I punti chiave
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L’ultima delusione è arrivata dal decreto Pa, che nel testo esaminato giovedì 6 aprile dal consiglio dei ministri ha escluso per l’ennesima volta l’allargamento degli spazi per le assunzioni con l’eliminazione dei costi dei rinnovi contrattuali dai calcoli sui tetti di spesa. La penultima era maturata mercoledì al Senato, dove era stato respinto dopo un negoziato tecnico con il Mef l’emendamento per semplificare la gestione di Regis, la piattaforma telematica da cui passano i controlli e quindi i fondi di ogni intervento del Pnrr.
La reazione dei sindaci
Dopo settimane complicate, passate a respingere gli attacchi di chi li ha additati come responsabili dei ritardi nell’attuazione finanziaria del Piano anche se la Corte dei conti aveva dedicato a loro uno dei pochi passaggi positivi della relazione semestrale al Parlamento sul Pnrr, i sindaci hanno deciso di reagire. E di mettere nero su bianco quel che per loro non va nella macchina ministeriale che gestisce il Recovery italiano.
La lettera
«I Comuni e le Città Metropolitane hanno fin qui fatto pienamente il loro dovere», si legge nella lettera che il presidente dell’Anci Antonio Decaro ha indirizzato ieri pomeriggio al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, al suo collega Raffaele Fitto che ha la delega al Pnrr e al ragioniere generale dello Stato Biagio Mazzotta, ma ci sono «inadeguatezze e le lacune del sistema complessivo di controllo, di monitoraggio e di erogazione dei fondi» da rilevare perché «incidono fortemente sulla spedita attuazione del Piano». Inadeguatezze e lacune che possono diventare esplosive proprio ora, nella «attuale fase di apertura dei cantieri che si sta avviando» dal momento che fin qui il Pnrr dei Comuni è stato fatto soprattutto di bandi per la selezione e graduatorie per la definizione dei progetti da finanziare (e anche per questo non esiste al momento un ritardo dei Comuni nella spesa effettiva dei fondi comunitari).
Sotto la lente degli amministratori locali il «Regis»
Le obiezioni degli amministratori locali puntano dritto al cuore della macchina del Pnrr, a quel «Regis» realizzato e gestito dalla Ragioneria generale per censire ogni singolo progetto, monitorarne le fasi di avanzamento e su questa base riconoscere le anticipazioni e i finanziamenti per realizzarlo.
A sentire i Comuni, che in termini numerici sono l’amplissima maggioranza dei soggetti attuatori del Pnrr, la piattaforma telematica e le regole che la guidano sono uno degli ostacoli principali sulla strada della spesa effettiva. E le responsabilità sono da individuare nei ministeri.
«Ancora oggi - scrive Decaro nel primo dei nove punti critici messi in fila dalla lettera di ieri - manca la predisposizione da parte di molte amministrazioni centrali titolari di Misure Pnrr dei Manuali operativi per l’inserimento dei dati nel Sistema informativo Regis». Per capire bene il peso della questione bisogna ricordare che in genere i Comuni sono gli «attuatori» di progetti di cui i ministeri sono «titolari», con una divisione dei ruoli che già ha complicato molto le regole del Piano.
Proprio da qui discende la seconda critica dei sindaci: nasce dal fatto che a caricare i Codici unici del progetto (Cup), cioè l’identikit di ogni misura del Piano, sono i «titolari» ma « il caricamento dei codici di progetto (Cup) da parte dei ministeri risulta ancora non completato, e questa informazione è necessaria per accedere al sistema da parte dei soggetti attuatori».
Difficoltà per accedere alla piattaforma
La stessa architettura informatica della piattaforma sembra zoppicare, se dai Comuni piovono segnalazioni di «persistenti difficoltà di mero accesso a Regis (funzionalità delle credenziali) e di navigazione e inserimento dati», che «costituiscono un grave ostacolo all’intero circuito di attuazione del Pnrr», mentre «le ripetute modifiche delle pagine di compilazione dei dati disorientano gli operatori qualificati» ed «emergono errori che bloccano l’attività».
Ma non basterebbe una società di software a spianare la strada all’attuazione del Piano. Perché i sindaci, già alle prese con il rischio di buchi di liquidità dal momento che gli anticipi dal Mef agli attuatori arrivano al 10% del valore dell’opera mentre le imprese in base al Codice appalti possono chiedere agli enti committenti fino al 30%, sottolineano il «mancato rispetto dei tempi per i pagamenti ai soggetti attuatori fin dalle anticipazioni iniziali», che in base alla circolare 29/2022 della Rgs sarebbero dovuti arrivare al massimo in sette giorni dall’inserimento dei dati nel Regis. Va ancora peggio al piano delle «piccole opere», inserite ex post nel Pnrr ma già realizzate per circa 1,5 miliardi fra 2020 e 2021, che per il suo calendario particolare manda in fuorigioco un sistema troppo rigido.
La richiesta
Per cambiare passo, i sindaci chiedono al governo di dare 15 giorni di tempo ai ministeri per completare l’inserimento in Regis dei dati sui progetti degli attuatori, e 30 giorni per pubblicare su Italia Domani i manuali operativi e al Mef per attuare le norme sull’accesso, anche diretto, degli attuatori alle anticipazioni dei fondi: esattamente il contenuto dell’emendamento che mercoledì non è riuscito a farsi largo in Senato fra i correttivi al decreto Pnrr-3.
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