Redditi e dinamiche del debito
Ad eccezione della Germania, il rapporto debito pubblico/Pil dei principali Paesi dell'area Euro, fino a febbraio 2022, si è incrementato.
di Marcello Minenna
2' di lettura
Ad eccezione della Germania, il rapporto debito pubblico/Pil dei principali Paesi dell'area Euro, fino a febbraio 2022, si è incrementato. Le recenti riduzioni derivano, in parte, dall'impatto sul valore di mercato dei titoli di Stato del rialzo dei tassi di interessi. Il rapporto debito pubblico/Pil italiano (142,2) resta più alto di quello spagnolo (111,9), francese (109,6) e tedesco (64,0). La situazione però cambia se si considera il debito del settore privato non finanziario (famiglie e imprese) per il quale l'Italia presenta valori sensibilmente più bassi di quelli degli altri Paesi.
Ne discende che se si aggrega il debito pubblico a quello privato la situazione italiana, in rapporto al Pil, risulta essere migliore di quella di tutti gli altri Paesi (salvo la Germania): 340,1 per la Francia, 292,2 per la Grecia, 263,6 per la Spagna, 254,4 per l'Italia e 193,2 per la Germania. Al 2021 la ricchezza netta delle famiglie italiane (oltre 10mila miliardi) continua ad essere la più alta in Europa ed è pari a 8,7 volte il reddito disponibile (8,6 per la Francia e 8,8 per la Germania). Tali virtuosità nazionali non si riflettono però nell'andamento dei tassi d'interesse del debito pubblico a 10 anni, che vede sostanzialmente appaiate Italia e Grecia intorno al 4,5%, la Spagna prossima ad una Francia che si assesta al 3% e la Germania che tende a rompere (verso il basso) la soglia del 2,5%. Evidentemente, la regolamentazione comunitaria – che pone l'accento sul rapporto debito pubblico/Pil (che, si ricorda dovrebbe essere inferiore al 60%) senza dare peso al rapporto debito privato/Pil (che dovrebbe essere inferiore al 133%) – condiziona le aspettative degli operatori più di quanto fanno le grandezze economiche.
Uno dei motivi per cui questa regolamentazione è focalizzata sul monitoraggio del debito pubblico risiede nella più agevole governance, dato che l'interlocutore è identificabile nei Governi degli Stati membri. Nel caso del monitoraggio del debito privato il rapporto con i detentori è infatti solo potenzialmente intermediabile da interventi di policy dei Governi nazionali in quanto disciplinato da regole di mercato.
Ciò però non esime dal considerare – anche nelle prossime sedi negoziali –meccanismi di calmieramento nella regolazione per il controllo del debito pubblico che considerino il livello dell'indebitamento e/o di risparmio dei privati che evidentemente contribuiscono alla stabilità del sistema. Le statistiche evidenziano, tra l'altro, che se il settore privato non intende (o non ne ha la possibilità a causa, ad esempio, di una restrizione del credito da parte del sistema bancario) incrementare il proprio indebitamento, difficilmente lo Stato riuscirà a ridurre in modo sensibile il rapporto debito pubblico/Pil.
Nel caso italiano, peraltro, il debito pubblico è cresciuto, almeno sino alla pandemia, in un contesto nel quale il debito privato si è ridotto meno che proporzionalmente; successivamente, sono aumentati sia l'indebitamento privato che il risparmio: un chiaro indicatore dell'incremento delle disuguaglianze sociali.
Queste dinamiche si sono riflesse in divergenze dei redditi reali: se tedeschi e francesi, a parità di potere d'acquisto, hanno oggi buste paga più alte del 2008, quelle degli italiani sono più basse di oltre il 10%. Il rafforzamento dell'Eurozona passa evidentemente da rinnovate politiche economiche di convergenza.
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