ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùcome decidono i giudici

Richieste di asilo, tutele a perimetro incerto con esiti diversi sul territorio

La probabilità che i ricorsi dei migranti siano accolti in tribunale varia da una sede all’altra

di Valentina Maglione e Bianca Lucia Mazzei

(REUTERS)

3' di lettura

Per i migranti che non ottengono la protezione internazionale dalle Commissioni territoriali e impugnano il diniego in tribunale, è più alta la probabilità di doversi confrontare con un altro “no” piuttosto che quella di incontrare un “sì”. A livello nazionale, in media, la percentuale dei ricorsi accolti, negli anni scorsi, non è arrivata al 40 per cento.

Ma la situazione fotografata dai dati raccolti dal Sole 24 Ore presso le sezioni specializzate in materia di immigrazione non è uniforme: a fronte di sedi dove gli accoglimenti non arrivano al 20% (come Bologna, Trieste e Campobasso), in altre superano il 60% (Firenze, Genova, Trento Palermo e Roma). Una forchetta ampia, che dipende da molti fattori.

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LA FOTOGRAFIA
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Le norme

In primo luogo, l’interpretazione delle norme. «Per decidere sulle protezioni “maggiori”, cioè lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria - spiega Laura Tragni, presidente della sezione immigrazione di Milano - abbiamo dei punti di riferimento normativi certi. Invece, la protezione umanitaria, prima del decreto legge 113/2018, si basava su una formula “aperta” che lasciava spazio a valutazioni discrezionali».

Per stringere le maglie dell’accoglienza e i margini di discrezionalità dei giudici, il Dl 113 ha eliminato la generale “protezione umanitaria”, sostituendola con ipotesi tipizzate. La normativa è stata poi di nuovo modificata l’anno scorso con il decreto legge 130, che, continua Tragni, «ha ampliato la protezione complementare reintroducendo il rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali».

Va detto, però, che la protezione umanitaria continua a essere utilizzata dai tribunali per i vecchi ricorsi. Infatti, dopo i dubbi iniziali sulla sua retroattività, la Cassazione a novembre 2019 ha stabilito che la stretta del decreto legge 113 non si applica alle domande presentate alle commissioni territoriali prima della sua entrata in vigore, e cioé il 5 ottobre 2018.

I ritardi

Complice il volume dell’arretrato, alcuni tribunali hanno cominciato a esaminare i ricorsi provenienti da richieste fatte dopo il 5 ottobre 2018 con ritardo. «Noi abbiamo subito applicato il principio dell’irretroattività del Dl 113 - dice Salvatore Laganà, presidente del Tribunale e della sezione immigrazione di Venezia - e quindi solo nel 2020 abbiamo esaminato domande che avevano iniziato il loro percorso dopo il 5 ottobre 2018, a cui applicare il decreto legge 113/2018». Inoltre, la nuova disciplina prevista dal decreto legge 130/2020 è retroattiva. «Si applica a tutti i ricorsi pendenti - continua Laganà - e inciderà molto poiché prevede che bisogna tener contro dell’integrazione dell’immigrato».

«Da noi i ricorsi sono esplosi già nel 2018 - spiega Domenico Pellegrini, da 20 giorni presidente della sezione immigrazione del Tribunale di Genova - perché è stato rafforzato l’organico della commissione territoriale di Genova e, anche perché, secondo un indirizzo politico, la commissione territoriale non ha più applicato l’umanitaria con le riforme del 2018, indirizzo poi riformato dalla Cassazione. Eravamo impreparati e solo ora stiamo ottenendo un aumento di organico. Oggi stiamo ancora esaminando i ricorsi 2018, per fatti del 2016, cui applichiamo la protezione umanitaria perché sono precedenti alla sua abrogazione. Nel frattempo le persone si sono radicate, lavorano, hanno famiglia: dimostrano cioè di avere più ragioni per l’accoglimento dei ricorsi».

Le decisioni delle Commissioni territoriali pesano sugli esiti non solo per il loro numero: «Conta anche la qualità del lavoro della commissione - osserva Arturo Picciotto, presidente della sezione immigrazione del Tribunale di Trieste -: se lavora bene, le decisioni sono difficilmente contestabili». Va considerata, poi, la provenienza dei migranti: «In alcune aree - continua - si concentrano migranti che vengono da Paesi a rischio, a cui spetta, ad esempio, la protezione sussidiaria».

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