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Riad: «Chi punta contro il petrolio si farà male»

L’Arabia Saudita avverte gli speculatori, mentre cerca di ricomporre l’immagine dell’Opec Plus: la coalizione è in difficoltà, di fronte alla domanda di petrolio che rimane debole e a inattese insubordinazioni sui tagli di produzione.

di Sissi Bellomo

Abdulaziz bin Salman, principe e ministro saudita dell’Energia (Reuters)

3' di lettura

Da un lato la domanda di petrolio che fatica a recuperare i livelli pre Covid, dall’altro la disciplina sui tagli di produzione che dopo mesi di estremo rigore è tornata a vacillare. L’Opec a pochi giorni dal suo sessantesimo compleanno torna ad alzare la guardia di fronte ai cedimenti del mercato e lo fa rilanciando la linea della fermezza e dell’unità: aspetto cruciale quest’ultimo, visto che a sfidare le regole si è messo di recente anche uno dei suoi membri più fedeli, gli Emirati arabi uniti, che mai avevano osato discostarsi dalla linea saudita, ma che quest’estate hanno cominciato a barare (e parecchio) sulle quote produttive.

Una strana insubordinazione, avvenuta proprio mentre Abu Dhabi – sotto la regia degli Stati Uniti e affiancata dal Bahrein – intesseva uno storico accordo con Israele: alleanze che forse non hanno nulla a che fare col petrolio, ma chissà. In fondo a fare da preludio all’uscita dall’Opec del Qatar, due anni fa, c’era stato il riavvicinamento agli Usa di Doha, in reazione all’embargo economico saudita.

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Nella difesa del petrolio, sempre più necessaria in tempi di Green Deal, ci sono alleati ai quali Riad non può rinunciare. E l’incontro mensile del Jmcc, il comitato che vigila sui tagli di produzione, è stato il palcoscenico d’elezione per mostrare che l’Opec Plus tiene ancora saldamente in mano le redini del mercato e che non ci sono dissidi interni: né con gli Emirati, né con la Russia, alleata chiave esterna all’Opec, tornata anch’essa ad aprire un po’ troppo i rubinetti.

Abdulaziz bin Salman, principe e ministro saudita dell’Energia, ha intimato agli speculatori – sia pure con tono scherzoso – di non scommettere contro l’Opec Plus, se non vogliono «farsi molto male», al punto da «strillare per il dolore». E almeno a caldo è riuscito a convincerli: le quotazioni del barile hanno girato in positivo e il Brent giovedì 17 ha guadagnato circa il 3%, riportandosi intorno a 44 dollari.

La coalizione dei produttori di petrolio darà più tempo ai Paesi inadempienti per recuperare i tagli non ancora effettuati (ben 2,4 milioni di barili al giorno di arretrati, accumulati tra maggio e agosto). La scadenza è stata spostata da fine settembre a fine dicembre e Abdulaziz ha fatto capire di non volere altre proroghe.

«La piena adesione ai tagli non è un atto di carità – ha affermato il saudita – Non adeguarsi del tutto per poi compensare in seguito non dovrebbe diventare la norma, dobbiamo cercare di lasciarci alle spalle questo schema e completarlo entro fine anno».

Il pezzo forte dello spettacolo è stato però la ricomposizione dei dissidi. L’incontro è avvenuto in teleconferenza, com’è lo standard in tempi di coronavirus, ma il ministro emiratino Suhail Al Mazrouei ha partecipato da Riad, seduto accanto ad Abdulaziz.

Prima ha ascoltato in silenzio le reprimende che nel discorso di apertura il saudita ha rivolto (senza fare nomi) a chi bara sui tagli: tattiche che «non portano a nulla se non a ledere la nostra reputazione e credibilità».

Dopo l’incontro a porte chiuse (o meglio, a pc spenti) l’atmosfera è diventata più distesa: tra sorrisi cordiali e occhiate d’intesa al collega, Al Mazrouei ha ribadito «pieno supporto e impegno» alle politiche dell’Opec Plus.

Gli Emirati, che per l’Aie hanno sforato i tetti produttivi di ben 520mila bg ad agosto e di 420mila bg a luglio, ammettono di aver sgarrato (sia pure in misura minore e solo per soddisfare un picco di consumi interni), e promettono di rimediare con tagli maggiori tra ottobre e novembre.

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