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Redditi cripto senza Quadro Rw se la piattaforma è italiana

Con un nuovo interpello l’Agenzia rompe il dogma dell’equiparazione estera Rw

di Alessandro Galimberti

Digital asset, la nuova filiera della finanza digitale

2' di lettura

La remunerazione per attività di staking - cioè la “validazione diffusa” dei processi blockchain - non rientra nel monitoraggio fiscale, e pertanto non deve essere dichiarata come reddito estero nel Quadro RW, se il il conto online di appoggio (wallet) è detenuto presso una piattaforma gestita da una società italiana. L’agenzia delle Entrate torna a breve distanza di tempo sulla fiscalità delle attività cripto con l’interpello 956-448/2022, rompendo per la prima volta il dogma della assimilazione dei proventi da blockchain a quelli esteri - asserzione che dall’inizio lascia perplessa larga parte della dottrina.

La nuova statuizione, sollecitata da un commercialista romano (Fabio Pauselli) arriva a integrazione di una decisione recente, l’interpello 956-771 ( si veda«Il Sole 24 Ore» del 6 luglio) ) con il quale l’Agenzia aveva qualificato i proventi da staking come reddito di capitale tassato alla fonte con la ritenuta del 26 per cento. Dopo aver escluso la possibilità di qualificare questo tipo di guadagni come «redditi diversi» - in quanto secondo le Entrate per la configurabilità di un reddito di capitale è sufficiente «l'esistenza di un qualunque rapporto attraverso il quale venga posto in essere un impiego di capitale» - il provvedimento dispensava il contribuente dalla dichiarazione nel modello del reddito da staking, in quanto appunto oggetto di imposizione/trattenuta alla fonte.

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La dichiarazione dei redditi

Tuttavia restava ancora da chiarire il versante del monitoraggio fiscale, cioè la dichiarazione nel quadro RW, considerato che l’Agenzia non si era mai distanziata dalla sentenza della Corte di giustizia Ue C-264/14 del 22 ottobre 2015 che assimila le operazioni in valute virtuali a quelle «relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio», e con la circolare 788/E del 2021 aveva inoltre applicato «le regole che disciplinano in particolare le operazioni in valuta estera».

Il caso proposto dal commercialista romano era però peculiare rispetto agli standard, perché la società presso cui il contribuente ha aperto il conto online di appoggio (il cosidetto wallet) risulta totalmente italiana, la Cryptosmart Srl. Da qui la soluzione proposta all’Agenzia dallo stesso interpellante, a giudizio del quale non sussistono obblighi di monitoraggio fiscale dal momento che la chiave privata legata alla detenzione delle cripto-valute è nella piena disponibilità della società italiana che gestisce la piattaforma informatica, e lo stesso Istante è titolare di un mero diritto di credito vantato nei confronti di una società italiana e non invece di di un asset patrimoniale e/o finanziario di natura estera, e che pertanto le cripto-valute possedute non sono soggette all'imposta sul valore delle attività detenute all'estero.

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