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Rientro dei cervelli, gli expat chiedono un periodo di transizione

Delusi, i giovani all’estero stanno esprimendo tutta la loro disapprovazione per delle misure «affrettate»

di Silvia Martelli

Rientro dei cervelli, la paura e la delusione di chi ora teme di non rientrare

5' di lettura

La stretta sulle agevolazioni fiscali per il rientro dei cervelli ha messo in subbuglio la comunità dei giovani italiani emigrati all’estero in cerca di opportunità lavorative più qualificate e meglio retribuite. Sono infatti centinaia gli expat che dopo l’annuncio di una potenziale stretta sugli incentivi per rientrare in Italia stanno vivendo giorni di preoccupazione e di grande delusione.

Il cambio di regole stabilisce che lo sconto Irpef sarà solo sul 50% del reddito, invece che variare dal 70% al 90% in base alla residenza (al Sud lo sconto è maggiore) come secondo le leggi attualmente in vigore. Verrà inoltre introdotto un tetto di reddito a 600mila euro all’anno, cifra oltre la quale si verrà normalmente tassati.

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Secondo la bozza circolata, per beneficiare degli sgravi fiscali gli expat devono aver mantenuto all’estero la residenza fiscale per tre anni fiscali, e non per due. Le agevolazioni saranno valide per cinque anni e non sarà più possibile estenderle per un ulteriore quinquennio in caso di acquisto di un immobile di tipo residenziale o qualora si diventasse genitori.

Lo sgravio riguarderà solo i lavoratori ad alta qualificazione o specializzazione che rientrino nei livelli 1 (legislatori, imprenditori e alta dirigenza), 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) e 3 (professioni tecniche) della classificazione Istat delle professioni Cp 2011, attestata dal Paese di provenienza e riconosciuta nel nostro. La stretta non varrà per docenti e ricercatori rientrati dall’estero.

Emma, che lavora nella legal entity locale di un grande gruppo bancario a Lussemburgo, sta progettando il suo rientro in Italia, ma «vedere cambiare le regole in corsa senza poter godere dei benefici previsti mi riempie di incertezza e sfiducia».

Per Jack, un ingegnere a Berlino, i cambiamenti proposti sono «eccessivi e affrettati».

Molti si sentono traditi da un governo che professa di volersi concentrare sulla natalità e sul ritorno o ingresso di giovani professionisti, ma che sembra invece andare nella direzione «completamente opposta», come dice Tiziano, un team manager in una multinazionale a Madrid che vorrebbe tornare in Italia.

Le specifiche

Le regole riguarderanno chi rientra dal 1 gennaio 2024. Tutti coloro che spostano la residenza anagrafica in Italia prima del 31 dicembre 2023 rientreranno nel regime in vigore adesso, secondo quanto dichiarato dal viceministro Leo al Sole 24 Ore e in un post su Facebook. Questo ha parzialmente tranquillizzato coloro che sono rientrati da luglio 2023 in poi e che rischiavano quindi di ricadere nelle nuove leggi, poiché per poter beneficiare degli sgravi bisogna aver ottenuto la residenza fiscale, cosa che avviene solo dopo 183 giorni di iscrizione all’anagrafe.

Ma gli expat che si trasferiscono a partire dall’anno nuovo potranno godere solo dello sconto ridotto, sempre che abbiano già totalizzato i tre anni all’estero e non solamente i due come previsto attualmente.

Fillippo, un ingegnere di Spotify a Londra, ha progettato il rientro con la sua ragazza a gennaio. Si tratta di un caso limite, in quanto il nuovo lavoro inizierà il 4 gennaio.

«Ci siamo trovati di fronte a queste notizie e ci veniva da piangere, dopo tutta la pianificazione per il rientro... sono praticamente due anni che stiamo pianificando il rientro».

Non ci meritiamo questo «schiaffo», aggiunge.

A settembre, Irene ha dato il preavviso di sei mesi al suo datore di lavoro tedesco e ha preso accordi per iniziare a febbraio il nuovo lavoro in Italia.

«Qual è stato il nostro errore? Organizzare le proprie vite basandosi su una legge dello Stato italiano?» si chiede.

«Moltissime persone e famiglie si sentono tradite dalla proposta di cambiare in modo drastico e immediato queste agevolazioni» aggiunge.

Per beneficiare delle agevolazioni, bisognerà inoltre mantenere la residenza fiscale in Italia per la durata dell’intero quinquennio, invece che per soli due anni come attualmente previsto. Qualora si decidesse di tornare all’estero prima della fine dei cinque anni, bisognerà ripagare lo sconto fiscale con interessi.

L’infragruppo

Un’altra doccia fredda per gli expat è stata la proposta circolata di annullare completamente gli incentivi per coloro che rientrano con un trasferimento infragruppo, che per molti è la via più semplice e anche conveniente in quanto garantisce minor tagli di stipendio rispetto ad entrare in un’altra azienda.

Isabella, un avvocato a Londra, ha già preso accordi inderogabili con il suo datore di lavoro per farsi trasferire nell’ufficio italiano nei primi mesi del 2024.

Ritiene che escludere i trasferimenti infragruppo sia «oltre che assurdo, un autogol clamoroso per il paese».

«Non capisco il motivo per cui uno debba essere penalizzato per il fatto di lavorare per la società italiana di una multinazionale invece che per una società nuova. Sempre di azienda italiana si tratta, quindi le due realtà dovrebbero continuare ad essere equiparate».

Il periodo transitorio

Gli expat stanno chiedendo a gran voce un periodo transitorio che ritardi l’entrata in vigore della nuove legge, sottolineando come molti si siano già organizzati per un rientro nei primi mesi del 2024 sulla base della legge attuale.

«Non basta tutelare chi è rientrato nel 2023, tantissimi altri hanno impegni per inizio 2024. All’estero ci sono preavviso di 3-6 mesi e non si può pensare di stravolgere la vita di persone con due mesi di avviso» dice Isabella.

L’avvocato ha anche sottolineato come il decreto potrebbe non essere definitivo ancora per settimane, lasciando «migliaia e migliaia di persone in bilico».

«Ci sono di mezzo famiglie, professionisti, reputazioni…»

Secondo Emma, è fondamentale un «regime transitorio pensato e strutturato, non delle rettifiche sommarie e imprecise che non si sono ancora tradotte nella modifica della bozza, fatte tramite i giornali o i social», ha detto in riferimento al viceministro Leo.

I giovani ritengono che un periodo transitorio non sia solo giusto ma anche dovuto e possibile, come successo in Belgio e in Olanda in precedenza.

La mobilitazione

Tra lo sconforto generale, gli expat si sono uniti in gruppi Whatsapp, Facebook e Telegram, dove si aggiornano sulle ultime notizie, condividono le proprie esperienze e discutono di cosa poter fare per assicurarsi un sereno rientro in Italia.

«Nonostante i giorni di preoccupazioni e di notti insonni di tanti come me, abbiamo trovato la forza di unirci, mandare centinaia di mail e chiamare le segreterie, contattare i giornali e mobilitare tutti i nostri contatti» dice Emma.

Senza un periodo transitorio, per molti dei giovani tornare in Italia rischia infatti di diventare un sacrificio troppo grande.

Come per Luca, un ingegnere elettronico in Austria, e la sua ragazza, che dopo anni all’estero hanno «raggiunto una qualità della vita molto alta».

«Ma sentiamo che ci manca qualcosa: ogni volta che lasciamo l’Italia, la nostra famiglia, le nostre tradizioni e la nostra cultura, un pezzo di noi muore».

Gli incentivi per il rimpatrio hanno però rincuorato la coppia, dando «la speranza di una vita dignitosa e soddisfacente anche in Italia» ragion per cui hanno deciso di rimpatriare a inizio 2024.

«Le modifiche proposte dalla nuova legge di bilancio ci fanno però mettere in seria discussione la nostra decisione oltre che a farci sentire, per la seconda volta traditi dallo stato italiano che a quanto pare non ci vuole».

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