Regole più stringenti per l’export di prodotti cosmetici negli Usa
La Fda ha approvato il “Mocra: Modernization of cosmetics regulation act”, legge che entrerà in vigore nel 2024 e che pone numerosi vincoli per garantire la sicurezza dei cosmetici
di Marika Gervasio
I punti chiave
3' di lettura
Obbligo di registrazione degli stabilimenti e dei prodotti, nomina di un responsabile, adeguamento alle buone pratiche di fabbricazione, segnalazione di gravi reazioni avverse subite dai consumatori, conservazione dei registri e delle prove di sicurezza: cambiano le regole per l’esportazione di cosmetici negli Stati Uniti, il secondo mercato a livello globale con 82,4 miliardi di euro dopo l’Europa (88,3 miliardi di euro) e prima area di sbocco per le aziende del beauty italiane, con una quota del 12,5% del totale per un valore di oltre 730 milioni di euro, in crescita del 38,7%.
Il Mocra
La Food and Drug Administration (Fda) ha infatti approvato il “Mocra: Modernization of cosmetics regulation act”, legge che entrerà in vigore a partire dal 2024 e che pone regole più restrittive per garantire la sicurezza dei cosmetici equiparandoli agli altri prodotti di consumo regolamentati dall’ente governativo americano.
«È necessario mettersi subito in moto per ottemperare a quanto stabilito dalle nuove regole – raccomanda Lucio Miranda, presidente di ExportUsa, società di consulenza specializzata nell’offrire i servizi necessari per avviare il proprio business negli Stati Uniti –. Qualora le imprese italiane non si conformassero al Mocra, il rischio è che la merce venga bloccata dalle autorità competenti». Anche gli importatori dovranno essere registrati presso l’Fda, che però «al momento non ha ancora dato accesso all’ambiente di registrazione – prosegue Miranda –. Se dovesse emergere che, in sede di registrazione, l’importatore deve inserire anche l’elenco dei prodotti da importare, di fatto il produttore sarebbe costretto ad appoggiarsi, in primis, a un importatore registrato e, successivamente, che abbia accettato di registrare i prodotti da importare. È una situazione che, dal punto di vista commerciale, imbriglia l’attività di vendita creando una dipendenza dall’importatore. Per le aziende che già esportano negli Stati Uniti consigliamo, se non lo hanno ancora fatto, di aprire una loro società di diritto statunitense e di registrarla come importatore per assicurarsi la necessaria indipendenza e flessibilità operativa sul mercato americano».
La ricaduta
Una ricaduta importante, dunque, sulle aziende – circa 1.500 quelle italiane – sia a livello di organizzazione che di un possibile aumento dei costi operativi per adeguarsi alle nuove regole. «Certamente questa nuova normativa va nella direzione giusta, con l’obiettivo di garantire una maggiore tutela dei consumatori e di informarli in modo più puntuale e trasparente sulla presenza di allergeni – commenta Davide Bollati, presidente del Gruppo Davines. che realizza il 30% del fatturato negli States, suo primo mercato –. Oltre che predisporre un portale dedicato per la registrazione l’Fda dovrà promulgare entro il prossimo dicembre regolamenti di Good Manufacturing Practice, ossia gli standard produttivi che le aziende saranno tenute a rispettare. A oggi molti punti della normativa non sono ancora stati chiariti, è quindi difficile prevederne l’impatto e il conseguente adeguamento.
La scadenza di fine anno prevista per notificare i prodotti esportati in Usa è molto vicina, ma il portale non è ancora attivo e non si hanno informazioni riguardo la sua attivazione. Stiamo parlando di circa 800 prodotti da notificare tra i nostri due marchi Davines e Comfort Zone – prosegue Bollati –. I requisiti in termini di etichette potrebbero portarci a revisionare anche buona parte delle nostre. A questo si unisce la potenziale difficoltà di avere un’etichetta “internazionale”. Siamo comunque già ben strutturati nel rispetto di elevati standard di produzione e qualità: potrebbero però esserci dei costi per eventuali consulenze esterne o personale interno per supportare il lavoro di adeguamento o per le nuove etichette e i relativi codici».
Dello stesso parere è Angelo Silvestri, quality assurance, compliance & tech transfer global vice president di Intercos, produttore di cosmetici conto terzi: «La nuova legislazione porterà sicuramente a un aumento dei costi operativi perché richiede l’implementazione di nuovi processi, la creazione di competenze sempre più specializzate e, in alcuni casi, investimenti per il miglioramento di impianti e strutture. Stiamo assistendo a una maggior domanda da parte dei consumatori di prodotti sempre meno conservati, per i quali i nuovi standard sono elemento importante di garanzia della qualità del prodotto e di sicurezza del consumatore. Ci siamo mossi celermente per adeguare il nostro quality management system – conclude Silvestri –. Questo ci permetterà di essere pronti alla registrazione di tutti i siti del gruppo attraverso un’agenzia autorizzata americana già nominata, nonché di poter fornire a tutti i nostri clienti la documentazione necessaria per procedere alla registrazione dei prodotti. Abbiamo adeguato i nostri processi per garantire un supporto strutturato di valutazione del rischio, di gestione di adverse reactions e di product recall».
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