Report Censis-Confcommercio: «Fiducia ai massimi, ma l’incertezza frena i consumi»
Una contraddizione «pericolosa» secondo gli autori dell’indagine, che rischia di rallentare la ripresa, in assenza di interventi urgenti, come riforme fiscali e investimenti
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Che l’economia non sia una scienza esatta è cosa nota. Ma a rendere più che mai complesso il lavoro degli economisti, le loro previsioni e le loro analisi, si mette l’incertezza dei tempi che stiamo vivendo, che creano fenomeni contraddittori di difficile lettura e per certi versi, preoccupanti. Come il dato che emerge dal rapporto annuale Confcommercio-Censis sulla fiducia e i consumi delle famiglie – due indici macroeconomici che, tendenzialmente, viaggiano in una relazione di proporzionalità diretta: all’aumentare della prima dovrebbero aumentare anche i secondi.
E invece no, avverte il report: la fiducia degli italiani è ai massimi storici, eppure le intenzioni di acquisto nel 2023 sono inferiori non solo rispetto al 2022, ma addirittura rispetto al 2019. «Una contraddizione pericolosa», osserva Mariano Bella, direttore del Centro studi di Confcommercio. La ragione di questa dinamica è duplice: «Le famiglie ammettono che le cose sarebbero potute essere peggiori di quanto non siano, e dunque tirano un sospiro di sollievo – spiega Bella –: l’occupazione è ai massimi, i sostegni pubblici hanno funzionato nella ripresa dalla pandemia, i consumi, grazie a turismo, spettacoli e cultura, attirano e danno soddisfazione».
Il nodo inflazione
Al tempo stesso, tuttavia, c’è la percezione che «l’inflazione non è domata e che gli aiuti pubblici si stiano riducendo», aggiunge Bella. Inoltre, il potere d’acquisto dei redditi e i risparmi si stanno riducendo, perciò gli italiani «sentono la necessità di risparmiare, per tutelarsi nel caso in cui le cose non dovessero migliorare rapidamente, per fare fronte al contesto d’incertezza. Maggiore risparmio significa minori prospettive e intenzioni di spesa».
Senza interventi rapidi, il rischio è di rallentare la ripresa, commenta il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli: «È fondamentale accelerare le riforme, in particolare quella fiscale, e utilizzare al meglio le risorse del Pnrr», dice.
Reddito inferiore al 1995 in termini reali
«Nel 2022, a prezzi costanti, non abbiamo recuperato né il reddito disponibile pro capite del 2019 né, tantomeno, quello del 2007, cioè il massimo. Siamo addirittura sotto di 150 euro in termini reali rispetto al 1995, cioè quasi trent’anni fa», dice inoltre Mariano Bella. Trent’anni di bassa crescita «si riflettono nelle nostre tasche e nei temi di disagio sociale e crescita della povertà assoluta», aggiunge. Collegato al tema sicurezza del posto del lavoro, l’impoverimento del reddito reale determina anche “un atteggiamento di scarsa propensione a fare figli.
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