il nodo sicurezza sociale

Reddito di inclusione contro le diseguaglianze

di Davide Colombo

(Flavia Scalambretti / AGF)

3' di lettura

Soluzioni nazionali ai problemi che si manifestano in economie nelle quali la crescita non si accompagna a una equilibrata i redistribuzione del reddito hanno il fiato corto. L’approccio da seguire è quello di una maggiore armonizzazione delle politiche pubbliche, a partire da quelle fiscali. E in seconda battuta dei sistema di sicurezza sociale. È il punto di vista di Giuseppe Bertola, economista dell’Università di Torino e unico italiano che ieri è intervenuto al simposio a porte chiuse - nella sessione su «Crescita e disuguaglianza» -, che ha aperto i lavori del G7 finanze, insieme con i colleghi Philippe Aghion, di Harvard, e Angus Deaton, di Princeton e Nobel per l’Economia del 2015.

«Non credo a schemi come il reddito di cittadinanza di tipo universalistico - spiega Bertola -. Con tutte le difficoltà che incontrano da qualche decennio i sistemi produttivi nazionali bisogna continuare a mantenere forti i mercati del lavoro ed elevati livelli occupazionali. Servono, in questa prospettiva, soluzioni politiche lungimiranti e va evitata ogni ipotesi di competizione fiscale tra paesi o aree economiche, che sarebbero del tutto insensate». Il tema della crescita e dell’inclusione è al centro del G7 e la presidenza italiana ha lavorato a una dichiarazione comune, che sarà diffusa oggi, in cui si sottolinea l’importanza di un approccio di politiche a più livelli, fiscali e strutturali, per affrontare la questione della disuguaglianza. Politiche che spaziano dal lavoro ai sussidi, dall’educazione al life long learning, in una cornice di programmazione di bilancio coerente e sostenibile.

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In un clima politico che oggi non sembra a portata di mano servirebbe, secondo Bertola, un vero e proprio ripensamento dei sistemi di Welfare nazionali, «ma questo è un passaggio più difficile - spiega - anche se una consapevolezza sembra emergere». Proposte come quella avanzata a suo tempo dal Governo italiano di un sussidio europeo contro la disoccupazione ciclica «sono interessanti ma anche molto ambiziose, quando l’Unione monetaria non riesce a dotarsi ancora di una base fiscale condivisa». E i nodi da affrontare sono notevoli: «Oltre alla volontà politica - aggiunge l’economista - ci sono da risolvere distinzioni tecniche tra disoccupazione ciclica e strutturale prima di immaginare un assegno Ue per chi rimane temporaneamente senza un impiego».

Detto questo la strada non va abbandonata, come vanno seguite con attenzione le politiche nazionali di inclusione sociale. «Il reddito di inclusione che sta per essere adottato in Italia - sottolinea Bertola - va nella giusta direzione». Soprattutto se serve anche per chiudere definitivamente la lunga stagione della cassa integrazione in deroga: «Per gli economisti che si occupano di povertà da lungo tempo - spiega - il Reddito di inclusione sembra ben configurato: punta su target sociali specifici e, date le risorse scarse, punta in una prima fase sui nuclei famigliari in difficoltà in cui ci sono più minori».

L’obiettivo strategico è andare oltre semplici trasferimenti monetari a chi si trova a rischio povertà (ovvero al di sotto della soglia pari al 40% del reddito mediano) per mettere in campo programmi di reinserimento: «In questo campo un ruolo cruciale dovranno svolgerlo gli enti locali e le Regioni - è la conclusione di Bertola - e solo se funzioneranno bene questi programmi si potrà evitare il rischio, per i beneficiari del Reddito di inclusione, di rimanere in quella che noi definiamo trappole di povertà». Bene poi la selezione sui nuclei più numerosi: «Tutte le analisi dimostrano che programmi di inclusione funzionano in particolare per i minori, giusto quindi avere deciso di partire da queste platee. Ora aspettiamo di vedere la misura in concreto».

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