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Renault rivede le stime per il 2019. Le nuove regole costano caro

I ricavi dovrebbero calare tra il 3 e il 4 per cento mentre la guidance precedente era per una conferma sui livelli dello scorso anno a perimetro e cambi costanti

di Alberto Annicchiarico

Il nuovo ceo ad interim di Renaul, Clotilde Delbos (Ap)

2' di lettura

Anche Renaultha abbassato le stime per il 2019. La causa: un «ambiente economico meno favorevole delle attese e a fronte di un quadro regolatorio che richiede costi sempre maggiori». I ricavi dovrebbero calare tra il 3 e il 4 per cento mentre la guidance precedente era per una conferma sui livelli dello scorso anno a perimetro e cambi costanti. Il margine operativo lordo del gruppo dovrebbe essere attorno al 5% contro il 6% indicato in precedenza.

Il free cash flow delle attività legate all'automotive dovrebbe essere positivo nel secondo semestre ma non è garantito lo stesso risultato per l'intero anno. La guidance precedente era per un free cash flow positivo per l'intero 2019. Il comunicato indica inoltre che il nuovo team di manager sta rivalutando i target del piano di medio periodo “Drive the Future”.

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Nel terzo trimestre, i ricavi del gruppo (che meno di una settimana fa ha vissuto un terremoto al vertice, con il siluramento del ceo Thierry Bolloré, sostituito da Clotilde Delbos) sono stati pari a 11,3 miliardi di euro in calo dell'1,6% rispetto agli 11,5 miliardi di un anno fa. I ricavi dell'automotive escludendo Avtovaz hanno totalizzato quota 9,7 miliardi, in calo del 3,9% rispetto a un anno fa.

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Renault non è certo la prima grande casa automobilista a dovere rivedere le stime. È già successo, quest’anno, a Daimler e a Bmw. A inizio 2019 anche Fiat Chrysler ha rivisto al ribasso le previsioni. Che succede? Tutti i costruttori sono alle prese con una storica transizione dal motore a combustione ai propulsori ibridi ed elettrici a emissioni zero (che non inquinano l’aria ma che non sono, secondo qualche studio, meno inquinanti degli altri, beninteso, nell’intero ciclo di vita). Centinaia di miliardi di dollari in vestiti nello sviluppo dei veicoli a batteria fortemente voluti dai governi europei (ma anche in Cina) per abbattere le emissioni di CO2 (che innesca l'effetto serra) e ossidi di azoto che avvelenano l’aria delle nostre aree urbane mettendo a repentaglio la salute che ci vive stanno singendo le cause automobilistiche ad attraversare il «deserto dei profitti» evocato da Alix Partners.

PER APPROFONDIRE / Transizione e investimenti: l'auto nel deserto dei margini

Un altro gigante della consulenza strategica, McKinsey, ha parlato di «tempesta perfetta« che si prospetta per l'industria automobilistica, sempre a causa della montagna di investimenti che sta prosciugando i profitti. Il 6.3% di Ebit (pari a 120 miliardi di dollari) prodotto dai costruttori nel 2018 già quest'anno è un miraggio, come pure il 7.1% (55 miliardi) lo è per i loro fornitori, e i prossimi saranno peggio». Certo, c’è anche lo sviluppo dell’auto a guida autonoma, ma sono soprattutto le multe miliardarie minacciate dalla Commissione europea a partire dal 20121 il problema.

Per evitare le multe in arrivo i clienti europei nel 2021 dovrebbero acquistare 2,2 milioni di auto elettriche e ibride plug-in. Il che equivale a 11 volte quanto hanno acquistato lo scorso anno. Andrà così? Molto probabilmente no. E allora vedremo se a Bruxelles decideranno di uccidere davvero l’industria tecnologicamente e industrialmente più avanzata del continente.

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