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Regioni, al Sud l’80% degli aiuti anticrisi: a fare la differenza sono i fondi Ue

Dai  governi territoriali arrivano interventi per 2,7 miliardi, di cui 2,1 nel Mezzogiorno (il 68% del totale): a fare la differenza sono i fondi Ue. Bond fino a 3 miliardi in Lombardia

di Gianni Trovati

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3' di lettura

I decreti nazionali anticrisi e l’attesa della maxi-manovra ormai diventata “di maggio” dominano la scena. Ma nel frattempo anche le Regioni stanno mettendo mano a misure di vario tipo per venire incontro a imprese e famiglie. Fin qui il contatore parla di interventi per 2,7 miliardi, dedicati per il 60% alle aziende (1,1 miliardi fra garanzie e mutui e 580 milioni in finanziamenti diretti con un occhio di riguardo ad artigiani e commercianti) e per il resto alle famiglie, con un supporto ai Comuni nella distribuzione alimentare, voucher per i figli, sostegno alla didattica a distanza o aiuti agli inquilini.

Il bilancio degli interventi
Il ventaglio degli interventi è ampio, e particolare è la sua geografia, fotografata dal censimento dei ricercatori dell’Issifra-Cnr sulle misure già varate presentato in anteprima in questa pagina: perché la pandemia ha colpito più duramente a Nord, ma i bilanci si sono mossi più rapidamente a Sud, dove si concentrano 2,1 dei 2,7 miliardi messi sul piatto: il 79% del totale. Il paradosso è però facile da spiegare. A fare la differenza non sono i bilanci regionali, assorbiti per circa l’80% dalle spese sanitarie, ma i fondi strutturali europei. I programmi di coesione puntano a Sud, dove spesso la capacità di spesa ha viaggiato fin qui al rallentatore lasciando ampie doti di risorse inutilizzate. È un’inefficienza per certi versi “fortunata”, perché i ritardi del passato offrono ora più munizioni anticrisi. Ed è riassumibile in due numeri: al Centro-Nord le Regioni finanziano il 70% degli interventi con risorse proprie, a Sud il 68% delle misure è coperto da fondi Ue. Questa coppia di dati aiuta a spiegare la battaglia sottotraccia fra governo e Regioni meridionali ai tavoli dove si prepara la manovra di maggio. Perché Roma vorrebbe utilizzare per il decreto gli 11-12 miliardi ancora non spesi della vecchia programmazione 2014-2020, mentre i presidenti puntano a tenersi strette queste risorse. Anche per evitare di “regalare” ad altri la paternità politica degli interventi finanziabili per quella via. Alla fine alla manovra nazionale potrebbero andare circa 7 miliardi.

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Il Sud e il prezzo della crisi
In ogni caso, assicura il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano, l’intervento statale non cambierebbe la distribuzione territoriale delle risorse: anche perché i fragili sistemi economici meridionali - dove il turismo bloccato dalla pandemia ha un ruolo determinante insieme alle occupazioni saltuarie, precarie o in nero - rischiano di pagare il prezzo più alto di una crisi che può aprire nuovi spazi alla criminalità organizzata in un tessuto sociale in ginocchio.

Le misure locali
Sono soprattutto due Regioni a spostare verso Sud il baricentro delle misure locali contro la crisi: Campania e Sardegna. Napoli guida la classifica in valore assoluto (908 milioni), spinta appunto dai fondi Ue (72% delle coperture), mentre Cagliari primeggia per il peso delle misure in rapporto alla popolazione (161,9 euro pro capite), aiutata anche dallo Statuto di autonomia. A Nord gli stessi parametri collocano ai primi posti Piemonte (101,9 milioni, ma la giunta ha annunciato un piano da 800 milioni) e la piccola Liguria (33,7 euro per abitante).

GLI AIUTI DAL TERRITORIO
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A modificare drasticamente questo panorama potrebbe essere la Lombardia, epicentro del coronavirus ma fin qui defilata negli interventi (43,3 milioni) e messa sotto accusa anche per le lentezze nell’assegnazione della cassa integrazione. La Regione, forte del suo rating migliore rispetto a quello traballante dei titoli di Stato italiani, ha annunciato il progetto di un Lombard Bond fino a 3 miliardi in tre anni da investire nel sostegno a imprese ed enti locali, che replicherebbe su scala ancora maggiore la maxiemissione (un miliardo di dollari) lanciata nel 2001 per rispondere alla crisi dell’11 settembre.

La manovra di maggio
Quello descritto fin qui potrebbe essere solo il primo tempo per gli interventi delle Regioni, che nei prossimi giorni attendono nuovi spazi d’azione da Parlamento e Governo. Sul primo fronte la partita si gioca nella conversione del decreto liquidità: l’Anfir, l’associazione delle finanziarie regionali guidata da Michele Vietti, ha proposto tre emendamenti per far rientrare queste società e le agenzie regionali di sviluppo fra i soggetti che possono girare risorse al fondo centrale di garanzia, affiancare i Confidi nell’aumento al 100% della copertura pubblica ai prestiti e intervenire per mitigare il rischio di credito di banche e intermediari.

La manovra di maggio dovrebbe invece arruolare anche le Regioni fra le fonti di aiuti pubblici fino a 800mila euro alle imprese, mossa che sarebbe resa possibile dalle nuove modifiche al Temporary Framework Ue sugli aiuti di Stato attese in queste ore da Bruxelles.

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