Ricami nella storia: come nacque il Sangallo, il pizzo più celebre al mondo
Diffuso e amato dalla couture agli shorts, il ricamo è nato in Svizzera nel Settecento. E ha dato vita all’economia di un’intera città
di Chiara Beghelli
I punti chiave
3' di lettura
Arricchisce le creazioni haute couture come gli abiti per i bambini. Lo trovi su shorts e abiti da cocktail. Il suo colore più celebre è il bianco, ma non disdegna persino i toni fluo. E si chiama come il luogo dove è nato, sei secoli fa: il pizzo Sangallo prende il nome dalla cittadina svizzera di St. Gallen, ottava per popolazione di tutta la Confederazione, collocata nella sua parte nord-orientale, vicino al lago di Costanza.
Dal lino al cotone, guardando il lago di Costanza
Antichissima, perché fondata da un monaco nell’VIII secolo, oltre alle abbazie fin dal Medioevo divenne nota e apprezzata per le sue tele di lino, erba fra le poche da poter coltivare alle altitudini di St. Gallen (circa 700 metri). Estremamente candide, erano fra le più ricercate d’Europa perché prima di essere messe in commercio dovevano superare rigidi controlli di qualità, e il loro particolare finissaggio le rendeva anche più resistenti. Il lino era talmente prezioso da essere chiamato “l’oro bianco” e la sua produzione impiegava centinaia di famiglie nella città e i suoi dintorni.
Le macchine al posto delle mani (non sempre)
La vera ricchezza di St Gallen, però, sarebbe arrivata nella seconda metà del Settecento, quando, pare mutuato dalla Turchia, si iniziò a produrre un particolare ricamo con fori e rilievi, base per il Sangallo come oggi lo conosciamo. Il lino venne progressivamente sostituito dal cotone, la fibra del nuovo Mondo, che veniva ricamato a mano: alla fine del secolo gli imprenditori tessili sangallesi impiegavano decine di migliaia di lavoratori a domicilio nella Svizzera nordorientale e nella zona estera confinante. Verso il 1820 si iniziarono a usare anche speciali macchinari per il ricamo automatico, messi a punto da Josse Heilmann. La progressiva industrializzazione del ricamo arrivò al suo culmine a ridosso della Prima Guerra Mondiale, quando i ricami sangallesi erano tra i più importanti articoli di esportazione della Svizzera.
Poi, quando la domanda crollò, si sviluppo’ in parallelo una fiorente produzione d’eccellenza a mano. Era questa che i couturier iniziarono a conoscere e ricercare, specie negli anni 40 e 50, quando a St Gallen arrivavano Cristobal Balenciaga e Christian Dior. Più tardi Karl Lagerfeld, nei suoi anni alla direzione creativa di Chloé, avrebbe chiesto solo ricami eseguiti manualmente.
Resistono le produzioni d’eccellenza
La concorrenza asiatica che si è sviluppata soprattutto a partire dalla fine dello scorso secolo ha portato alla chiusura di molte aziende. Altre, come la storica Bischoff Textile, attiva fin dal Quattrocento, ha mantenuto a St Gallen solo una piccola pare della produzione, delocalizzando in Thailandia e Sri Lanka. Al 1904 risale la fondazione di Jakob Schlaepfer, azienda tessile che collabora con molti marchi di moda e che dal 2016 è confluita nel gruppo Forster Rohner, fra i più importanti d’Europa. Dai suoi atelier sono usciti anche i ricami dell’abito di Isabel Toledo indossato da Michelle Obama nell’Inauguration Day nel 2009.
A St Gallen ha sede anche Akris, marchio fondato nel 1922 e che deve la sua crescita proprio alla valorizzazione del ricamo. Oggi è guidato da Albert Kriemler, nipote della fondatrice Alice Kriemler-Schoch, che ha arricchito i capi della sua collezione per l’AI 21-22 con stampe delle mappe di St Gallen.
Consiglio per viaggiatori: non perdete il museo tessile
Il suo atelier si trova al 40 della Felsenstrasse, distante 10 minuti di piedi dal bel Museo Tessile della città, aperto nel 1886 al 2 di Vadianstrasse, un paradiso per gli amanti del genere (e per chi è in cerca di ispirazioni) grazie al suo archivio con 56mila creazioni, una ricchissima Biblioteca tessile, la scuola di disegno e una scuola di ricamo. Ogni anno il museo organizza fino a tre mostre speciali: fra le più interessanti del 2021 c’è “Abiti politici”, organizzata in occasione dei 50 anni del suffragio femminile in Svizzera. Sì, perché la Confederazione ammise al volo le donne solo nel 1971.
La mostra racconta come gli abiti abbiano interpretato e rappresentato il potere delle donne in politica, con vestiti come quello da ballo dell’imperatrice Eugenia (1826–1920), ultima sovrana di Francia, in pizzo ad ago di Alençon e che impegnò 36 donne per 18 mesi, oppure elementi di abiti, come la guarnizione risalente al 1580–1620 in metallo e pizzo a tombolo, con piccole lamelle mobili che brillavano alla luce di candele e camini, rendendo ancora più ieratica la figura di chi lo indossava. Accanto a questi, i casi di Margareth Thatcher, Evita Peron, Diana e anche l’ex ministra Teresa Bellanova.
I turisti che passeggiano fra i monumenti patrimonio Unesco di St Gallen troveranno anche dei QR code ricamati accanto ad essi, che avviano guide digitali, e possono scoprire le meraviglie di questa lunga storia di ricami anche con appositi tour. E per dormire, niente di meglio delle stanze a tema tessile offerte da 14 hotel nella Svizzera orientale.
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