Ricerca e saperi agroalimentari, a Parma la casa di Food Project
Un hub dove nel 2023 convergeranno competenze, innovazione e formazione. Sodalizio tra università e industria con un investimento Miur-Regione Emilia Romagna da 11,5 milioni
di Ilaria Vesentini
3' di lettura
Lo scheletro della torre è completato e la sagoma della “casa” del Food Project, all'interno del campus universitario di Parma, inizia a definirsi, dopo cinque anni di gestazione. Qui entro la primavera del 2023 convergerà il meglio delle competenze, dell’innovazione e della formazione nel campo agroalimentare, valorizzando la contaminazione tra accademia, industria e centri ricerca internazionali, con l'obiettivo di offrire risposte concrete alle grandi sfide del pianeta, dalla lotta alla malnutrizione alla sostenibilità.
«Food Project è solo l’ultimo tassello di un sodalizio virtuoso e ormai consolidato nella food valley tra ricerca universitaria e industriale, che affonda nella tradizione secolare di questo territorio ma guarda al futuro, perché non possiamo fermarci ai prodotti tipici, senza innovazione tecnologica non riusciremo a garantire a lungo cibo in modo sano, sicuro e sostenibile per tutti. Qui ci saranno i nuovi laboratori di ricerca e le strutture didattiche e qui si integreranno le competenze di ricercatori internazionali e dei nostri 200 ricercatori tra microbiologi, chimici, nutrizionisti, medici, tecnologi, agronomi, veterinari, ma anche economisti, giuristi e umanisti», spiega Erasmo Neviani, coordinatore del progetto e vicedirettore del dipartimento Scienze degli alimenti e del farmaco dell’Università di Parma.
La “casa” della ricerca e dei saperi agroalimentari è il risultato di un investimento da 11,5 milioni di euro, finanziato da Miur e Regione Emilia-Romagna, con quasi 4 milioni di contributi privati (in prima fila tra le imprese Barilla, Chiesi, Mutti) e non poteva che sorgere nella città creativa Unesco della gastronomia, culla nazionale delle più ricche Dop e Igp (Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma su tutte), sede dell’autorità europea per la sicurezza alimentare Efsa, Capitale italiana della cultura 2020-2021.
A fianco all’Edificio 1, che ospiterà l’hub per la ricerca, la didattica e la Terza missione, si trasferirà anche la Scuola di studi superiori in alimenti e nutrizione, nata due anni fa per offrire master e summer school internazionali post laurea, e il Food business incubator per accelerare start-up. La Regione non nasconde l’ambizione di partire da qui per replicare nella food valley l’esperienza di un'alleanza tra tutte le università della via Emilia e i brand industriali per avviare un super-ateneo internazionale, sulla scia di quanto fatto nella motor valley con Muner, la Motorvehicle University of Emilia-Romagna.
Il Food project è l’espressione più recente di un’accelerazione sul fronte della formazione di eccellenza fondata sulla sinergia tra imprese e scuole, cui sta contribuendo “Parma io ci sto!”, l'associazione nata nel 2016 per studiare progetti di rilancio del territorio. Una provincia, Parma, che deve all'agroindustria il 42% del proprio export, tra alimentare e impiantistica, e solo nel food conta oltre mille aziende per 14mila dipendenti e 7,5 miliardi di fatturato. Oltre ai quattro i corsi specialistici post diploma dell’Its Tech&Food per tecnici dell’industria alimentare è nata un’esperienza pilota di laboratorio-azienda unica in Italia, Food Farm 4.0,che coinvolge sei scuole, capitanate dall'istituto Galilei-Bocchialini di Parma, e 12 aziende: i ragazzi, 500 ogni anno, realizzano marmellate, pane e formaggi fatti “a scuola” e li vendono sul mercato col marchio “Bontà di Parma”. Ed è partita ora anche la prima scuola permanente in Tecnologia e merceologia molitoria, mentre a Langhirano, nel distretto del prosciutto di Parma, è iniziata la costruzione del Laboratorio territoriale per l'Academy.
«Puntare sulla formazione sia delle figure professionali sia dei consumatori per diffondere e migliorare la cultura del cibo è l’investimento più importante per consolidare la nostra crescita, dopo due anni difficili, soprattutto in un settore come l’agroalimentare, che è resiliente e anticiclico per natura ma è anche più lento al cambiamento», rimarca Cesare Azzali, direttore dell’Upi, l’Unione parmense degli industriali.
loading...