Reddito di cittadinanza, così la Gdf va a caccia del lavoro nero
L’imprenditore che dà lavoro senza contratto rischia una «maxi sanzione maggiorata del 20%» e non potrà beneficiare della cosiddetta «diffida», che gli consente di regolarizzare lavoratore in nero per sanare l’irregolarità
di Ivan Cimmarusti
2' di lettura
Il lavoratore in nero perde subito il Reddito di cittadinanza, mentre al datore di lavoro scatta una sanzione poco inferiore a 50mila euro. Le regole stringenti della misura anti-povertà targata Movimento 5 Stelle stanno producendo svariati accertamenti su tutto il territorio nazionale, con sanzioni che stanno colpendo gli imprenditori che incautamente danno lavoro non contrattualizzato.
L’accertamento della Guardia di finanza dà immediati risultati, visto che basta la semplice «rilevazione» che il lavoratore sia percettore del Reddito per provocare la «decadenza/revoca del beneficio» e la maxi multa per l’imprenditore.
È il «piano operativo sommerso da lavoro» , quello che sta dando maggiori risultati alle Fiamme gialle, che negli ultimi tempi stanno individuando numerosi soggetti che ottenevano denaro senza però averne diritto. Ci sono impiegati in nero, ma anche soggetti risultati essere spacciatori di droga che intascavano soldi pubblici.
Venerdì 25 è stata arrestata una spacciatrice trovata in possesso di 155 dosi. Durante il giudizio con rito direttissimo si è appurato che otteneva regolarmente il Reddito. Martedì 29 a Siracusa è stato arrestato uno spacciatore di cocaina trovato in possesso di 327 dosi di cocaina. L’uomo, che guidava una Porsche Macan di sua proprietà, è risultato tra i percettori del Reddito.
Giovedì 31 ad Augusta due persone impiegate in nero in un supermercato sono risultate essere beneficiare del Reddito. A offrire a questi ultimi un’occupazione, nonostante fossero beneficiari del sussidio, è stato il titolare dell’esercizio commerciale al quale sono stati mossi rilievi di natura amministrativa che prevedono la procedura di irrogazione della cosiddetta «maxi-sanzione».
Ma come avvengono questi controlli? La direttiva della Guardia di finanza detta regole molto precise e stringenti. Nel documento, infatti, si legge che «ogniqualvolta nel corso di un controllo in materia sia rilevata la presenza di personale intento a prestare attività di lavoro dipendente occorrerà consultare il Sistema informatico delle comunicazioni obbligatorie».
L’imprenditore-datore di lavoro rischia, dunque, la «maxi sanzione maggiorata del 20%». Si tratta della norma prevista dal decreto legge 22 febbraio 2002 n. 12 che all’articolo 3 quater precisa le sanzioni in caso di impiego di lavoratori in nero, facendo lievitare la multa a poco meno di 50mila euro.
In questo contesto l’imprenditore-datore di lavoro è messo con le spalle al muro. Difatti la norma del Reddito esclude che il datore di lavoro possa beneficiare della cosiddetta «diffida». Si tratta dell’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, il quale prevede che «in caso di constatata inosservanza delle norme in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il datore di lavoro alla regolarizzazione delle inosservanze comunque sanabili, fissando il relativo termine».
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