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Imprese, aumenta il tasso di default: «È la prima volta dal 2013»

Richieste di credito in caduta nel 2022 (-5,7% rispetto all’anno precedente) comincia a riflettere i primi segnali dell’incertezza generata sui mercati

di Giovanna Mancini

Richieste di credito in caduta nel 2022 (-5,7% rispetto all’anno precedente) comincia a riflettere i primi segnali dell’incertezza generata sui mercati

3' di lettura

Non è più soltanto l’onda lunga di un anno e mezzo, quasi due, di immissione di liquidità senza precedenti. La frenata nelle richieste di credito da parte delle imprese registrata da Crif nel 2022 (-5,7% rispetto all’anno precedente) comincia a riflettere i primi segnali dell’incertezza generata sui mercati dalle tensioni geopolitiche, dal rialzo dei prezzi dell’energia e delle materie prime, con la conseguente corsa dell’inflazione, e dalla politica di progressivo rialzo dei tassi di interesse avviata dalle banche centrali.

Aumenta il tasso di default

Non solo: «Per la prima volta dal 2013, è cambiata la traiettoria del rischio di credito», spiega Simone Capecchi, executive director della società bolognese specializzata in sistemi di informazioni creditizie. Naturalmente si tratta di una prima, lieve, inversione di tendenza, che mantiene l’Italia ancora ben al di sotto dei principali Paesi europei, come la Germania, ma il dato è significativo. «Dal 2013 al settembre 2021 il tasso di default, ovvero il rischio che la domanda di credito porta con sé, era progressivamente e ininterrottamente diminuito, scendendo da picchi del 7% fino al minimo storico dell’1,5%, raggiunto soprattutto grazie agli interventi governativi di finanza agevolata a supporto delle aziende nelle prime ondate della pandemia da Covid-19 – aggiunge Capecchi –. Dal settembre 2021 questa linea discendente si è prima appiattita e poi ha ripreso a salire, per quattro trimestri successivi, fino a portarsi al 2% in media nel settembre scorso». È presto per dare un’interpretazione attendibile di questo dato: occorre aspettare e vedere se questa tendenza si consoliderà nei prossimi trimestri. Inoltre, va precisato che i tassi di default, in valori assoluti, sono ancora contenuti rispetto alla media storica e al dato pre-pandemia. Tuttavia, l’attuale contesto macroeconomico, caratterizzato da una ripresa incerta e un’elevata inflazione, oltre che dalla prospettiva di una risalita dei tassi di interesse «lasciano presagire che la dinamica in atto possa subire un’accelerazione», osserva l’analista.

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Richieste di credito in calo

Tornando alla domanda di credito, Crif rileva per l’intero 2022, come detto sopra, un calo complessivo del 5,7%, che però comprende una tenuta maggiore per le grandi aziende (-2,4%) e una diminuzione decisamente più accentuata per le piccole imprese, in frenata del 12% rispetto al 2021. «La domanda di credito è un elemento importante per valutare lo stato di salute dell’economia – spiega Capecchi – perché è il primo indicatore che intercetta il comportamento di un imprenditore, in particolare la sua propensione a investire. Accade anche per le domande di mutui delle famiglie, ma questo principio vale ancora di più vale per gli imprenditori, che si rivolgono alle banche per ottenere denaro quando hanno davanti una lunga prospettiva di crescita e aspettative di mercato positive e hanno quindi bisogno di finanziare idee e progetti». Quando tali aspettative si raffreddano, prevale invece un certo attendismo ed è quello che sta accadendo in questo momento secondo gli analisti di Crif.

Certo, il calo è in parte motivato, come accennato, dal fatto che veniamo da 18 mesi di grande disponibilità di finanza agevolata, attivata dal governo a sostegno della ripresa post pandemia da Covid-19, che aveva spinto fortemente le richieste di credito tra il 2020 e il 2021. L’analisi dell’andamento delle richieste rileva infatti nel 2022 un progressivo riallineamento sui livelli pre-Covid. Tuttavia, nel corso dello scorso anno lo scenario ha cominciato progressivamente a mutare. Le imprese chiedono meno prestiti alle banche non tanto perché ne hanno a sufficienza, quanto perché stanno rinviando gli investimenti importanti, soprattutto le piccole realtà: «Quando la domanda di credito si contrae a due cifre, come accade per le piccole aziende, significa che gli imprenditori si fermano di fronte all’incertezza», dice ancora Capecchi.

L’andamento dei settori

Crif rileva invece un aumento dell’importo medio richiesto (+16,8%), rispetto al 2021, pari a un valore di 123.979 euro. Quanto ai settori, quasi un quarto delle richieste totali (23,9%) proviene dal mondo dei servizi, seguito dal settore del commercio (22,9%), entrambi tuttavia in discesa rispetto al 2021, mentre viceversa guadagnano quote sul totale i settori delle costruzioni (17,8%) e il manifatturiero in generale (11,1%). «È molto incoraggiante il dato della manifattura, dato che il nostro è un Paese trasformatore – osserva Capecchi –. L’Italia ha questa incredibile capacità di resilienza, che poi sfocia nell’incremento del Pil, superiore a quello della Germania, e lo si vede anche nel modo in cui la nostra impresa si rapporta con il credito».

LA FOTOGRAFIA DELLA DOMANDA DI CREDITO NEL 2022
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Infine, l’analisi di Crif rileva che a incidere sulle performance economiche non è solo la quantità dell’investimento, ma anche la qualità, in particolare sui temi chiave per lo sviluppo: digitalizzazione, innovazione e sostenibilità. «Saranno questi i driver su cui le imprese dovranno puntare per affrontare “Controvento” il 2023», conclude Capecchi.

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