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Recuperare una parte dei limi, i fanghi di lavorazione del marmo, potrebbe abbattere i costi di smaltimento a carico delle imprese e salvaguardare l’ambiente. Un duplice obiettivo che è sempre più urgente conseguire, secondo il Consorzio dei marmisti della Valpantena (Val di Pan), al quale aderiscono poco meno di una cinquantina di aziende della zona, specializzate nella lavorazione del marmo, della pietra naturale e nella produzione di agglomerati, una ventina più strutturate e le altre che operano come terziste.
La congiuntura non aiuta. Il presidente, Renato Dal Corso evidenzia che la situazione generale di forte rallentamento della domanda in Europa, soprattutto da parte del principale cliente, la Germania, condiziona il comparto. Il mercato domestico, da sempre marginale per le imprese venete, soffre a propria volta: il blocco di cessione dei crediti e sconto in fattura ha gelato le agevolazioni da bonus edilizi, con ricadute sui settori delle costruzioni ed immobiliare.
«I prezzi di gas ed energia sono lontani dai picchi del settembre 2022, ma non c’è dubbio che i costi aziendali debbano essere monitorati per garantire sostenibilità economica in un periodo complesso», sottolinea. Il Consorzio Val di Pan già da tempo ha puntato l’indice sugli oneri di smaltimento dei limi prodotti dal taglio di marmo e pietra naturale. Dal 2009 gli associati consegnano gli scarti prodotti ad una cava che serve da stoccaggio, ad Orsara, nella frazione di Lugo di Grezzana, per limitare le spese di trasporto. «Sarebbe ancor meglio se una percentuale delle circa 270mila tonnellate di limi prodotti annualmente dal distretto fosse recuperabile», riflette.
«Da due anni Val di Pan ha in corso con il dipartimento di Chimica dell’Università di Padova una ricerca finalizzata alla conversione dei rifiuti da lavorazione in nuovi prodotti e materiali, funzionali al ciclo produttivo nel nostro o in altri settori», spiega.
Attualmente l’intero Verona Stone District partecipa alla ricerca, ma ora è il momento di mettere a terra i risultati e dare avvio alla sperimentazione. «Per questa fase servono finanziamenti che stiamo cercando su tutti i fronti. Già abbattere del 30% la quantità di materiale annualmente conferito in discarica sarebbe una conquista e una fonte di reddito, se il prodotto pronto al riutilizzo avesse un mercato», aggiunge Dal Corso.
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