Recovery Fund, Bankitalia: possibile un impatto fino a 3 punti di Pil
Gli effetti sull’economia italiana presuppongono l’uso efficiente delle risorse disponibili ma per questo serve una netta discontinuità con il passato
di Nicola Barone
Gli effetti sull’economia italiana presuppongono l’uso efficiente delle risorse disponibili ma per questo serve una netta discontinuità con il passato
2' di lettura
Le stime dei benefici per l’economia italiana dalle risorse del Recovery Fund sono difficili da quantificare considerata l’incertezza «molto elevata». Ciò malgrado Banca d’Italia ha comunque simulato, con il suo modello econometrico, due scenari. Che prevedono, in quello più favorevole, un aumento cumulato del livello del Pil di circa 3 punti percentuali entro il 2025. «Entrambi gli scenari presuppongono che i fondi disponibili per l’Italia, che si assumono pari a 120 miliardi per i prestiti e a 87 per i trasferimenti, siano utilizzati pienamente e senza inefficienze, con una distribuzione della spesa uniforme nel quinquennio 2021-2025».
Le ipotesi a confronto
Nel primo viene considerato che «tutte le risorse vengano utilizzate per attuare interventi aggiuntivi rispetto a quelli già programmati e che questi riguardino integralmente progetti di investimento, la forma di spesa pubblica che in base all’evidenza empirica fornisce lo stimolo più elevato alla crescita del prodotto in condizioni normali». Le maggiori spese ammonterebbero a oltre 41 miliardi all’anno e potrebbero tradursi in un aumento cumulato del livello del pil di circa 3 punti percentuali entro il 2025, con un incremento degli occupati di circa 600.000 unità. Secondo Via Nazionale è implicito qui «uno sforzo notevole in termini di progettazione e di capacità di esecuzione degli investimenti: si tratterebbe di raddoppiare la spesa effettuata nel 2019 (40,5 miliardi; tra il 2000 e il 2019 la spesa media annua per investimenti è stata pari a 43,5 miliardi, risultando peraltro sistematicamente inferiore a quella programmata, anche per la difficoltà di preparare e gestire i progetti)». Nel secondo scenario «si ipotizza che una parte rilevante delle risorse, pari al 30 per cento, venga utilizzata per misure già programmate e che la parte rimanente venga destinata solo per circa due terzi a finanziare direttamente nuovi progetti di investimento. Sotto queste ipotesi gli interventi aggiuntivi ammonterebbero a circa 29 miliardi all’anno, di cui solo 19 per investimenti. L’impatto cumulato sul livello del Pil raggiungerebbe quasi 2 punti percentuali nel 2025».
Discontinuità nell’uso delle risorse
Gli effetti ipotizzati sull’economia italiana per l’uso delle risorse del Recovery Fund europeo «presuppongono l’uso efficiente delle risorse disponibili e l’esperienza suggerisce che affinché ciò avvenga serve una netta discontinuità con quanto osservato in passato». Secondo quanto riferito in commissione bilancio della Camera da Fabrizio Balassone, capo del Servizio struttura economica della Banca d’Italia, occorre «uno sforzo straordinario e non è un’impresa facile». Tuttavia «è anche vero che per migliorare il modo in cui l’amministrazione lavoro non bisogna sostituire tutto il corpo dipendenti». Dunque «servono inserimenti, anche contenuti, che possiedano le competenze adeguate alle sfide».
Idea guida e contributi dal basso
Un metodo per selezionare e attuare i progetti che utilizzino le risorse del Recovery Fund potrebbe essere quello di definire «grandi linee di intervento e poi chiederei alle amministrazione di portare idee coerenti. Un movimento dall’alto verso il basso con contributi dal basso». Da evitare al contrario «la ricerca di idee casualmente messe insieme, ci vuole una idea guida».
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