Radici di Mastroberardino nella top 5 di Wine Spectator: «Troppi ordini, ecco come li gestiamo»
Domanda elevata da tutto il mondo per il Taurasi campano. Il titolare: nessun premio ha questo impatto, dobbiamo valutare una ad una le richieste, anche per evitare speculazioni.
di Giorgio dell'Orefice
3' di lettura
Uno tsunami. Una valanga di richieste da ogni parte del mondo da gestire con attenzione dando la priorità agli stakeholders consolidati e cercando di guardare lungo per evitare di compromettere la possibilità di realizzare in futuro eventi promozionali di richiamo.
È senz’altro un grande risultato, ma non privo di difficoltà gestionali, scoprire un proprio vino nella Top Ten di Wine Spectator classifica che resiste come punto di riferimento globale per gli amanti del vino.
Una classifica che quest’anno, quinta volta nella storia ha premiato un vino italiano: il Brunello di Montalcino di cantina Argiano. Ma a raccontare cosa significa entrare nell’Olimpo del vino è Piero Mastroberardino titolare della storica etichetta campana che quest’anno con il proprio Taurasi, Radici riserva 2016 è salito fino al numero 5 della classifica.
«Noi riceviamo ogni anno molti riconoscimenti in Italia e nel mondo – spiega Mastroberardino – ma nessuno ha questo impatto. Un impatto immediato sulla domanda e sulle vendite. In una notte ho ricevuto da ogni parte del mondo richieste di acquisto di Radici 2016. Molte più di quante ne potrei mai esaudire. Numeri che hanno fatto immediatamente sembrare limitate le pur 21mila bottiglie che in media produciamo di Radici».
Il vino campano è il primo vino del Sud ad arrivare alla Top five della rivista Usa. «Nessun vino prodotto sotto la Toscana ci era mai riuscito», specifica Mastroberardino. Il massimo risultato ottenuto da un’etichetta del Mezzogiorno è stato infatti il nono posto ottenuto dall’Etna Doc della cantina Tenuta delle Terre Nere San Lorenzo nel 2018.Il successo è stato travolgente.
«Ci hanno contattato da tutto il mondo – prosegue Mastroberardino – anche da paesi dove non ci sono nostri importatori. Richieste soprattutto da parte di operatori che fanno scounting di vini premiati per collocarli in seguito presso i collezionisti. Come prima iniziativa abbiamo diramato una circolare ai nostri contatti per dire che non potevamo adempiere alle richieste e che avremmo dovuto quantomeno frazionarle e canalizzarle con priorità ai canali tradizionali, ristoranti ed enoteche. Per il momento stiamo consegnando due casse, ovvero 12 bottiglie, solo ai ristoratori storici, quelli che hanno sempre avuto i nostri vini in carta. Per quelli invece che ci hanno scoperto solo adesso stiamo valutando caso per caso. E spesso non forniamo loro più di tre bottiglie e solo dopo una valutazione della nostra forza vendite. L’obiettivo è limitare al massimo il grey market che, aggirando i nostri controlli, possa poi danneggiare gli importatori abituali».
Va ricordato che nel caso del Taurasi Radici la “riserva” viene lanciata sul mercato dopo almeno sei anni di invecchiamento. Da pochi giorni è stata infatti lanciata quella dell’annata 2017 mentre il Radici premiato, il 2016, è stato sbarcato sul mercato un anno fa, a novembre 2022.
«La nostra normale policy – spiega il produttore campano – prevede che la riserva dopo un anno dal lancio esca dal listino ordinario per entrare in quello “prestige” per il quale le consegne vengono autorizzate una a una da me, personalmente. Un sistema che abbiamo escogitato per avere bottiglie a sufficienza per le grandi verticali. In media come nostra library di famiglia ogni anno mettiamo da parte a seconda dell’annata, tra le 1.800 e le 2.400 bottiglie di Radici proprio per proiettarle nel tempo e assicurarne la disponibilità in eventi futuri. Molte meno per i vini bianchi, tra le 700 e le 800 bottiglie».
«Finora si è sempre pensato all’ingegneria di cantina dal punto di vista di chi costruisce le cantine – spiega Lorenzo Tersi, ceo della Lt Wine & Food Advisory e consulente di primarie cantine italiane –. In realtà, nel caso di un riconoscimento come quello di Wine Spectator, occorre anche “un’ingegneria distributiva” per gestire una cantina. Mentre spesso le aziende si fanno cogliere impreparate. Il punto di partenza è che la cantina che riceve un premio del genere non può aumentare i listini dopo aver comunicato i prezzi al mercato. Ne andrebbe della propria reputazione. E rischia di subire la pressione degli intermediari che cercano di accaparrarsi le bottiglie per realizzare margini sulla loro vendita ai collezionisti. Occorre un protocollo scientifico distributivo per queste annate diventate cult e gestire il nuovo posizionamento della cantina. La chiave è prediligere gli interlocutori storici che già ti avevano scelto e avevano creduto nel tuo prodotto assegnando loro delle priorità».
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