PRIMO CASO IN ITALIA

Rider di Foodora “licenziati”, il Tribunale respinge il ricorso

Fattorini di Foodora (Ansa)

2' di lettura

Il Tribunale del lavoro Torino ha respinto il ricorso di sei fattorini di Foodora, un’azienda tedesca di consegna di cibo, che avevano contestato l'interruzione improvvisa del rapporto di lavoro dopo la partecipazione a una mobilitazione nel 2016. Il verdetto nega di fatto l’esistenza di un rapporto di subordinazione, attribuendo ai giovani lo status di lavoratori autonomi. I legali dei riders, come l’azienda chiama i propri corrieri, hanno annunciato l’intenzione di appellarsi alla sentenza. «Se questo sistema di lavoro è stato ritenuto legittimo, si espanderà» hanno commentato gli avvocati Giulia Druetta e Sergio Bonetto. Negli scorsi anni, l’espansione della cosiddetta gig economy (economia dei lavoretti) si è accompagnata alla crescita di rivendicazioni sindacali da parte dei lavoratori che prestano servizi per varie piattaforme online, dalla stessa Foodora alla app di trasporti privati Uber.

«Rider sfruttati e monitorati dall’azienda»
«I rider di Foodora erano sfruttati, monitorati dall'azienda in ogni loro mossa. E chi si è lamentato è stato espulso» spiega ancora Druetta. «Una discriminazione evidente», sostiene Druetta, che assiste i rider con l'avvocato Sergio Bonetto. «Il rapporto che legava i rider all'azienda aveva le caratteristiche del lavoro subordinato, anche se loro erano inquadrati come collaboratori autonomi - prosegue -. I ragazzi dovevano essere reperibili in maniera costante e continuativa e, tramite un'applicazione, erano monitorati, tracciati e valutati in ogni loro mossa. L'app era una sorta di braccialetto elettronico con cui prendere punti per riuscire a mantenere il proprio posto in azienda». I rapporti tra i rider e l'azienda si sono incrinate con l'inizio delle proteste per la retribuzione. «L'azienda escluse dai turni chi non era d'accordo», continua Druetta. «Un fattorino ha raccontato che, in cambio dei nomi dei colleghi che avevano partecipato alla mobilitazione, gli era stato promesso un contratto»,

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Dal canto loro, i legali di Foodora negano qualsiasi rapporto ufficiale. «Non c'è alcun rapporto di subordinazione. Da un lato manca l'obbligo di lavorare e dall'altro l'obbligo di far lavorare». Così l'avvocato Ornella Girgenti, che con i colleghi Paolo Tosi e Giovanni Realmonte rappresenta Foodora, la società tedesca di food delivery, nella causa civile intentata da sei fattorini che contestano l'interruzione improvvisa del rapporto di lavoro, arrivata dopo le mobilitazioni del 2016 per ottenere un giusto trattamento economico e normativo. «Erano i rider a decidere quanto e quando dare disponibilità e l'azienda non si è mai vincolata a far lavorare. Non c'è scritto da nessuna parte che il rider deve offrire una disponibilità minima», continua Girgenti. «Molti fattorini, all'ultimo, soprattutto nei giorni di pioggia in cui le richieste di consegne sono tantissime, rinunciavano ai turno, senza preoccuparsi di cercare un sostituto, senza scusarsi». In merito alle chat, per l'avvocato «si trattava solo di esortazioni, molte volte fatte in modo scherzoso e con qualche faccina. Chi è stato sospeso dalla chat, e a noi risultano tre casi, ha utilizzato parolacce».

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