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Un’area nel cuore del centro storico di Genova, capace di cambiare pelle grazie ad una rigenerazione sociale nata grazie all’impegno di associazioni e terzo settore. I Giardini Luzzati, nei vicoli di Genova e vicino ai palazzi aulici della città, «è lo spazio più grande a cielo aperto del centro storico» racconta Marco Montoli presidente dell’Associazione “Il Cesto” a cui è affidata la gestione dell’area. Negli anni Novanta l’area è stata riqualificata grazie alla presenza dell’Università di Architettura e ad una fermata della metro. «Si tratta di un’area che ha interrotto la fase di residenzializzazione generando una serie di contraddizioni» spiega Montoli. Da un lato i piani alti e terrazzi di pregio, sotto appartamenti in parte abitati dove vivono nuclei in condizioni spesso di disagio. Il centro storico di Genova è una città nella città dove 11 anni fa un’associazione di volontari avvia un progetto sui Giardini Luzzati e prende in gestione gli spazi, per anni rimasti abbandonati, non frequentati dagli abitanti della zona e teatro di una microcriminalità diffusa. «Abbiamo avviato una vera e propria sperimentazione – racconta Montoli – che ha trasformato un “non luogo” in uno degli spazi più frequentati a Genova, con un tentativo di aggregazione dei più giovani non legato al consumo di alcol ma alla fruizione culturale e musicale, amato dalle famiglie e oggi meta di turismo». Un’impronta sociale molto forte ma con una base economica solida, grazie alla gestione del bar dei Giardini Luzzati e al calendario di eventi culturali. «Fatturiamo un milione e mezzo di euro – racconta Montoli – e abbiamo un centinaio di dipendenti. Tutti i profitti generati vengono reinvestiti in attività culturali pubbliche e gratuite». All’inizio si comincia con una programmazione “minima”, ma ai Giardini Luzzati hanno suonato artisti come Manu Chao o Vinicio Capossela. «Abbiamo lavorato per rendere visitabile anche l’area archeologica presente nei Giardini, i resti di un anfiteatro romano, tra le testimonianze più importanti dell’intera città – aggiunge Montoli – e oggi è uno spazio di archeologia partecipata dove si realizzano spettacoli, dibattiti e concerti».
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