Rete unica

Rete Tim e Open Fiber alla prova dell'integrazione: i nodi tecnici

Differenze e sinergie tra i due network spiegate da esperti di telecomunicazioni, ingegneri e advisor

di Simona Rossitto

5' di lettura

Con il via libera a Fibercop, la società della rete secondaria (che va dalle centrali agli armadi di Tim), e la lettera di intenti Cdp-Tim, è partito il progetto per l'integrazione della rete dell'ex monopolista con quella di Open Fiber. Progetto che comporta, tra l'altro, diversi nodi tecnici da superare, varie soluzioni da valutare e adottare. La situazione, sottolineano gli esperti sentiti da DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e di Luiss Business School), si presenta diversa a seconda che si considerino le aree nere ad alta densità abitativa, le aree grigie, dove a oggi non c'è la fibra fino alla casa e dove c'è o ci sarà un solo operatore, e quelle bianche, a fallimento di mercato. Per Roberto Opilio, ex capo della rete di Tim e oggi director Italia e Sud Europa del Fondo Cebf, «le due reti non sono incompatibili, ma bisogna scegliere uno dei due modelli quando coesistono. E questo vuol dire che prima si fa la fusione e prima si possono avere le ottimizzazioni, più si va avanti con gli investimenti, più costosa e difficile diventa l'ottimizzazione».

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I diversi scenari nelle aree bianche, nere e grigie

Le due reti, dichiara Alfonso Fuggetta, professore del Politecnico di Milano, «non sono facilmente integrabili, ma possono essere complementari. Dove, cioè, ci sono già due reti, difficilmente queste ultime saranno integrate, ma si dovrà valorizzare l'ftth (fibra fino alla casa). Dove invece, tipo nelle aree bianche, Open Fiber dovrebbe ancora investire in fiber to the home, come vincitrice dei bandi, e Tim sta già andando con l'fttc (fibra fino all'armadio), probabilmente converrà investire direttamente sull'ftth. Nelle aree grigie invece, aree per i quali i bandi devono ancora essere fatti, si potrà lavorare in sinergia puntando da subito sull'ftth». Mario Mella, Ict advisor ed ex cto di Fastweb vede possibile un raccordo anche nelle aree dove c'è sovrapposizione. Le reti di Tim e Open Fiber, spiega, nelle aree nere dove spesso coesistono «sono molto simili e sono integrabili senza grosse difficoltà. Quanto al livello di compatibilità, si tratta solo di raccordarle nei cosiddetti punti di snodo a livello stradale. Tim ha i propri armadi, Open Fiber i suoi. Non sono esattamente nello stesso posto ma si tratta di creare raccordi di poche decine di metri, non stiamo parlando di niente di particolarmente complicato o costoso». Per quanto riguarda le aree grigie, prosegue Mella, «la situazione è migliore perché, non essendoci ancora copertura in ftth, si può pianificare e progettare la rete nel migliore dei modi sfruttando tutte le possibili infrastrutture esistenti. Si possono così ottimizzare i progetti in modo da minimizzare gli scavi e i disagi, con abbattimento di costi e ottimizzazione dei tempi». Nelle aree bianche, a bassa densità, «oggi costruire una nuova rete in fibra è oggettivamente molto complicato e costoso: collegare poche case richiede spesso molti scavi e lunghe trafile per ottenere i permessi. In queste zone, a tendere, avendo a disposizione le infrastrutture Tim, possiamo aspettarci delle grosse sinergie, grazie alla disponibilità di tutta la rete su pali di Tim che potrà esser impiegata al meglio per la posa aerea dei cavi in fibra ottica, in modo più semplice, veloce e poco costoso».


Il perimetro da conferire nella rete unica, uno degli aspetti della due diligence


Il primo tema da chiarire, premette Roberto Opilio, «è il perimetro delle due reti che vengono messe assieme, se non è chiaro questo è difficile capire quanto siano effettivamente compatibili. Da quello che si legge sui giornali, cioè se l'integrazione dovesse riguardare la rete primaria di Tim, Fibercop e Open Fiber, si sta mettendo assieme un sistema nervoso completo (la rete di Of) con i cinque sensi (la parte di rete che Tim conferisce). Se si paragona infatti la rete di Open Fiber all'intero sistema nervoso del corpo umano (con un cervello, ovvero la rete core, una rete di aggregazione e trasporto, ovvero il sistema nervoso periferico, e una rete di accesso, ovvero i 5 sensi), la rete primaria e secondaria di Tim, cioè la rete di accesso, rappresenterebbe solo l'ultima parte, i cinque sensi». Nel comunicato stampa sull'accordo con Cdp, Tim già annunciava che si sarebbe valutato il conferimento in Fibercop della rete primaria. Al momento il perimetro da conferire nell'eventuale società delle reti, con eventuali rami d'azienda che potrebbero in teoria andare anche oltre la rete di accesso (formata dalla primaria e dalla secondaria), è oggetto di due diligence.

Il diverso modello architettonico delle due delle reti: Fibercop seguirà il modello Open Fiber ‘punto-punto'

Tra le differenze della rete in fibra di Tim e di Open Fiber c'è il modello architettonico prescelto: «la rete in fibra di Tim – spiega Opilio - segue il modello Gpon (cioè da un punto si arriva a molteplici punti, ad albero) dalle centrali fino alle case, quella di Of è Gpon fino agli armadi, punto-punto (cioè un filo per ogni cliente) dagli armadi alle case». Bisognerà dunque decidere «tra il modello Gpon e quello punto-punto». Tutto ciò comporta che «bisogna scegliere una delle due architetture qualora incidano negli stessi posti, in diverse città invece possono convivere». Per quanto riguarda la diversa architettura, Fibercop ha intenzione di costruire la nuova rete secondaria con modello simile a quello punto-punto adottata da Open Fiber. «Lo schema di Fibercop – rileva Mella - già prevede una tipologia punto-punto dall' armadio stradale a casa dei clienti, le topologie delle reti secondarie di Open Fiber e Fibercop sono dunque identiche. Anche a livello topologico quindi le due reti sono compatibili, raccordabili». Ancora riguardo alla rete secondaria, prosegue Mella, «gli armadi di Tim e Open Fiber non sono nello stesso posto ma sono raccordabili tra di loro. Per quanto riguarda la rete primaria, invece, cioè quella che va dalla centrale dall'armadio, Tim e Open Fiber seguono strade diverse».


Il diverso numero delle centrali e la necessità di razionalizzare


Guardando alla rete primaria, dunque, c'è una differenza tra Tim e Open Fiber che riguarda il numero delle centrali. «Tim- prosegue Opilio – ne ha attualmente circa 10mila, nel piano di Of ce ne sono 2-3mila. Se le centrali sono situate negli stessi posti, bisognerà spegnerne alcune visto che il modello con meno centrali di Open Fiber comporta un diverso percorso, più lungo, fino alle case dei clienti, rispetto a quello di Tim con più centrali più vicine al cliente».
Il numero delle centrali di Tim che oggi è di 10mila, è peraltro destinato a scemare, visto che c'è un piano di spegnimento delle centrali in rame, in accordo con l'Agcom, che porterà le centrali di Tim a circa 4mila. «Verrà fatta probabilmente– aggiunge Mella - una razionalizzazione del numero delle centrali che saranno molte di meno della somma delle due reti. Per quanto riguarda la rete primaria, le reti sono ben integrabili, grazie a un'ampia disponibilità dell'infrastruttura esistente».


Una strategia di tipo ‘geografico' per combinare le due reti


Le due reti, conclude Antonio Capone, professore di telecomunicazioni al Politecnico di Milano, «non si possono unire fisicamente, ma si può usare una strategia di tipo geografico, rispetto a quello che è stato costruito, andando sul campo, si decide strada per strada in base a vantaggi e svantaggi, si unisce quello che c'è. Avendo il controllo completo della società della rete, ci può essere una decisione su base geografica».

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