Reclutamento Afam, per la riforma è indispensabile un intervento normativo
I due pareri espressi dal Consiglio di Stato affidano al ministero una lista di “consigli” e di “consegne” da seguire
di Antonio Bisaccia*
4' di lettura
Il Consiglio di Stato ha reso i pareri prescritti sui Dpr che dovrebbero definire la nuova tipologia di reclutamento e i nuovi principi operativi relativamente agli ordinamenti didattici delle istituzioni Afam. Con parere n. 1925/2022 sullo schema di reclutamento, il Cds formula due rilievi di carattere generale, oltre a una serie di osservazioni a latere: (a) necessità di una norma primaria a copertura della scelta istitutiva dell'abilitazione artistica nazionale, (b) non auto-esecutività/autosufficienza del regolamento attuativo che rimanda ad un successivo DM attuativo. Nel parere n. 1924/2022 sullo Schema di Dpr concernente la modifica degli ordinamenti didattici, per il Consiglio di Stato – rilevata l'assenza di vere e proprie criticità nel testo – il vero vulnus sembrerebbe rappresentato dalle incertezze riguardanti il coordinamento con la disciplina del reclutamento, attesa probabilmente la necessità di una più ampia riflessione sullo stato giuridico dei docenti.
Alla ricerca di una norma primaria
Il rilievo principale, che risulta assorbente, è – secondo il Cds – l'assenza di una norma primaria istitutiva dell'abilitazione artistica nazionale. Sembra che, tecnicamente, il Consiglio di Stato evidenzi, inoltre, il rischio di un uso non appropriato della delega, giustificando tale considerazione con il raffronto al sistema dell'Asn universitaria che, ricorda il CdS, è invece istituita con norma primaria. Il rischio palesato dal CdS pare essere quello di un “eccesso” dello strumento regolamentare in assenza di una norma primaria tale da perimetrare l'ambito di intervento regolamentare. Bisogna, comunque, sottolineare che l'amministrazione ha seguito un'altra linea, di segno diverso e di più amplia semplificazione, in coerenza con i regolamenti finora adottati.
Dpr non self-executing
La critica del Consiglio di Stato evidenzierebbe, quindi, il rischio di una fuga dal “regolamento” nella misura in cui elementi qualificanti della disciplina del reclutamento sarebbero demandati a un decreto ministeriale successivo. Scelta, questa, che è stata comunque da più parti condivisa e ratificata anche dagli organismi consultivi che si sono espressi positivamente. Inoltre il Consiglio di Stato, nel formulare una serie di rilievi, anche in ordine alla tecnica redazionale seguita nel testo, rileva che: «Al personale docente delle AFAM, infatti, non si applica – quantomeno de iure condito – l'art. 3, comma 2, del D.lgs. n. 165 del 2001 (“2. Il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari, a tempo indeterminato o determinato, resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in conformità ai principi della autonomia universitaria di cui all’articolo 33 della Costituzione ed agli articoli 6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n. 168, e successive modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei principi di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421”)».
Lo stesso CdS sembra, implicitamente (se non espressamente), rilevare come, assente una assimilazione del docente Afam al professore universitario sulla base del testo unico del pubblico impiego, la scelta operata nel regolamento potrebbe apparire corretta nella misura in cui l'articolo 3 del Testo unico contempli anche i docenti Afam. Cosa, peraltro, che è richiesta a gran voce dal settore come fine della disparità di trattamento ed entrata nel pubblicistico, in analogia al sistema universitario.
Consigli e consegne
Il Consiglio di Stato è intervenuto chirurgicamente sui testi trasmessi dal Governo formulando una serie di “consigli” e, insieme, “consegne”. L'abilitazione all'insegnamento di grado universitario richiederebbe, riflette nella sostanza il Consiglio di Stato, di una copertura normativa. Ed emerge, tra gli apriori logici della riflessione, la necessità di una modificazione del testo unico del pubblico impiego. L'articolo 3, comma 2, del Dlgs 165/2001 non contempla, espressamente, i docenti Afam tra le figure esentate dalla privatizzazione del rapporto di lavoro. Occorrerebbe quindi, assente una “sussunzione” del docente Afam nella più ampia categoria del docente universitario, un intervento coordinato sull'articolo 3, co. 2 del Tupi e sull'articolo 2, comma 6, primo periodo, della legge 508/1999. Da un lato si dovrebbe prevedere fra le figure escluse “la docenza Afam” e, dall'altro, la fine del regime privatistico con lo scopo di adottare un regolamento volto a disciplinare un nuovo statuto giuridico ed economico, in analogia a quello del docente universitario di pari livello. Non più, quindi, mero regolamento volto a disciplinare il solo reclutamento del personale docente (e amministrativo) entro gli angusti spazi e limiti di una pervasiva contrattazione collettiva, che ha negli anni dato prova di sclerotizzazione del sistema. Soltanto queste preliminari modifiche normative consentirebbero, scandagliando le naturali conclusioni imposte dalla riflessione del CdS, l'adozione di una compiuta (chiamiamola così) abilitazione artistico-scientifica nazionale.
Per il resto le indicazioni del Consiglio di Stato sembrano “consegne” e in particolare con riguardo alla “sistematizzazione” del sistema nazionale di abilitazione secondo le fasi e con i contenuti disvelati dall'organo consultivo. L'indifferibilità, ormai, di un intervento normativo coordinato e coerente sembra poi un imperativo categorico, considerato il monito di una contestuale e connessa regolazione tanto del sistema di reclutamento (persino nella versione de minimis di cui allo schema di regolamento) quanto degli ordinamenti didattici, della governance e della valutazione. His fretus
* Presidente del Consiglio Nazionale per l'Alta Formazione artistica e musicale
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