Ratzinger e gli abusi di Monaco, ultimo miglio di una crisi profonda della Chiesa
Il rapporto sulla pedofilia della diocesi tedesca (per la prima volta) arriva a sfiorare il Papa emerito.Tornielli (Vatican News): da lui norme durissime, ascoltò le vittime
di Carlo Marroni
I punti chiave
- Il dossier su quasi 5mila abusi, le “correzioni” sui fatti del 1980
- La crisi dentro la Chiesa tedesca e le (presunte) spinte scismatiche
- Una sfida osteggiata dalle frange più conservatrici
- La tesi di Ratzinger: il “collasso morale” del 1968
- Le chiese in molti paesi messe in ginocchio dalle rivelazioni
- Il caso della Francia: 330mila abusi in 70 anni
- La sfida di Francesco per l'intera Chiesa
6' di lettura
Un crepuscolo in penombra su cui si accendono d'improvviso cento riflettori. Su Joseph Ratzinger, 94enne di mente lucida ma corpo molto fragile, si stanno scaricando (di nuovo) le tensioni di una Chiesa che sconta una crisi profonda per la tragedia infinita degli abusi sui minori e sui fragili, una pestilenza nascosta per secoli e solo da poco assurta a priorità. E fu proprio Benedetto XVI, appena Papa, a dire basta, avviando un cambio di approccio rispetto alle pratiche diffuse e condivise di copertura tollerate dai predecessori, fino a Giovanni Paolo. Ora il nastro velocemente – che forse sarà un flash – si riavvolge a dieci anni fa, alla crisi del pontificato, ai processi, ai dossier.
Il dossier su quasi 5mila abusi, le “correzioni” sui fatti del 1980
I fatti sono noti: nei giorni scorsi è stato reso noto il rapporto commissionato dalla diocesi di Monaco, guidata dal cardinale Reinhard Marx, per indagare sugli abusi dal dopoguerra ad oggi: gli investigatori hanno rivelato 4976 casi abusi in territorio bavarese, spesso insabbiati e mai denunciati. Per quattro di questi casi il rapporto scrive che l'allora arcivescovo Ratzinger era a conoscenza dei fatti, da lui inizialmente negati. Poi la ritrattazione, clamorosa: di uno di questi ne era a conoscenza, avendo partecipato ad una riunione sul caso di un prete nel 1980. Perché questo incidente? Il Papa emerito aveva inviato una memoria di oltre 80 pagine, quindi il tempo c'era stato. Certamente una cattiva gestione, forse imputabile al suo storico segretario e arcivescovo Georg Gaenswien, che tuttavia all'epoca non lavorava con lui. E qui si arriva ad un primo punto: Benedetto ha spesso avuto dei collaboratori che non sempre hanno assolto al compito di fare da scudo al Papa, che al contrario si è poi dovuto esporre in prima persona (si ricordi per tutti il clamoroso caso Williamson).
La crisi dentro la Chiesa tedesca e le (presunte) spinte scismatiche
Caso chiuso? No di certo. Il Germania si è aperta una nuova ferita, forse la più clamorosa perché coinvolge il Papa teologo, per nulla amato da larga parte della Chiesa tedesca ormai in larga parte progressista e insofferente verso l'eredità ratzingeriana, che con il Sinodo di due anni fa veniva vista in aria di scisma, frattura acuita dal divieto di benedizione delle coppie gay. Addirittura la scorsa estate il cardinale Marx – figura simbolo del progressismo curiale, un pò irruento e molto mediatico - ha rassegnato al Papa le sue dimissioni proprio per la scarsa risposta al “disastro” degli abusi: un gesto clamoroso che forse è servito ad alzare il livello di attenzione.
Una sfida osteggiata dalle frange più conservatrici
In questo psicodramma trasversale al tempo e allo spazio si consuma, secondo molti, una sorta di resa dei conti – con le fazioni in movimento, in particolare i conservatori anti-bergogliani, insofferenti alle politiche papali - delle difficoltà in cui versa la Chiesa accerchiata dal secolarismo, che si traduce in chiese vuote e seminari deserti, o quasi. La pedofilia è un male assoluto, e non c'è scampo, anche se riguarda un numero piccolo di preti e che gli abusi su minori sono in larga parte consumato in famiglia e in ambito sportivo. Per molti quindi più che il relativismo o le sette di origine protestante il vero male per la Chiesa cattolica sono stati i predatori sessuali, gli “orchi” che hanno conquistano fiducia di ragazzi e seminaristi per poi colpirli, quasi certi che nessuno li denuncerà. E' questo il punto di svolta della Chiesa cattolica, e perché non si trasformi nell'ultimo miglio serve davvero cambiare pagina. Papa Francesco lo sa e sta agendo senza risparmio, ma spesso non trova tutti compatti. Nel 2019 aveva riunito a Roma le chiese di tutto il mondo per discutere di questo tema, un “summit” senza precedenti, che ha comunque segnato un passo avanti.
La tesi di Ratzinger: il “collasso morale” del 1968
Tre anni fa lo stesso Ratzinger, intervenne sul tema, rompendo (lo ha fatto molte volte in verità) il silenzio che si era imposto dopo le dimissioni. Due le tesi: la prima è che i colpevoli in passato erano protetti da una sorta di scudo penale, avevano un diritto alla difesa molto esteso, troppo forse. E poi il collasso morale”, che fece risalire alla «fisionomia della rivoluzione del 1968»: «Mi sono sempre chiesto – aveva scritto - come in questa situazione i giovani potessero andare verso il sacerdozio e accettarlo con tutte le sue conseguenze. Il diffuso collasso delle vocazioni sacerdotali in quegli anni e l’enorme numero di dimissioni »allo stato ecclesiastico furono una conseguenza di tutti questi processi”. Un punto di vista di un profondo conoscitore della nostra storia, certo– e qui arrivarono delle obiezioni, non solo di natura “politica” - ma forse lo sguardo storico non basta a spiegare i comportamenti delittuosi di molti preti, ammessi al sacerdozio dopo anni di studi e seminario, e dei quali nessuno si era accorto delle tendenze criminali.
Le chiese in molti paesi messe in ginocchio dalle rivelazioni
Il pontificato di Benedetto è stato costellato di rivelazioni su abusi in ogni parte del mondo (in precedenza all'inizio del secolo erano venuti a galla i casi di Boston e Los Angeles), e in intere chiese nazionali erano entrate in crisi, su tutte quella d'Irlanda. Ma molte altre vicende sono scoppiate, in Germania, Francia, Belgio, Malta, Australia, sempre negli Stati Uniti, Portogallo, solo per citare le vicende più gravi. E poi i Legionari di Cristo, caso simbolo che aveva coinvolto il fondatore Macial Maciel Degollado. Su tutte Ratzinger aveva cercato di avviare seria pulizia, dando potere alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Ma la percezione era comunque di una Chiesa che si chiudeva a riccio, e questo processo andò a sbattere contro gli altri scandali e tutte le guerre interne alla Curia, racchiuse nella sigla Vatileaks, le rivelazioni contenute nelle minute rese note dal maggiordomo.
Il caso della Francia: 330mila abusi in 70 anni
Appena eletto Papa Francesco riprese questo processo, ma i fatti del passato sono continuati a uscire, e quindi sono scoppiati i casi del Cile – dove i vescovi sono stati dimissionati in massa - e molto di recente in Francia, dove un rapporto lo scorso ottobre ha rivelato 330mila casi di abusi in 70 anni, e dove un cardinale importante si è dimesso. Una bufera che alla fine non lascia spazio alle pure legittime difese, quando ci sono, anche se la tenacia talvolta paga, come accaduto al cardinale George Pell, rinchiuso in Australia per 400 giorni e poi scagionato dall'Alta Corte da ogni accusa. Un caso palesemente pianificato a tavolino e sul quale il Papa (che pure era osteggiato dal conservatore Pell in materia di dottrina) non si era mai espresso, aspettando l'esito dei procedimenti.
La sfida di Francesco per l'intera Chiesa
Il caso Ratzinger, quindi, dopo nove anni dalle sue dimissioni (11 febbraio 2013) si presenta come il punto di fuga della crisi di una Chiesa che Bergoglio sta faticosamente cercando di compattare e rimettere in carreggiata come casa di tutti, «ospedale da campo», sul solco della Dottrina Sociale e della centralità dell'uomo, accogliente verso tutti ma decisa a fare pulizia. Come si è visto i crimini degli abusi su minori hanno coinvolto preti, vescovi (anche un nunzio apostolico, il caso Wesolowski) e cardinali, ma questa volta è diverso: l'obiettivo è un Papa, che vive nel convento Mater Eccleasiae. Forse da questo caso – nel rispetto delle tante vittime che hanno sofferto dell'abuso e del silenzio non meno colpevole – potrebbe scaturire una vera svolta.
Tornielli (Vatican News): da Benedetto norme durissime, e fu il primo Papa a incontrare le vittime
“Le ricostruzioni contenute nel rapporto di Monaco, che - va ricordato - non è un'inchiesta giudiziaria né tantomeno una sentenza definitiva, aiuteranno a combattere la pedofilia nella Chiesa se non verranno ridotte alla ricerca di facili capri espiatori e di giudizi sommari. Solo evitando questi rischi potranno contribuire a una ricerca della giustizia nella verità e a un esame di coscienza collettivo sugli errori del passato” scrive Andrea Tornielli, direttore editoriale della Santa Sede, sul sito ufficiale Vatican News. Nel lungo editoriale Tornielli ribadisce: “L'abuso sui minori è un delitto tremendo. L'abuso commesso sui minori dai chierici è un delitto possibilmente ancora più rivoltante e questo è stato ripetuto dagli ultimi due Papi senza mai stancarsi: grida vendetta al cospetto di Dio che i piccoli subiscano violenza da parte di sacerdoti o religiosi ai quali i genitori li affidano perché siano educati alla fede”. Inoltre “non si può dimenticare che Ratzinger, il quale già da prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede aveva combattuto il fenomeno nell’ultima fase del pontificato di san Giovanni Paolo II (...), una volta diventato Papa ha promulgato norme durissime contro gli abusatori clericali, vere e proprie leggi speciali per contrastare la pedofilia”. E poi è stato “il primo Papa ad incontrare più volte le vittime di abuso durante i suoi viaggi apostolici. È stato Benedetto XVI, anche contro l'opinione di tanti sedicenti “ratzingeriani”, a proporre, nel mezzo della bufera degli scandali in Irlanda e in Germania, il volto di una Chiesa penitenziale, che si umilia nel chiedere perdono, che prova sgomento, rimorso, dolore, compassione e vicinanza”.
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