Immobili commerciali

Retail, la ripresa (già in atto) e la guerra spingono gli investimenti nelle città dell’Ovest

Secondo il report di Scenari Immobiliari, il 2021 si è chiuso in negativo sia in Europa (-10% a 33 miliardi) che in Italia (-9% a 1,32 miliardi). In controtendenza i retail park, gli alimentari e le high street

di Laura Cavestri

4' di lettura

«Un congelamento degli investimenti sul quadrante orientale e un riposizionamento nell’Europa dell’Ovest, concentrando l’attenzione sulle grandi città europee – Parigi, Londra, Milano, Francoforte». Alla presentazione – ieri a Milano – del Rapporto 2022 sul mercato immobiliare commerciale in Europa e in Italia, il presidente Mario Breglia non poteva – prima di illustrare il bilancio 2021 e le previsioni 2022 – non aprire partendo dalle prime reazioni degli operatori immobiliari di fronte all’imbarbarimento della guerra in Ucraina.

Lo spostamento del focus investimenti

«Il mercato europeo degli investimenti ha chiuso il 2021 con un volume totale di circa 400 miliardi di euro, in aumento del 28% rispetto al 2020 – ha aggiunto Breglia –. Circa due terzi dei capitali nel 2021 provenivano dall’Europa stessa. Per quanto riguarda la Russia, nel 2021 gli investimenti nell’immobiliare sono stati pari a 2,5 miliardi euro (al cambio del rublo datato 31 dicembre 2021, al cambio di oggi siamo ad un miliardo di euro in meno) con una crescita del 38% rispetto al 2020. Mentre in Ucraina sono stati di poco inferiore a 1 miliardo di euro, concentrati sulla grande distribuzione. Come effetto della guerra in atto – ha detto ancora Breglia – gli investitori internazionali hanno bloccato gli investimenti nei due Paesi e si stanno concentrando sulle grandi città europee. Al momento non sono previste riduzioni degli investimenti, mentre si teme un possibile incremento dei canoni di locazione per le zone migliori, sia nel settore commerciale che in quello degli uffici».

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LA CLASSIFICA

Investimenti immobiliari in Europa nel 2021. In miliardi di euro

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Il mercato commerciale in Europa

Il settore del commercio al dettaglio, insieme all’hotellerie, è stato sicuramente il più penalizzato dalla crisi sanitaria, con “fuga” degli investitori. Ma la situazione si dovrebbe invertire, almeno sul fronte degli investimenti, nel corso del 2022. Gli investimenti immobiliari per negozi e luoghi del commercio sono calati di circa il 10% in Europa con un minino storico di 33 miliardi di euro lo scorso anno. Nel 2022 si prevede una risalita complessiva del 12% a oltre 37 miliardi.

L'ANDAMENTO DEL COMMERCIALE

Investimenti immobiliari commerciali in europa

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Nel mercato immobiliare commerciale europeo la domanda ha privilegiato operazioni a minor rischio, i parchi commerciali e gli asset legati al settore alimentare e ha espresso minor interesse, almeno momentaneamente, per i centri commerciali, che tipicamente rappresentano una buona parte degli impieghi del settore, le high street e le vie principali dello shopping cittadino, così come le attività di sviluppo.
Sul fronte delle quotazioni, il 2021 si è concluso con il segno meno, come già accaduto nel 2020. I prezzi di vendita e i canoni di locazione dei negozi hanno subito nei principali Paesi europei un calo medio del 2,3%, che nel 2022 dovrebbe limitarsi a un -1 per cento. Il calo è dovuto alla crisi che ha colpito tutte le piccole attività commerciali delle grandi città posizionate fuori dalle principali arterie dello shopping locale e internazionale.

ANDAMENTO DEI PREZZI NOMINALI DEL SETTORE COMMERCIALE

Principali Paesi europei. Base: 2015=100

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Retail e commerciali in Italia

Il volume totale degli investimenti registrati nel 2021 – pari a 1,32 miliardi di euro, grazie al miliardo di euro raggiunto nel corso dell’ultimo quarto dell’anno grazie alla maxi operazione, da parte di Blackstone sul portafoglio da 14 asset trophy di Reale Compagnia Italiana – risulta inferiore del 9% rispetto al 2020 e di poco più del 30% rispetto al 2019. Il trend negativo c’era già ben prima della pandemia.
Tuttavia, per il 2022 gli investimenti nel nostro Paese dovrebbero risalire del 10,5% a oltre 1,46 miliardi di euro. Due diverse tipologie di investitori si sono affacciate cautamente sul mercato italiano nel corso del 2021: investitori core, alla ricerca delle rare location di pregio nelle principali high street nazionali o di grandi superfici commerciali e parchi commerciali caratterizzati da elevati livelli di resilienza rispetto alle restrizioni imposte per il contenimento della pandemia e investitori opportunistici, alla ricerca di gallerie commerciali con rendimenti a doppia cifra.

ANDAMENTO INVESTIMENTI IMMOBILIARI NEL COMMERCIALE ITALIANO
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Il mercato degli immobili ad uso commerciale nel corso del 2021 ha registrato un fatturato di 6,7 miliardi di euro di beni scambiati, derivanti da vendita o locazione, con un calo di poco inferiore al punto e mezzo percentuale rispetto al 2020. Gli investimenti, soprattutto nel secondo semestre, hanno subito un eccezionale incremento, grazie alla transazione miliardaria di Blackstone. Per il 70% quelli investiti sono stati capitali esteri.
Prezzi e canoni risultano ancora in contrazione seppur con dinamiche inferiori rispetto a quanto manifestato nel corso del 2020. Si stima che, per l’anno in corso, i trend di prezzi e canoni si manterranno in campo negativo con andamenti medi nazionali più contenuti
-2,3% i canoni e -1,2% i prezzi.

FATTURATO MERCATO IMMOBILIARE COMMERCIALE IN ITALIA
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Il parere degli operatori

«Consumi domestici (dall’e-commerce, alla palestra a casa sino al delivery) , spostamenti ridotti, acquisti più frequenti ma scontrini scontati, più casual e meno formale – ha spiegato Maddalena Panu (Savills Italy), – la pandemia ha accelerato driver già in atto». «Anche i centri commerciali si sono trasformati per adattarsi ai gusti e al cambio delle abitudini della clientela – ha aggiunto Corrado di Paolo (Svicom): più ristorazione diversificata, più eventi. più servizi (sanitari, professionali) e meno negozi. Eventi, intrattenimento, spazi di incontro (anche di studio ai tavolini dei restaurants nelle ore meno di punta) fanno rivivere il centro commerciale in modo diverso rispetto al passato». Anche i contratti sono cambiati, spiega Sabrina Capraro (Cbre): «Prima c’era molta stabilità, oggi si punta a contratti “flessibili di 1-3 anni e poi a un rinnovo più lungo». Ed il settore è uscito da una certa «“routine” contrattuale – ha aggiunto Alessandro Barzaghi (avvocato di Cocuzza & Associati) – per inserire clausole di maggiore tutela, più ampia flessibilità nella definizione di «use clause», introduzione, nei contratti, di clausole green ma anche valutazione preventiva reciproca tenant/landlord sotto il profilo della sostenibilità. Infine, il rallentamento della Pa (causa covid ma che si sta prolungando) e norme più rigide rispetto ad altri Paesi per le ristrutturazioni e i cambi di destinazione d’uso, rendono più incerti i tempi del rinnovo delle attività».

Infine, la pandemia ci ha fatto riscoprire il contesto urbano anche di prossimità, con tutto quello che serve per vivere il quotidiano, passando da spazi per il lavoro a strutture sanitarie, bar, ristoranti, scuole, negozi, spazi per lo sport, centri culturali e luoghi per la socialità. Al centro di queste nuove modalità stanno le secondary street, vie del commercio che attraggono un bacino di utenza prettamente locale e di massa, in forte evoluzione.

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