Opinioni

Recovery, dal sussidio al lavoro ecco come impiegare gli aiuti

di Vito Gamberale

(tunedin - stock.adobe.com)

3' di lettura

La prima ondata Covid in Italia (marzo/maggio) ha dato risultati positivi come disciplina preventiva; meno come gestione degli aiuti. Questi ultimi, distribuiti a pioggia (quelli più visibili, tipo monopattini e biciclette, sono stati alla “Maria Antonietta”) sono andati sul bilancio dello Stato, con un aggravio notevole del Debito Pubblico.

L’Unione Europea si è fatta carico di questo ulteriore aggravio del Bilancio dello Stato Italiano ed ha varato il Recovery Fund EU, facendo dell’Italia il maggiore beneficiario (209 Mld€). Questa massa di ulteriori debiti, oltre che contributi, è stata decisa per favorire un grande piano nazionale di progetti di sviluppo, in grado di dare una sostanziosa spinta al Pil nazionale, oltre che favorire riforme tali da razionalizzare la spesa pubblica.

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L’Europa ha fatto la sua parte. L’Italia, al di là della narrazioni continue e delle stucchevoli sceneggiate (Stati Generali, coinvolgimento di Regioni e Comuni, di rappresentanze imprenditoriali varie, dei Sindacati), non ha definito né i pilastri della progettualità attesa, né tanto meno le iniziative.

Insomma, un Governo che ha parlato tanto, ha promesso troppo, finora ha “consegnato” poco o nulla.

Un Governo più portato ad accontentare che a guardare lontano; che ciò che offre sembra più fruibile a parole che come funzionamento (vedi Immuni). Più portato a spendere e spandere che a centrare necessità e offrire soluzioni. Tutto questo ha caratterizzato la prima fase e la sua coda, fino a settembre.

Ora ci troviamo dinanzi alla seconda fase del Covid, che appare più virulenta della prima, per lo meno come numeri sintetici. Lo stesso sta accadendo in tutta Europa: dai Paesi del Sud, ai Paesi Frugali, ai “Visegrad”. Tutti alle prese con indici ancora più allarmanti dei nostri.

Di sicuro, tutto questo nuovo dramma fa nascere necessità comuni a tutta l’Europa.

Sarebbe, perciò, auspicabile che chiusure e aiuti fossero presi di comune accordo, in modo da gestire insieme questa ondata.

Sarebbe stato utile, anzi necessario, coordinare con i maggiori Paesi Europei le serrate, come fasce orarie, attività da regolamentare, gestione della scuola e dei trasporti. Avrebbe dato una disciplina omogenea, quindi anche più utile socialmente; avrebbe dato più forza ai singoli Stati ed all’Europa.

Come aiuti, c’è da sperare che l’Italia, non avendo preparato i progetti per il Recovery Fund, non ne approfitti per usare quei soldi per continuare a fare ciò che ha fatto: pioggia di denaro, quasi sempre malamente improvvisata come destinazione e comunque ricadente, passivamente, sul Debito Pubblico.

Ma proprio per preservare la necessaria destinazione del Recovery Fund, sarebbe utile, a livello Europeo, concordare un sistema di aiuti aggiuntivo per questa seconda ondata. C’è da supporre che troverebbe una condivisione più facile, vista la comune e contemporanea disgrazia in corso nei vari Paesi. Noi, forse, prenderemmo decisioni meno improvvisate e più efficaci (copiare aiuta sempre gli impreparati, o i separati in casa e nel Paese). Come fonte, si potrebbe pensare a quel “Perpetual Bond” a tasso zero, di emissione Bce, di cui spesso parla l’ex Ministro Giovanni Tria. Sarebbe la maniera per separare aiuti da crescita, spesa aggiuntiva da progetti di sviluppo.

E poi, la gestione dell’emergenza sanitaria. I risultati delle “tamponature” continue hanno fatto emergere 4 cluster di cittadini: i non contagiati, al momento pari a oltre l’80% dei testati; i positivi, pari (fino ad oggi) a meno del 20%; i ricoverati pari allo 0,5%; i destinati alle terapie intensive pari allo 0,05 per cento. Quindi, su un campione di 10.000 tamponati: 5 in terapia intensiva; 50 in ospedale; 1.700 positivi/asintomatici, gestiti a domicilio. È questo il cluster più pericoloso, perché è un “portatore sano” ed è quello che maggiormente diffonde il virus. Sarebbe stato molto utile, già all’insorgere di questa seconda fase, pensare ad isolare anche questo cluster, occupando gli hotel liberi, dalle città ai paesi; e coinvolgendo i ristoranti per provvedere ai pasti.

Sarebbe una maniera per legare i sussidi annunciati a queste categorie ad un servizio richiesto loro. Sarebbe un modo di tradurre in Pil una sovvenzione. Sarebbe un metodo maieutico per legare un aiuto ad un lavoro.

E sarebbe anche una maniera per evitare la dicotomia tra dichiarazioni fiscali basate sulle decine di migliaia di euro e reclamati danni di milioni di euro!

È ovvio che, in questo periodo di grave emergenza sociale nei servizi, sarebbe il caso di chiamare al lavoro anche le centinaia di migliaia di “redditi di cittadinanza” del tutto improduttivi, visti i “Phantom Educator”.

Insomma, anche in piena crisi da Covid, occorre passare dal sussidio al lavoro, per avere rispetto e timore del Debito. E gli asintomatici vanno isolati e non rinviati a casa!

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