Residenze, il «green» fa lievitare il prezzo del 30%
Agustin Pizà, uno dei più famosi architetti specializzati in campi da golf, svela i costi dei green courses, i loro moltiplicatori di reddito e dice che l’Italia può diventare una meta golfistica ma non ha le infrastruttura
di Evelina Marchesini
8' di lettura
L’inserimento di un campo da golf in uno sviluppo immobiliare, residenziale o turistico, è un moltiplicatore di redditività e uno strumento di marketing che accelera notevolmente i tempi di vendita. Ma è anche un importante elemento di eco-sostenibilità per l’intera comunità. Più in generale, una buona infrastruttura golfistica è in grado di assicurare a un Paese o una località un flusso di viaggiatori high-spending non legati alla stagionalità. Ce lo racconta Agustin Pizà, uno degli architetti specializzati nello sviluppo di campi da golf più famosi al mondo. Con un master degree in Golf course architecture alla Edinburgh University, 22 anni di esperienza nel settore, il suo studio Pizà Golf (www.pizagolf.com) ha collaborato con leggende come Gary Player, Jack Nicklaus, Tom Fazio, Fred Couples, Robert von Hagge e ha ricevuto, tra i vari riconoscimenti, il premio Best Golf Resort Architecture Specialists by Build Architecture Awards 2019 e ottenuto il primo posto nei Globale Future Awards 2019. <
«Il Golf è l’unica opera d’arte su cui si può giocare», ama ripetere.
La passione per i green courses cresce in tutto il mondo e il Post-Covid ne evidenzia le qualità di attività all’aria aperta e senza difficoltà nel mantenere le distanze. Ma da un punto di vista economico la previsione di un campo da golf in un progetto real estate ha un impatto davvero positivo? E in che tipo di sviluppo, residenziale o alberghiero?
La risposta è sicuramente sì. L’impatto a livello di ritorno economico è decisamente maggiore nel caso di sviluppi residenziali di seconde case e di resort vacanze. Il ritorno è positivo anche nel caso di sviluppi residenziali ma solo se si tratta di gated community: in questo caso il campo da golf diventa l’elemento centrale attorno a cui costruire le residenze e la stessa comunità. Da questo punto di vista il campo da golf sicuramente fa in modo che le unità abitative si vendano molto più velocemente, solitamente già “sulla carta”. Le “golf residences” saranno infatti uno spazio delimitato intorno al campo da golf, con una recinzione o protezione, con sicurezza, privacy e così via.
E perché tutto questo?
Perché vivere in un posto così è “aspirazionale”. Secondo le statistiche, tra il 60 e l’80% di chi compra in una gated community con campo da golf lo fa perché vuole appartenere a uno specifico gruppo e molti nemmeno giocano a golf. In più, si possono segmentare molto di più le tipologie di residenze all’interno della community, a seconda per esempio del tipo di vista che hanno sul campo da golf, panoramica, longitudinale e così via. In sintesi, il campo da golf diventa uno strumento di vendita.
Uno strumento di marketing quindi?
C’è anche una ricaduta economica?
Strumento di marketing sicuramente, ma in più c’è un maggior valore delle residenze, a parità di condizioni, del 30% fin dal primo momento in cui si sviluppa il campo da golf. Mi spiego. Molti sviluppatori immobiliari disegnano i masterplan a partire dal campo da golf, iniziano lo sviluppo proprio da questo e fin da subito, prima di iniziare a costruire le residenze, le vendono al 30% in più rispetto a residenze simili ma senza il green course.
Quindi si recupera il costo del campo da golf, giusto?
Non solo si recupera, c’è un effetto esponenziale, a patto che le residenze siano abbastanza numerose.
Mi può dire quanto costa un campo da golf?
Certo. Anche se ci sono molte variabili, come può immaginare. La prima è il tipo di terreno, perché se parliamo di un terreno di roccia i costi si triplicano, per esempio. Facciamo il caso di un terreno normale. Posso dire che si devono investire a partire da 500mila dollari per “buca”. Cioè da 9 a 12 milioni di dollari a seconda che si tratti di un green a 18 o 24 buche. Questo è il punto di partenza per avere un buon campo da golf in grado di durare nel tempo senza mostruosi costi di mantenimento. Poi da lì si sale fino all’infinito, a seconda di campi “firmati”, con cascate, effetti speciali, buche tra canyon con ponti sospesi, come mi è capitato di progettare.
Quindi facciamo due conti…
Ipotizziamo uno sviluppo con mille residenze. Prendendo come punto di partenza i 9 milioni di dollari si tratta di un investimento aggiuntivo di 9mila dollari a residenza. Se ipotizziamo una dimensione media delle abitazioni anche solo di 150 metri quadrati, ma di solito in queste gated community le case sono ben più grandi, possiamo calcolare, in termini di costo del campo da golf, 60 dollari per ogni metro quadrato di casa. Se consideriamo residenze di 250 metri quadrati, l’incidenza del costo del green è di 36 dollari al metro. Tutto il resto è guadagno dello sviluppatore, oltre al fatto, citato prima, che le abitazioni si vendono molto più velocemente.
A questo però va aggiunto il costo del terreno che si destina al campo da golf…
Sì certo. Ma va considerato che il campo da golf è a tutti gli effetti uno spazio verde e come tale viene considerato nel masterplan e dalle normative sugli sviluppi, sia urbani sia vacazionali. Uno spazio per il verde andrebbe comunque contemplato anche se non ci fosse il campo da golf. Ogni progetto è un caso a sé, ma comunque si facciano i conti il valore aggiunto per gli sviluppatori è esponenziale. In tutti i sensi. E lo è anche per chi poi ci andrà a vivere.
Facciamo un altro calcolo. Poniamo di avere 3mila lotti di terreno da vendere, come mi è capitato. Ipotizzando di aggiungere 10mila dollari a ciascun lotto, stiamo parlando di 30 milioni di dollari e 10mila dollari per un lotto da costruire su un buon campo da golf non sono nulla per questa fascia di compratori. Ovvio che lo sviluppatore aggiungerà, oltre ai 10mila dollari per lotto di terreno ipotizzati, anche la corrispettiva parte di costo del terreno da destinare al golf e un proprio guadagno.
L’industria del golf ha fatto passi in avanti sul fronte dell’eco-sostenibilità. I green sono dunque davvero eco-compatibili?
La tendenza è proprio questa. I nuovi campi da golf sono sempre più naturali e per questo sono fatti per giocatori responsabili. L’eco-sostenibilità si gioca però a tre livelli: lo sviluppatore, gli architetti e gli stessi giocatori. Se i tre sono sulla stessa frequenza si possono creare anche grandi corridoi biologici con i campi da golf. In Messico, per esempio, il mio Paese, mi riferisco a progetti in cui il giocatore si possa immergere totalmente nella vegetazione locale, autentica, con la fauna locale che condivide la partita, iguane, sereques, scoiattoli e a volte persino scimmie che vivono nel campo da golf e vi trovano il proprio habitat. Perché questo avvenga ovviamente il green va disegnato in modo diverso. Gli animali hanno timore ad attraversare grandi spazi aperti senza protezioni e così gli creiamo macchie di vegetazione, tratti di erba alta etc… Qui interviene però la capacità di comprensione del giocatore. Se la palla mi finisce in questi spazi non mi devo arrabbiare con l’architetto che ha progettato il green, ma allenarmi di più.
E se non parliamo esattamente di grandi spazi in Messico?
Personalmente ho lavorato a lungo in Europa prima che in Messico e oggi progetto campi da golf in tutto il mondo. Teniamo presente questo: un progetto di campo di golf si sviluppa all’interno di una macchia urbana, dentro un masterplan, che si tratti di città o di località turistiche. Lo sviluppatore, per l’uso del suolo che ottiene, ha tutto il diritto in molti casi di edificare solo costruzioni e, anziché le 3mila case ipotizzate, progettarne 5mila, con un piccolo parco in un pezzo di terreno che gli è avanzato. Voglio dire che, se in un masterplan dove sarebbe possibile fare uno shopping mall, migliaia di posti auto, case etc.. si sceglie di fare meno case e un mall più sostenibile ma con un campo di golf, stiamo già facendo un grande passo nella direzione dell’eco-sostenibilità. Non solo del progetto, ma dell’intera località in cui si va a sviluppare. Ecco perché, comunque la si veda, la percezione che un campo da golf non sia ecologico è un errore, oggi più che mai. Ovvio, non sto parlando di fare un campo da golf nell’Amazzonia o in un parco naturale, ma in un’area con permessi di costruzione.
Tutto questo vale anche per i resort turistici?
Certo. Tutto quanto detto per i ritorni economici e l’eco-sostenibilità vale per gli sviluppi turistici, che possono essere di vario tipo. Un resort con migliaia di camere avrà un certo tipo di campo da golf, un hotel boutique ne avrà magari uno di 9 buche, un hotel di super lusso può puntare sul welness golf e così via. In ogni caso non si tratta di sviluppare un campo di golf come si può in base alle normative urbanistiche, ma come si deve.
Ha qualche dato a supporto?
Ecco. Un metro quadrato di campo da golf, o più in generale di verde sportivo, genera 24 ore di ossigeno per un essere umano. Questo stesso metro immagazzina più dell’80% di CO2. In più, ha in sé molta vita. Quando piove, alimenta il manto freatico. Serve come rompifuoco. A ciò aggiungiamo le qualità terapeutiche per l’essere umano: camminare, anche sul campo da golf, è un ottimo esercizio cardio-vascolare a qualsiasi età, per questo si dice che il golf è uno sport per la vita. In più, se lasciamo perdere gli stereotipi dei giocatori “sociali”, giocare da soli a golf è in sé una meditazione, oltre che un’immersione nella natura.
Aggiungo un altro dato: il golf è lo sport che genera più posti di lavoro.
Davvero?
Sì, tenendo conto dello sviluppo, costruzione, vendita, gestione è in assoluto lo sport che genera più posti di lavoro. E come industria, solo negli Stati Uniti, muove più di 80 miliardi di dollari.
Come si posiziona l’Italia dal punto di vista del golf?
Credo, in assoluto, che l’Italia, con le sue coste e il patrimonio paesaggistico, il clima e tutti i fattori che lei conosce meglio di me, si trova in una posizione di cui non sembra rendersi conto. E’ contornata dalla Francia meridionale e dalla Spagna, che del golf hanno fatto una bandiera per fomentare il turismo e gli investimenti immobiliari residenziali. Di fatto l’Italia ospiterà la Ryder Cup, che è l’evento più spettacolare del mondo del settore, nel 2022 (dal 30 settembre al 2 ottobre al Marco Simone Golf e country Club a Guidonia Montecelio, vicino a Roma, ndr) e stanno costruendo un nuovo campo da golf. Tutto il mondo del golf si girerà, in quel momento, a vedere l’Italia. E cosa vedrà? Che non ha un’infrastruttura golfistica al livello degli altri Paesi, anche vicini. Persino il Marocco sta facendo moltissimo da questo punto di vista. E il turismo che genera il golf è un turismo di alto livello, dove i viaggiatori non cercano le offerte o la convenienza ma l’esperienza unica. Il golf è uno strumento incredibile per alzare l’asticella del consumatore turistico. Ma l’Italia sembra non rendersene conto.
Perché questo?
Io non lo so, quello che so è che l’Italia ha tutte le caratteristiche per essere una meta golfistica di primissima qualità. Anche a livello di giocatori. Oggi avete un grande player, che dovreste utilizzare come ambasciatore dell’Italia golfistica nel mondo, ancor più di quello che è. Si tratta di Francesco Molinari.
Ha qualche suggerimento per fare in modo che il golf raggiunga il livello meritato in Italia?
Ho un sogno. Progettare un campo da golf con la Ferrari. O con un grande stilista italiano. Personalmente credo di più nella spettacolarità di fare un incredibile green con un nome come Ferrari o Armani che con un ex grande giocatore di golf! Mi immagino campi da golf che rispettino la filosofia dell’eccellenza artigianale del Made in Italy della più alta qualità introducendo un vero “italian style” nel golf.
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