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Raddoppio del Monte Bianco, le imprese chiamano Roma

Turcato (Confindustria Valle d’Aosta): «Opera vitale per l’economia regionale e del Nordovest: il costo di circa 1,2 miliardi sarebbe sostenuto dai privati. Necessario il confronto a livello governativo»

di Carlo Andrea Finotto

 Tra le critiche che vengono mosse, all’ipotesi di raddoppio del tunnel ci sono soprattutto quella dell’aumento del traffico e del maggiore inquinamento

3' di lettura

Per sistemare il tunnel del Monte Bianco, come ormai si sa, saranno necessarie chiusure di tre-quattro mesi all’anno per la bellezza di 18 anni: si comincerà con il periodo dal 4 settembre al 18 dicembre. La spesa prevista è di circa mezzo miliardo di euro. I lavori serviranno al rifacimento completo delle volte lungo i quasi 12 chilometri della galleria.

Queste chiusure rischiano di avere un impatto pesante sull’economia del territorio e anche sull’occupazione. Anche per questo ha ripreso corpo l’idea di un raddoppio del tunnel, progetto sostenuto a gran voce da Confindustria Valle d’Aosta con un documento stilato insieme alla Camera di commercio, alle associazioni di categoria regionali – dagli artigiani agli albergatori, da Confcommercio alle cooperative – e ai sindacati.

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Realizzare una seconda canna avrebbe un costo di circa 1,2 miliardi di euro «interamente a carico dei privati» ricorda il presidente di Confindustria Valle d’Aosta Francesco Turcato: «Questa disponibilità è stata ribadita ancora di recente dalla società che gestisce il traforo».

Andiamo con ordine. Il documento ha calcolato l’impatto del drammatico incendio che provocò numerose vittime e richiese la chiusura del tunnel dal 1999 al 2002. Il traffico complessivo, e in particolare quello dei mezzi pesanti, è stato recuperato solo parzialmente. Oggi si stimano circa 600mila passaggi annui di mezzi pesanti, contro gli 800mila prima dell’incidente. Una parte dei transiti si sono trasferiti verso il traforo del Frejus e, in misura minore, verso i valichi del Piccolo e Gran San Bernardo.

Stando alle elaborazioni del Centro studi di Confindustria, « il costo in termini di valore aggiunto di una nuova chiusura del traforo del Monte Bianco della durata di un anno potrebbe essere di circa il -2,2% del valore aggiunto regionale. Se la chiusura fosse di tre mesi (il periodo previsto nel 2023, ndr), l’impatto economico sarebbe pari al -0,54%. Ricordando che questo effetto negativo sul Pil annuo regionale verrebbe subito dalla Valle d’Aosta per 18 anni consecutivi, l’impatto cumulato in questo lungo periodo sarebbe di -9,8 punti percentuali». Il traforo ha una valenza che supera i confini regionali e, infatti, il Csc stima che «l’impatto sul Nord-Ovest (esclusa la Valle d’Aosta) sarebbe di -0,3% in termini annui». Si capisce, quindi, perché il sistema produttivo e le parti sociali guardino al piano pluriennale di manutenzione con apprensione. Francesco Turcato parla di «una questione urgente e calda».

Tra le critiche che vengono mosse, al di qua e al di là del confine, all’ipotesi di raddoppio del tunnel ci sono soprattutto quella dell’aumento del traffico e del conseguente maggiore inquinamento. Contestazioni che Turcato respinge decisamente: «Non si vuole aumentare la capienza del traforo né, tantomeno, l’inquinamento. Oggi assistiamo a code chilometriche di tir in alta stagione e, soprattutto, all’impossibilità dei camion frigo di passare contemporaneamente nei due sensi lungo la canna a causa dell’aumento delle dimensioni. La situazione attuale è di camion di vario genere che per ore mantengono accessi i propri motori in attesa di poter transitare». Disporre di due canne, per Turcato e i sostenitori del raddoppio, aumenterebbe la sicurezza dell’infrastruttura, faciliterebbe la futura manutenzione e contribuirebbe a limitare l’inquinamento, «perché i passaggi sarebbero contingentati e ottimizzati».

Le ultime elaborazioni dicono che la regione ha esportato nel 2021 beni per 718,2 milioni di euro e il peso dell’export sull’economia regionale è del 12,4%. La Francia è la prima destinazione Ue, con una quota del 20,66% sul totale. Il tunnel rappresenta anche il 5,8% del traffico pesante dell’intero arco alpino.

Contro il raddoppio si è espresso di recente in Francia il sindaco di Chamonix, e in regione il gruppo Adu (Ambiente, diritti, uguaglianza).

Favorevole, invece, il presidente della Regione Testolin che ha ribadito la necessità di un tavolo intergovernativo. Un’idea condivisa da Francesco Turcato, per il quale «la valenza strategica del collegamento richiede un confronto tra Roma e Parigi e il coinvolgimento dell’Unione europea».

In un recente question-time in Parlamento il ministro Matteo Salvini si è espresso per l’apertura di un tavolo di confronto con il governo francese sul tema. Del resto, secondo il presidente di Confindustria Valle d’Aosta, alternative percorribili non ce ne sono: l’ipotesi ferroviaria sarebbe molto più costosa, con tempi più lunghi e con un impatto molto relativo sul trasporto merci. Scegliere percorsi diversi vorrebbe dire aumentare del 20% i costi per gli operatori e le aziende esportatrici.

Turcato è fiducioso: «Se riuscissimo a convincere i francesi della bontà e sostenibilità dell’opera, basterebbero 7-8 anni per realizzarla».

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