Rifiuti non riciclabili, in Italia sono 9,5 milioni di tonnellate: rischio export
Quasi metà potrebbe essere valorizzata con il recupero energetico, ma mancano gli impianti. Il focus delle associazioni di categoria presenti alla fiera di Ecomondo
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In Italia vengono riciclati 14,3 milioni di tonnellate di rifiuti urbani. Tuttavia, il sistema genera circa 9,5 milioni di tonnellate di materiali non riciclabili tra scarti prodotti dalle operazioni di riciclo (3,5 milioni secondo l’attualizzazione di uno studio commissionato al Politecnico di Milano dalla società Nica), materiali provenienti dagli impianti di selezione (3,5 milioni) e rifiuto indifferenziato (3 milioni). Esportiamo, inoltre, all’estero 650mila tonnellate di rifiuto urbano trattato.
Sono i numeri messi in fila nello studio “Scarti del riciclo e rifiuti non riciclabili: l’impiantistica di back up fondamentale per l’economia circolare” diffuso da Assoambiente – associazione di imprese dei settori di igiene urbana, riciclo, recupero, economia circolare bonifiche e smaltimento rifiuti – alla fiera del comparto Ecomondo a Rimini. Sono dati relativi al 2021, gli ultimi disponibili.
Mancano impianti per gli scarti del riciclo
La maggior parte dei flussi di rifiuti non riciclabili viene oggi conferita in discarica o va all’estero per mancanza di impianti. Tuttavia è stato calcolato nello studio che circa 5,2 milioni di tonnellate di questi materiali avrebbero un potere calorifico idoneo ad essere trattati in via prioritaria da impianti di recupero energetico. Da questi si potrebbero ottenere 3,6 milioni di MWh elettrici che potrebbero soddisfare i consumi di circa 5 milioni di italiani e che si aggiungerebbero all’attuale sistema di produzione di energia da rifiuti, pari a 4,5 MWh. «Una gestione dei rifiuti urbani orientata al riciclo necessita prima di tutto di impianti di riciclo, ma, per funzionare, ha bisogno anche di un’adeguata rete di impianti capaci di trattare gli scarti delle raccolte differenziate, i materiali provenienti dagli impianti di trattamento meccanico biologico e i flussi residui di rifiuto urbano indifferenziato», ha commentato Chicco Testa, presidente di Assoambiente.
Promuovere la competitività
Un altro punto di vista, in cui l’export non è un costo ma un valore, viene da Assofermet, Assorimap e Unirima – le tre associazioni nazionali del riciclo di metalli ferrosi e non ferrosi, plastica e carta – che, sempre a Ecomondo, hanno messo in evidenza «la necessità di promuovere in modo organico e strutturale la competitività dell’industria del riciclo e rimuovere le misure protezionistiche che vietano o complicano l’esportazione di rifiuti non pericolosi che sarebbero invece valorizzabili e che costituiscono uno dei pilastri del recupero in Italia, settore in cui il nostro Paese rappresenta un’eccellenza e che lo colloca tra i leader su scala internazionale».
«La produzione asiatica di polimeri vergini low cost ha invaso il mercato europeo, rendendo ancora più urgente dotare il settore del riciclo di reale competitività, eliminando lacci e freni che imbrigliano il comparto», ha spiegato Walter Regis, presidente di Assorimap. «Occorre che il legislatore rivolga maggiore attenzione a implementare tutti quei meccanismi finalizzati a rafforzare la competitività. Forzare un mercato, inibendo la sua autonomia basata sull’equilibrio tra domanda e offerta, scoraggiando le esportazioni, creerà forti scompensi e un indebolimento del settore del recupero, di cui l’Italia è paese leader. Proprio le esportazioni hanno registrato un sostanziale raddoppio nel corso del 2023», ha commentato Francesco Sicilia, direttore generale di Unirima. «Vanno adottate politiche che promuovano la richiesta di prodotti riciclati da parte degli individui. Una strada potrebbe essere l’inserimento di tassi minimi di contenuto di materiale riciclato, o l’abbinamento di una percentuale di Iva più bassa per prodotti di questo tipo. A livello comunitario sarebbe invece essenziale che il legislatore incentivasse le politiche di supporto alla circolarità, magari riconoscendo “carbon credits” quando si sostituisce la materia prima con materiale riciclato», ha aggiunto Cinzia Vezzosi, vicepresidente di Assofermet ed Euric (Advocating recycling in Europe).
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