille ettari. Si tratta di coltivazioni con una densità d’impianto superiore a quella tradizionale (da 500 a 2.000 piante per ettaro), che richiedono irrigazione e che – soprattutto se si utilizzano varietà (cultivar) spagnole – permettono una raccolta meccanizzata delle olive, abbattendo i costi e ovviando alla carenza di personale che anche quest’anno rappresenta una criticità. Le colture intensive hanno l’ambizione di riportare la redditività in un settore che negli ultimi anni l’ha perduta, tanto che alcuni oliveti (in Toscana coprono più di 74mila ettari con 15 milioni di piante) sono stati abbandonati.
Uno dei primi ad avviare un progetto in questo senso è stato, cinque anni fa, il gruppo vinicolo Antinori che – come spiega l’amministratore delegato Renzo Cotarella – ha piantato in Maremma 80 ettari di oliveti intensivi con una densità di circa 500 piante per ettaro. Deciso a fare olio Igp Toscano, Antinori ha utilizzato varietà toscane, le uniche ammesse dal disciplinare.
«Per aziende come la nostra la toscanità è un valore – spiega Cotarella – ma in generale sono convinto che tutta la Toscana debba puntare a produrre olio di alta qualità utilizzando varietà toscane, senza rincorrere i modelli superintensivi di altri Paesi che sono in grado di fare prezzi migliori. Se oggi produrre olio in Toscana non è conveniente è perché esso non è sufficientemente valorizzato, e su questo bisogna lavorare». Accanto alle varietà toscane, comunque, Antinori sta facendo piccole prove di coltivazioni superintensive con varietà spagnole.
Anche Frescobaldi, altro storico produttore di vino, ha avviato un progetto di oliveti intensivi che Matteo Frescobaldi definisce “filari come vigneti”. Dal 2018 il gruppo fiorentino ha piantato 50 ettari, e ne pianterà altrettanti nei prossimi tre anni. L’obiettivo, anche in questo caso, è favorire l’automazione della raccolta e aumentare la produzione.
Il progetto più grande è quello di ArteOlio, Pmi innovativa partecipata dal fondo Verteq Capital e da Sici, società di gestione del risparmio nell’orbita della Regione Toscana, fondata a Grosseto nel 2019 proprio per produrre olio italiano di qualità da coltivazioni superintensive, con varietà toscane e anche spagnole. Il progetto prevede di impiantare 700 ettari grazie a una dotazione finanziaria della società che supera 22 milioni di euro.
Altri progetti in via di realizzazione sono quello del gruppo Monini e - come spiega Fabrizio Filippi, presidente del consorzio dell’olio Igp Toscano - quello guidato dall’imprenditore Rocco Delli Colli che, dopo aver piantato un oliveto intensivo a Campagnatico (Grosseto) ne sta avviando uno da 200 ettari a Scarlino, lungo la superstrada, e ha fatto un accordo con la coop Olma (presieduta dallo stesso Filippi) che ritirerà tutto l’olio.
Delli Colli ha in programma anche un terzo oliveto intensivo a Orbetello, tutti con varietà autoctone assicura Filippi escludendo che il disciplinare dell’Igp Toscano venga aperto in futuro a varietà diverse: «Il consorzio ha sempre detto no all’introduzione di varietà non toscane – spiega il presidente – anzi ora abbiamo alzato l’asticella e inserito nel disciplinare, con una modifica in via di approvazione, che anche il 5% di olio finora ammesso da altre varietà, arrivi da varietà italiane».
Sugli oliveti intensivi Filippi non mette veti: «La produzione di olio è scarsa e noi abbiamo bisogno di incrementarla – afferma – i nuovi impianti a filari, se fatti con varietà toscane, possono servire a produrre olio Igp Toscano e a rendere stabili le quantità».
Anche la Regione Toscana sembra su questa linea e finora ha dato priorità alle varietà autoctone nell’accesso ai contributi del Piano di sviluppo rurale. I timori principali sono legati al consumo di acqua, alla tutela della biodiversità, alla durata delle piante superintensive e al paesaggio: coltivare olivo (solo) in pianura e avere piante più basse che formano filari come le vigne cambierà il tipico paesaggio toscano?
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