Remote working: la possibile evoluzione «smart» post Covid-19
La remotizzazione del lavoro sarà una delle poche possibilità per superare la crisi economica, ma serve un cambio di passo per aziende e dipendenti
di Michele Patella *
4' di lettura
Con la crisi economica mondiale alle porte, la remotizzazione diffusa del lavoro sarà forse una delle poche possibilità per uscirne, ma necessiterà di un cambio totale di paradigma per le aziende e i dipendenti. Una delle conseguenze indotte dalla pandemia è stata la scoperta diffusa della possibilità di lavorare da remoto in maniera massiva. Scoperta per lo meno in Italia, dato che in Norvegia già nel 2018 più del 36% dei dipendenti utilizzava regolarmente lo Smart working contro un 10% italiano (Eurostat 2018).
Secondo una recente indagine (Osservatori.net Polimi 2019), il 40% degli Smart worker identifica il principale beneficio del lavorare a casa in un maggior equilibrio nella sfera personale: stiamo scoprendo che la vita privata e quella lavorativa possono convivere in modo sorprendentemente naturale. Inoltre, il 37% vede nella maggiore autonomia nello svolgimento del lavoro un altro vantaggio. Sicuramente ne beneficia la gestione del tempo, grazie anche all’eliminazione dei tempi non “direttamente” collegati all’espletamento del lavoro, come quelli di trasferimento o le pause e le attese, che portano ad un incremento stimato di produttività del 15%.
Oltre a questo, le aziende godono anche di una importante riduzione di molti costi, come quelli di mensa, illuminazione, energia, pulizia, per un risparmio stimato del 30% sui costi di gestione. Lavorare da casa quindi si può. Lavorare tutti (o quasi) sembra possibile per un periodo di tempo limitato. D’altra parte il Remote working applicato a una larga fetta dei dipendenti sarà, per molte imprese, l’unica possibilità per riaprire i cancelli e cercare di ripartire. Ma allora perché non sempre?
Chi saprà cogliere l’opportunità, investendo nel cambiamento e non considerandolo solo un obbligo normativo e/o un taglio di costi, potrà uscirne addirittura rafforzato. Non stiamo parlando di soli investimenti in tecnologia, ma di modifiche sostanziali delle modalità di lavoro, un cambio radicale di paradigma, abilitato da alcuni fattori metodologici. Sarà fondamentale ad esempio dotarsi di processi chiari e condivisi in modo che tutti sappiano cosa fare, come farlo nei tempi richiesti. Un processo condiviso dona certezza e la certezza agevola la fiducia.
Per le attività più progettuali sarà fondamentale l'utilizzo di metodologie Agile, come lo Scrum, in modo che ogni persona abbia un ruolo e un backlog di lavoro chiaro e ogni team un obiettivo e una pianificazione comune e condivisa. Tutte le attività con i loro processi e metodi, saranno sempre più connesse e tutto dovrà essere inviato, tracciato, reportizzato e controllato. Le attività di Business intelligence, oggi delegate a monitorare il rapporto tra Azienda e Clienti/Fornitori con KPI dedicati, giocheranno un ruolo centrale.
In futuro ci sarà una miriade di fornitori e clienti interni: i dipendenti. Milioni di scambi da trasformare in nuovi KPI e processi di monitoring e revisione continua. Saranno richieste nuove competenze e sarà vincente chi farà dell’attività in team e della condivisione un punto di eccellenza. I manager dovranno essere orientati a guidare processi e KPI e agevolare le interconnessioni. La vera sfida sarà quindi la gestione delle risorse umane: bisognerà investire in formazione, coaching dei responsabili e soprattutto sulla motivazione dei dipendenti.
Il 35% degli Smart worker identifica, infatti, come principale criticità legata al lavoro da casa un calo di motivazione e sarà più difficile per i dipartimenti HR lavorare sul clima aziendale, coinvolgere i dipendenti nelle strategie aziendali, stimolare e verificare a distanza comportamenti virtuosi (o viziosi). In una situazione di Remote working massivo e stabile le persone potrebbero sentirsi completamente autonome, quasi delle micro-aziende rispetto alle aziende-madri, provare un senso di distacco e non percepire differenze tra il lavorare (da remoto) per un’azienda piuttosto che per un’altra.
Incentivi “convenzionali”, di tipo monetario o benefit potrebbero non essere sufficientemente differenzianti. Inoltre, la più elevata proceduralizzazione e formalizzazione del lavoro, potrebbe peggiorare questa percezione se introdotta con modalità non idonee.
In questo contesto un possibile cambio radicale nel concetto di incentivazione e gestione delle risorse potrebbe essere portato da una utilizzo più esteso e radicale dei concetti di Enterprise gamification e Social network aziendali. Alcune grandi multinazionali come Samsung, Microsoft, SAP o McDonald’s utilizzano oggi la gamification per incentivare la motivazione e l’engagement dei loro dipendenti.
Piattaforme Social aziendali come Yammer o Facebook Work Place sono sempre più diffuse, ma rimangono però esperimenti mirati e sempre una “sovra” struttura esterna e separata dai tool di lavoro “aziendali”. L’accelerazione del Remote working e l’interconnessione costante delle persone in una modalità di lavoro condivisa e più social potrebbe allora portare questi concetti ad un nuovo livello: super piattaforme di lavoro condiviso costruite sui processi aziendali ed organizzate come social network, dove interagire con colleghi e team, fare avanzare le attività, dare “like” e commenti, segnalare problemi, proporre migliorie, accumulando punti, “badge” ed uno “status” social indipendente dal livello aziendale.
Sono solo alcuni esempi, ma sufficienti per comprendere che siamo davanti a un possibile cambio epocale della modalità di intendere il lavoro. Sarà necessario ridisegnare i processi e le modalità di interazione dei dipendenti, le loro competenze e la concezione stessa del rapporto tra dipendente e azienda, e bisognerà farlo con pochi benchmark e tante incognite. Quello che è sicuro è che, come sempre in caso di cambiamenti radicali, chi saprà effettuarlo per primo e meglio otterrà un vantaggio competitivo rilevante.
* Strategic Management Partner
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