Renzi lascia il Pd: «È ora di costruire una casa nuova». Si chiamerà Italia Viva
Spiega l’ex premier: «Dopo sette anni di fuoco amico penso si debba prendere atto che i nostri valori, le nostre idee, i nostri sogni non possono essere tutti i giorni oggetto di litigi interni».
di Emilia Patta
3' di lettura
Ieri sera una telefonata al premier Giuseppe Conte, oltre che ai presidenti delle Camere, per preannunciargli la nascita di nuovi gruppi parlamentari con la rassicurazione che il sostegno al governo non verrà meno e che anzi l’operazione mira ad allargare le basi della maggioranza.
Oggi la doppietta mediatica: l’intervista a Repubblica e in serata la partecipazione televisiva a Porta a porta, dove ha annunciato che la sua nuova formazione politica si chiamerà «Italia Viva» e potrà contare su «più di 40 parlamentari, 25 deputati, 15 senatori e un sottosegretario».
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Matteo Renzi, come anticipato dal Sole 24 Ore del 14 settembre, ha deciso. «Se lo avessi fatto tra sei mesi tutti lo avrebbero letto come una minaccia al prosieguo della legislatura - spiega l’ex premier ed ex segretario del Pd -. Fatto ora che il governo sta partendo serve a fare chiarezza, in tutta sicurezza».
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In un post su Facebook spiega: «Ho deciso di lasciare il Pd e di costruire insieme ad altri una Casa nuova per fare politica in modo diverso. Dopo sette anni di fuoco amico penso si debba prendere atto che i nostri valori, le nostre idee, i nostri sogni non possono essere tutti i giorni oggetto di litigi interni. La vittoria che abbiamo ottenuto in Parlamento contro il populismo e Salvini è stata importante per salvare l'Italia, ma non basta. Adesso si tratta di costruire una Casa giovane, innovativa, femminista, dove si lancino idee e proposte per l'Italia e per la nostra Europa».
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Alla Leopolda, spiega a Repubblica, sarà presentato il simbolo: il primo impegno elettorale le Politiche, «sperando che siano nel 2023», e le Europee 2024.
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A nulla sono serviti dunque gli appelli susseguitisi nelle ultime ore, dal segretario Nicola Zingaretti - che in un tweet ha scritto «Ci dispiace. Un errore. Ma ora pensiamo al futuro degli italiani...» - all’ex premier Enrico Letta fino ai compagni di viaggio dello stesso Renzi riuniti nella corrente Base riformista di Lorenzo Guerini e Luca Lotti. A seguire Renzi, nei prossimi giorni, una ventina di deputati e dieci senatori, giusto il numero per formare nuovi gruppi.
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Anche in Senato: perché è vero che i regolamenti di Palazzo Madama impediscono la nascita di nuovi gruppi che non abbiano rappresentanti eletti con liste presentate alle ultime elezioni politiche, ma la presenza tra i dieci di Riccardo Nencini, eletto con la lista Insieme, permette di aggirare la regola (gli altri, oltre allo stesso Renzi, sono Bonifazi, la ministra dell’Agricoltura Bellanova, Faraone, Comincini, Ginetti, Marino, Cerno, Grimani). Capogruppo alla Camera dovrebbe essere Marattin, al Senato Faraone. Al governo il partito di Renzi sarà rappresentato da due ministre (Teresa Bellanova e Elena Bonetti), una vice (Anna Ascani) e un sottosegretario (Ivan Scalfarotto).
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Una strada tracciata ormai da tempo, agli occhi di Renzi, e concretizzatasi politicamente con le scelte per la segreteria effettuate prima dell’estate da Zingaretti: le nomine di un dirigente che votò No al referendum del 2016 come Andrea Giorgis alle riforme e di un oppositore del Jobs act come Giuseppe Provenzano al lavoro sono per Renzi la prova che la stagione riformista del suo governo non viene semplicemente superata, ma proprio cancellata. E il probabile rientro dei fuoriusciti Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema ne è una riprova.
«Scelte legittime, per carità, ma che spostano il Pd tutto a sinistra - è il ragionamento di Renzi, che non vede di buon occhio neanche il progetto di alleanze strutturali sul territorio tra Pd e M5s -. Serve un nuovo contenitore per presidiare il campo riformista e per attrarre i tanti moderati senza casa». Nelle prossime settimane ai gruppi si uniranno anche alcuni eletti in Fi, e il dialogo con una “big” azzurra come Mara Carfagna non è un mistero. Intanto va puntellato il mondo produttivo del Nord-Est, dove Renzi e Marattin faranno un tour nelle prossime settimane. La suggestione è sempre quella del “partito del Pil”, del “partito pro business”: battesimo ufficiale alla Leopolda del 18-20 ottobre.
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