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Raspini porta l’arte dell’argento dai gioielli all’arredamento

Lo sviluppo dei negozi, 35 da Milano a Napoli, spingerà il fatturato a 34 milioni nel 2023. Siglato un contratto con un distributore cinese. Appena realizzata una collezione che va dai tavoli alle credenze

di Silvia Pieraccini

Argentiere e architetto. Giovanni Raspini

3' di lettura

«Noi non possiamo paragonarci ai grandi marchi della gioielleria, non vogliamo essere né Bulgari, né Cartier, né Pomellato, ma abbiamo un’identità ben definita». L’identità che l’argentiere-architetto Giovanni Raspini ha costruito negli ultimi vent’anni partendo da Arezzo è fatta di stile e di posizionamento commerciale: «Vogliamo essere un bel gioiello in argento di fascia medio-alta – spiega l’imprenditore – e il fatto di avere 35 negozi, tra cui quelli in via della Spiga a Milano, in via del Babuino a Roma, in via della Vigna Nuova a Firenze e in via Filangieri a Napoli, contribuisce a far capire chi siamo». Da poche settimane a questi si è aggiunto il monomarca di Torino, aperto in via Roma accanto a Vuitton. Entro l’anno toccherà a Bologna. Il progetto continuerà al ritmo di quattro negozi all’anno.

Lo sviluppo retail, in larga parte a gestione diretta e in larghissima parte in Italia, ha dato una bella spinta al fatturato di Raspini, che quest’anno toccherà i 34 milioni di euro. «Cresceremo dell’8% sul 2022, che era stato un anno molto buono – sottolinea l’imprenditore - chiuso a 31 milioni di euro con ebitda del 17%. L’obiettivo per quest’anno era di arrivare a 35 milioni, ma negli ultimi mesi il mercato sta rallentando e dunque stimiamo 34 milioni. Tutto questo senza toccare un grammo d’oro, perché noi utilizziamo argento».

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Nel 2019, prima della pandemia, Raspini fatturava meno di 20 milioni di euro: l’accelerazione post-Covid è stata forte, tanto più perché realizzata quasi esclusivamente sul mercato italiano.

L’export, oggi intorno al 6%, resta il traguardo da centrare guardando soprattutto alla Germania e, ora, all’Asia. «All’inizio d’agosto abbiamo siglato un contratto con un distributore cinese che ha 25 negozi di gioielleria: tra qualche mese partiremo, speriamo di aver trovato il partner giusto», spiega Raspini che progetta e produce tutto nello stabilimento di Arezzo, da dove gestisce anche i negozi.

I dipendenti sono 150, di cui una sessantina impiegati nelle boutique. La proprietà dell’azienda resta familiare e questo vuol dire che «se si decide di cambiare una linea, dopo due ore siamo in grado di lavorarci», sottolinea l’imprenditore che detiene il 70% dell’azienda (il restante 30% è di un socio) e che dall’anno scorso ha deciso di strutturarla inserendo manager esterni, tra cui il direttore generale Luca Padula.

Una delle ultima novità presentate al mercato è la linea di gioielli maschili, che oggi dà il 6-7% del volume d’affari e punta ad arrivare al 10%. «Mancava un’azienda che facesse gioielli in argento per uomo – spiega Raspini – e questa linea ci sta dando grandi soddisfazioni, anche se non ha la frivolezza e la leggerezza delle linee donna. Tanti nostri prodotti erano già unisex, ma avere una collezione dedicata ci ha aperto potenzialità».

Sul fronte dei prodotti, l’offerta di Giovanni Raspini resta concentrata al 98% sul segmento della gioielleria, anche se il brand non vuole perdere la tradizione della casa, segmento da cui è partito. «Continueremo a fare belle cornici e bei secchielli da champagne – dice Raspini – ma anche i mobili sono oggetti che penso di saper fare».

E infatti l’imprenditore-designer ha appena realizzato una collezione di tavoli, specchiere, consolle, credenze e complementi d’arredo – esposti nel settembre scorso nel chiostro rinascimentale della chiesa di Sant’Agostino a Cortona – che mixano ferro, bronzo e altri materiali per dar vita a forme contemporanee arricchite da decori animalier a lui tanto cari: iguane, topi, api, pipistrelli, insetti, coralli e conchiglie che trasmettono innovazione e artigianalità, in linea con l’identità che il brand custodisce con cura.

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