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I matrimoni dopo 20 anni hanno bisogno di nuovi stimoli e obiettivi per ricalibrare i ruoli e colmare contrasti che potrebbero portare a divorzi e separazioni traumatiche. Non fanno eccezione i sodalizi tra le aziende, come quello che dura da un ventennio tra Renault e Nissan.
L’Alleanza, fondata nel marzo del 1999, si sta destabilizzando diventando in alcuni momenti disfunzionale, ma non è detto che si arrivi a un divorzio. Tuttavia un cambiamento è necessario per preservare un’entità automobilistica che è al terzo posto nel mondo nella classifica dei costruttori, poco sotto Volkswagen e Toyota, in una sfida a tre per la prima posizione con distacchi esigui (Vw a quota 10,830 milioni di auto, Toyota a 10,520 e Renault-Nissan-Mitsubishi a 10,360 milioni).
La Renault Nissan Alliance, nata quando la casa giapponese era in forte difficoltà, deve ora gestire due traumi: la fine drammatica dell’era Carlos Ghosn , con l’arresto in Giappone del suo creatore e sovrano, il tentativo di nozze tra la Regie ed Fca (finora fallimentare, ma nulla pare definitivo) e l’ipotesi di ménage a trois. E il tutto avviene in un contesto in cui l’automobile sta mutando tecnologicamente come mai era avvenuto negli ultimi 50 anni e la geografia della sua industria è sottoposta a forze tettoniche mai viste prima con la tendenza a formare aggregazioni tattiche e strategiche per fronteggiare la trasformazione in corso (elettrificazione e guida automatizzata in primis) ma anche la demotorizzazione nei paesi più sviluppati e la forte crescita nei mercati sino-asiatici.
Renault e Nissan-Mitsubishi stanno ora ridefinendo le regole del loro gioco. In 20 anni sono cambiati i rapporti di forza, e sono entrati nuovi membri (Mitsubishi, ad esempio) in una compagine che comprende marchi come Dacia, cresciuti moltissimo e diventati attori di livello importante nel panorama europeo, che resta il territorio d’elezione di Renault, nonostante la presenza della coreana Samsung Motors (che produce veicoli come Renault Koleos), mentre Nissan (che governa ”Mitsu”, Infiniti e Datsun) ha una copertura globale.
In questa complessa architettura, composta da partecipazioni incrociate, la governance del post Ghosn è un elemento di contrasto tettonico tra la “placca” europea e quella asiatica. Tuttavia è difficile che si arrivi a un divorzio e, anche se una fusione non vi è mai stata, Nissan e Renault sono troppo legate l’una all’altra per staccarsi senza generare un cataclisma nell’industria.
Un esempio? I modelli dei due gruppi che compongono l’alleanza sono costruiti su una piattaforma modulare che, battezzata Common Module Family (Cmf) e presentata nel 2013, è capace di ridurre fino al 40% i costi di sviluppo e del 30% quelli per l’acquisto dei componenti, facilitando anche l’introduzione di tecnologie di nuova generazione su ampia scala (elettrificazione).
Ma non solo: ci sono fabbriche miste come quella di Flins, in Francia che produce la Renaul Clio e la Nissan Micra. È solo un esempio, ma i due gruppi sono integrati dalla base, fin dalle architetture meccaniche ed elettroniche. E sono decine i modelli “allineati”: dalla madre di tutte le suv/crossover, alias Nissan Qashqai , alla cugina Renault Kadjar . E non mancano veicoli commerciali.
Per non palare dei piani di ricerca e sviluppo sull’elettrico, dove Renault e Nissan hanno allineato tecnologie e insieme sono i leader delle vetture alla spina ( Renault Zoe e Nissan Leaf dominano il mercato delle elettriche). Inoltre l’alleanza ha anche concepito tecnologie da usare su tutti i brand, che spaziano dalla guida assistita ai motori a benzina di nuova generazione fino alle vetture elettrificate con extended range (e-power). I piani di sviluppo per gli anni a venire (che comprendono anche futuristici, e a tratti impobabili, robot taxi) non possono essere eseguiti senza la presenza congiunta delle due case madri. In questi giorni l’Alleanza ha inaugurato una nuova struttura per il laboratorio di innovazione congiunto a Tel Aviv.
Una «Nissanexit» o una «Renexit» avrebbero conseguenze disastrose con un aumento dei costi enorme per la perdita di sinergie ormai indispensabili. E non va dimenticato che quando le case divorziano, come avvenuto tra Daimler e Chrysler o tra Fiat e GM, gli strascichi restano per anni anche sotto forma di modelli e piattaforme sviluppati congiuntamente che poi restano orfani dei loro creatori. E un esempio recente è la parnership tra Renault-Nissan e Daimler che ha visto la condivisione di motori (come il 1.5 litri diesel che abita anche i cofani delle Mercedes compatte come la Classe A o la Classe B ) e lo sviluppo di vetture gemelle come Twingo e Smart, brand tedesco diventato ora per metà cinese (ne ha comprato il 50% Geely) e votato alla sola produzione di citycar elettriche.
Inoltre, separarsi sarebbe antistorico in un momento in cui l’industria dell’auto subisce forze centripete verso le aggregazioni multigruppo con l’obiettivo di creare sinergie ed alleanze al fine di ridurre i costi, come nel caso recentissimo del patto per le elettriche tra Jaguar Land Rover e Bmw , o tra la stessa Bmw e i rivali di Daimler o tra Ford e Volkswagen . Le alleanze restano necessarie a prescindere dai rapporti finanziari tra i partner. Forse la partita tra Fca, Renault e l’Alleanza non è del tutto chiusa. anche perché il gruppo italo-americano ha veramente bisogno di un compagno di strada.
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